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Racconto di un Pellegrino 30/06/2017 22:05 #1

  • thunderbolt
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Sabbia…tutto ciò che il mio sguardo contemplava, nessuno scampo dalla morsa cocente del sole, una distesa infinita e arida solcata da venti impetuosi, le descrizioni sulle carte degli esploratori non descrivevano a sufficienza quello che è conosciuto come il deserto del Chazuk una desolata landa infestata da mostri e scorpioni velenosi grandi quanto un cavallo.
Tuttavia il seme della vita era riuscito a germogliare anche in uno scenario impervio come questo, le tribù locali vivono arroccate su picchi rocciosi contendendosi la poca acqua disponibile nelle oasi o perlopiù pozze d’acqua sparse qua e là formatesi durante la stagione delle pioggie.

Durante il mio pellegrinaggio la sensazione di sete incessante era diventata una compagna di viaggio che mi rallentava durante le ore di luce e mi lasciava sfinito ed esanime durante la notte quando le temperature scendevano drasticamente.
Mentre mi accingevo come al solito a preparare il mio giaciglio per il calar delle tenebre fui colto di sorpresa dall’attacco di un gigantesco insettoide ripugnante che cercava di avere la meglio su di me per cibarsi delle mie carni.
fui tratto in salvo da un gruppo di esploratori, capii subito che doveva trattarsi di un manipolo di esploratori di una tribù di popolazioni locali dal loro inconsueto abbigliamento e dal modo di parlare.

Nel mentre una tempesta di sabbia si sviluppò dal nulla e venti vorticosi e sferzate di sabbia sorpresero il nostro piccolo gruppo improvvisato costringendoci a combattere in una condizione di totale cecità, per avere meglio su quell’essere feci ricorso a tutte le mie energie spirituali ed evocai su quell’abominio le sacre fiamme di Idior che avvilupparono il corpo del mostro con bianche fiamme sacre bruciando le membra di quell’immondo essere.

Caddi a terra esausto sconfitto il mostro nel mezzo della tempesta i miei soccorritori mi trascinarono in di una caverna li vicino dove ripresi i sensi e in seguito cercai di intraprendere un dialogo con i miei salvatori.
Fortunatamente parlavano una forma dialettale della lingua del regno di Britannia e riuscii a capirne la forma, di li a poco mi abituai al loro linguaggio e uno di loro, Brahak il suo nome, mi spieghò che la mia scelta di intraprendere il cammino per attraversare il deserto in quel periodo dell’anno era stata quanto mai infelice dato che sarebbe iniziata la stagione delle tempeste di sabbia che mi avrebbe precluso la possibilità di intraprendere la via del ritorno, avrei dovuto aspettare quasi un anno prima di potermi rimettere in cammino, un periodo di tempo che trascorsi nell’accampamento della tribù di Brahak, facendo la conoscenza dei loro costumi e del loro credo religioso.
La permanenza mi diede modo di instaurare con i locali un rapporto sempre più stretto, appresi che il loro popolo discendeva dall’antica razza Fremen che abitava il deserto anni orsono di cui si era persa ogni traccia, incuriositi sempre più dalle preghiere che ogni giorno rivolgevo a Idior iniziarono ad avvicinarsi a piccoli gruppi per avere delle spiegazioni sul credo e sulla dottrina.

Passarono i giorni, le settimane e così i mesi, il clima torrido e le condizioni impervie tempravano il mio corpo mentre la meditazione e la fede tenevano a bada la fame e la sete, di li a poco notai un consistente cambiamento in me, la pelle era diventata di una carnagione olivastra e la mia forza fisica era aumentata, mentre il tempo passava sempre più giovani venivano a sedersi di fronte a me mentre predicavo, era palese che l’amore di Idior stava germogliando e avrebbe messo radici nei cuori di tutti i Fremen,
Molti mesi dopo arrivò il periodo della siccità e cessarono i venti sferzanti che sollevavano la sabbia mostrando così nuovamente il passaggio tra le montagne che mi aveva condotto fino a quelli che ora consideravo come i miei figli rinati nell’amore di Idior.

E così, con la promessa di tornare, preparai i miei effetti per incamminarmi sulla via del ritorno che mi avrebbe riportato alla civiltà, arricchito nel corpo e nello spirito da quell’esperienza ai limiti della sopravvivenza che aveva dimostrato che nessuna avversità può fermare l’uomo nel cui animo albergano l'amore e la fede.
Ringraziano per il messaggio: andyc76, Delfino8robymanu

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