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Racconti e avventure dedicati al mondo di Ultima Online Italia Reborn
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Sulla strada per la Dea 12/03/2017 23:22 #1

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Destato nella notte da una luce abbagliante, mi svegliai in un bagno di sudore, la dura tavola di legno che da letto mi faceva ormai da anni mi sembrava diventata un lago.
Eppure non avevo avuto incubi, anzi il sogno era stato semplice: una città, una montagna, degli uomini in fuga in cerca di fede e poi, un tempio e il mio volto riflesso in una fonte.

Quell'acqua sognata mi aveva come bagnato veramente, ma era sudore quello che avevo addosso. Mi recai verso la bacinella per le abluzioni, rinfrescai il viso e purificai le mani, illuminato dalle lanterne, pregai la Dea per la luce e come sempre me la concesse. Guardai fuori dalla finestra della piccola cella che ormai erano l'unica stanza della casa che frequentavo insieme alla libreria: niente se non i soliti alberi, boschi animati dal vento e lontane pianure.

Mi misi una tunica, e mi recai al leggio dove avevo lasciato i libri di preghiera, cercando di capire cosa volesse dirmi la Dea in sogno. Il culto della Dea era semidimenticato nelle città, soltanto qualche piccolo tempio, anche clandestino negli anni, era rimasto nelle campagne, senza sacerdoti, nonostante questo alcuni fedeli ancora La onoravano e i fiori non mancavano sugli altari. Solo ad Occlo si vociferava fosse rifiorito il culto, e accettato liberamente in città, ma chissà se era vero.
Io ancora tenevo questo microtempio, dimenticato da tutti e frequentato da nessuno, come mi aveva insegnato il mio precettore da quando mi aveva raccolto, orfano si, ma non di madre, la Dea era mia madre, e lo è di tutti a ben vedere, e io sono un figlio devoto e a questo tempietto ho dedicato la vita.

"Una montagna, una chiesa, una fonte...uomini in fuga" dove era questo posto? Iniziai a chiederlo a me stesso mentre sfogliavo le mappe più vecchie, accatastate nella misera libreria, alcune vergate con mano insicura, altre appena abbozzate, una più dettagliata sembrava venire da Britain, e su quella persi più tempo a cercare di capire se esisteva un posto simile, unendo quello che vedevo sulla mappa alla descrizioni che trovavo nei diari di chi mi aveva preceduto nel tenere il tempietto.
Tra tutti gli scritti quello di Bellantius, un sacerdote errante, mi colpì di più, ma non era facile capire i nomi di queste città che citava, perchè non le nominava per nome, ma per culto. Così dopo ore di ricerca e di inutili domande, decisi che ciò che cercavo certo non lo avrei trovato chiuso tra la pietra delle mie stanze, presi un paio di stivali pesanti e aprendo la porta decisi che se fossi arrivato presto in città avrei sicuramente potuto consultare qualche sapiente ed ottenere almeno un indicazione, un indizio, una mappa, o comunque qualcosa; e poi avrei potuto cercare quella sacerdotessa di cui mi avevano parlato, Kirsaris, Karsiris, Katris, qualcosa così, chissà se esisteva davvero. infine avrei potuto sapere se veramente ad Occlo era praticato il culto e dove altro ancora. "Banquo - Mi dissi - è tempo di tornare a farsi vedere nel mondo, così vuole la Dea." E uscii.

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Sulla strada per la Dea 15/03/2017 10:30 #2

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Uscito di casa nella notte illuminato dalla luce della Dea, cercai di tenere a mente la strada che avrei dovuto percorrere. Strada inferma e malsicura, quella che dai boschi portava ai portali lucenti per le città, specialmente per chi come me aveva nella stoffa della tonaca l'armatura più pesa. Temevo le creature selvagge, che nei racconti dei contadini popolavano i boschi, e non erano fantasie per bambini, i versi abominevoli li avevo uditi anche io a volte in lontananza, quando mi ero avventurato forse troppo lontano dal tempio, ed ora noto che i seguaci di Elhoim continuavano ad evocarne, come se non bastasse quelli che già erano. Quale follia li guidava, questi uomini dediti all'occulto, morte e distruzione invece di vita e creazione, e poi come poteva il figlio voler sovrastare la Madre, non c'era risposta a questo dubbio, se non l'invidia, la vanagloria, la brama di potere, malattie del cuore.

Nel fare i primi passi mi guardavo attorno, con l'orecchio teso, avevo saputo di draghi anche piccoli che devastavano campi e boschi, donne alate che maledicevano gli uomini fino alla pazzia, ragni enormi, e addirittura alberi maledetti, cosa che mi portava ad essere diffedente nel camminare nei boschi. Ma anche la via era pericolosa, tra banditi e selvaggi, e poi c'erano gli orchetti che si muovevano in gruppo, per non parlare dei cacciatori di uomini, cavalieri che uccidevano per il gusto della morte, o per innalzarsi davanti allo sguardo del loro oscuro signore, Elohim, il figlio della Dea, l'invidioso, il terribile, la notte senza stelle.

Eppure dovevo indirizzarmi verso il moongate, mi ero portato con me gli scritti di Bellantius, che spiegavano come utilizzare quei magici dischi luminosi, sebbene già lo avessi fatto, non avevo fiducia estrema in pozzi di luce dentro cui non si vede niente, che inghiottono gli uomini per portarli altrove, un errore e potevi finire all'altro capo dell'isola, o in un deserto, mentre io volevo andare a Britain, e trovare le risposte che cercavo, come sempre mi sarei affidato al cuore della Dea.

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Sulla strada per la Dea 16/03/2017 01:41 #3

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Titubante mi addentrai nel moongate, seguendo le parole di Bellantius seppi dominare il portale e mi ritrovai con i piedi su delle mattonelle bianche, con i monti alle spalle e in lontananza dei grigi fumi che si alzavano verso il cielo, segno di fuochi accesi, nel naso odore di erba bagnata, aveva piovuto da poco.
Guardai avanti a me: la strada vergata da molti passi, orme di ferri di cavallo, grandi zampe di gallina, e zoccoli, e rumore. La città era vicina.

Incamminandomi verso le più vicine costruzioni mi lasciai un cimitero alla destra, ma non potei fare a meno di notare quante creature terrificanti fossero già pronte a falcidiare anime. Eppure alcuni cavalieri si avventavano, senza batter ciglio contro di esse, con estrema facilità colpivano duro stendendole al suolo, guidati forse dalla fede o forse dalla furia, o dalla brama di chissà che.

Li guardai invidiandoli: non sapevo combattere, sapevo solo pregare, eppure avrei voluto potermi schierare dalla parte giusta in questa lunga battaglia, e menar fendenti, sfondare armature e purificare la terra, mondandola dall'orrore dell'odio per la vita. Avrei voluto schiantare colpi su malcapitati maledetti figli di Elohim, inneggiando alla vita sacra e fermando questa distruzione del mondo che avrebbe sicuramente portato Sosaria alla rovina.
Mi sorpresi a menar fendenti nell'aria con le mani, contro invisibili nemici, come un bambino che gioca fantasticando di essere un valoroso guerriero. Chi mi avesse visto, vestito solo di un saio di stoffa, osservare un cimitero infestato, menando colpi per l'aria, mi avrebbe sicuramente preso per un pazzo.
In imbarazzo mi guardai attorno cercando di darmi un contegno, me nessuno dei pochi astanti nemmeno mi aveva notato. Noncurante infilai le mani nelle opposte maniche, per scaldarmi e darmi un contegno, alzai lo sguardo e puntai dritto verso la capitale, dovevo concentrarmi sulla missione, trovare la Sacerdotessa, raccogliere informazioni sul culto, e scoprire cosa significasse quel sogno che mi aveva destabilizzato.

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Sulla strada per la Dea 19/03/2017 12:02 #4

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Tra le mura della città avanzavo con passo svelto, non mi fidavo della folla, non era il mio posto, torri alte e guardie in uniforme, schiamazzi e urla, e un forte odore di cucinato che si alzava da alcune taverne.
Guidato dall'olfatto e da una certa fame , mi infilai in una di esse, tavolacce di legno come pavimento che risuonavo scricchiolando ai miei passi, odore di vino e birra, e un profumo di stufato.
Mi avvicinai al focolare dove una cameriera mi chiese brutalmente: "Mangi con gli altri o vuoi un tavolo da solo?" Sorpreso per la schiettezza della donna risposi che non avevo denari per pagarmi un posto riservato e che mi sarei accomodato alla tavola comune, dove veniva servita un zuppa, non meglio identificabile, se non come di verdura.
"Anche quella costa" mi rispose la cameriera, "Sono un sacerdote, non avete rispetto della fede?" risposi.
"Qua è pieno di sacerdoti, se dovessimo sfamare tutti a nostre spese avremmo più fede che cibo." disse lei.
Mentre mi rimandava queste aspre parole dette con leggerezza, pensai tra me che non avevo alcuna moneta in tasca, e molta fame in corpo. Mi guardai attorno come per cercare qualcosa da dire, quando vidi un giovane con dei lunghi capelli colorati di blu che si avvicinava al tavolo comune, mi guardò negli occhi e come se avesse capito la situazione disse: "O mio caro prete, proprio voi stavo aspettando, perchè non mangiamo qualcosa insieme, pagherò io per voi". Rimasi senza parole, mentre la donna sorrise con l'espressione di chi la sa lunga: " E con cosa pagheresti? Li conosco quelli come te"
Vidi la possibilità di un pasto come svanire, ma inaspettatamente il giovane rispose: "Posso pagare in tanti modi" tirò fuori un'armonica e iniziò a suonare e a cantare:

"Questa è la canzone
di Juna il marinaio
che finì in una prigione
rubando in un pollaio.

a tradire il ragazzone
fu un forte e notturno abbaio
di un vecchio spinone
a guardia del pollaio

Juna scappò veloce
ma la sorte fu maligna
un piede mise su un uovo
e quella fu la sua croce.
caddè a terra e sbattè la ghigna
fu tanto forte la botta
che rimase senza sensi
e si risvegliò in condotta
sbarre alle finestre e
buio come in grotta.

Preso dallo sgomento
si mise a canticchiare
la guardia della prigione
sentendo la sua voce
rimase come stregato
e come ringraziamento
a si bella canzone
le grate aprì della cella
e Juna il marinaio
scappo a gambe levate.

Che cosa voglio dirvi,
gentil pubblico astante
è che con un canzone
si può pagare pegno
e se sarete cortesi
vi chiedo un sostegno.
del cibo e del buon vino
e altre ne sentirete.
Fin quando voi vorrete
o finchè di vino non sarò pregno."


La cameriera divenne tranquilla e Tra i clienti della taverna si alzarono grasse risate e qualcuno offrì al bardo cibo e vino, così che anche io potei goderne, in questo clima di pace e fraternità ringraziai la Dea. Rintemprato chiesi al mio nuovo amico se sapesse niente del culto di Hilianor e dei suo fedeli, ma per potermi far sentire da lui che già si era rimesso in piedi sul tavolo declamando "Questa è la ballata della vacca e del fringuello" dovetti alzare la voce, il Bardo non mi sentì lo stesso e io continuai a mangiare, ma mentre ero chino sulla scodella di legno mi sentì toccare la spalla sinistra, alzai lo sguardo e vidi il volto di un avvinazzato. "Qua non vogliamo sentire parlare di religione" mi disse spingendomi, io non seppi reagire, e caddi a terra con la scodella addosso, un altro uomo allora si alzò e prese le mie difese, mentre altri si schieravano con l'avvinazzato, cominciò una vera e propria zuffa, ed io mi affrettai ad uscire. Una volta fuori, trovai il bardo intento ad andarsene "Ehi grazie per il pranzo" gli urlai "Che la Dea sia con te" egli mi rispose, "La Dea conosce tutti, e aiuta i suoi figli, ma non è in questa città che troverai suoi fedeli, va a Occlo, oppure cerca di Kisatris la sacerdotessa, ma non credere che sia facile trovarla, molti affidano gli scritti a un padre che fa da tramite, ma non so il suo nome." Fu solo allora che notai che il bardo era uscito con le tasche come la sua pancia, ovvero più piene di quando era entrato. Mi affrettai ad andarmene mentre la zuffa nel locale proseguiva.

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Sulla strada per la Dea 01/04/2017 11:43 #5

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Dopo giorni di vano girare per le pietrose strade di Britain non avevo trovato alcun segno della presenza della sacerdotessa.
Nei templi della citta non sembrava esserci alcun segno della Dea, e le uniche persone di cui avevo udito collegare il nome alla Dea erano questi fantomatici abitanti di Occlo, ma non sapevo come riconoscerli, qualcuno mi spiegò di cercare le divise dei soldati di occlo, ma scoprii ben presto che la maggior parte di questi non vestiva la divisa, ma proprie insegne.

Pregai e chiesi alla Dea ancora di guidarmi nel mio cammino e di allontanare lo sconforto, ancora dovevo capire cosa avesse voluto dire quel sogno di acqua e montagne, di Occlo avevo scoperto poco o niente, e la Sacerdotessa non l'avevo trovata, in più ero in una città straniera e senza denaro.

Stanco mi avviai verso un riparo, erano giorni che passavo notti all'addiaccio visto che, a parte un edificio di culto disabitato, non avevo trovato posti migliori dove dormire. Il cielo era sgombro da nubi, e mentre il sole si stava coricando già la luna era in cielo.

Fu in quel momento che udii due uomini, sbirciai tra le tavole di legno e vidi due cavalieri, la loro voce aveva un accento a me sconosciuto parlare di un tempio vicino al deserto dove uno di questi aveva visto un congrega di esseri incappucciati, vestito di nero e rosso, urlare maledizioni e inveire, a sentire il racconto di questa voce Lui ne avrebbe messi in fuga tanti e altri uccisi, da solo. Non sapevo se era un fanfarone oppure no, ma l'altro sembrava credergli, l'unica cosa certa era che entrambi conoscevano quel deserto e quel tempio.
Ad un certo punto l'eroe del racconto disse che era stata Lei a dargli la forza e che la lama della fede era stata la sua spada.
Sbucai dal mio cantuccio e urlai, "Lei CHI? la dea? dove è questo tempio? ti prego dimmelo!"
Subito il cavaliere estrasse una lama corta da un copricoscia in cuoio e me lo puntò come fosse una picca, gridando: "Chi sei tu? e perchè ti nascondevi origliando i nostri discorsi?"
In quel momento capii che avevo fatto una pessima mossa spinto dalla volontà di dare un senso alla mia missione, mi prostrai a terra in ginocchio e mi uscirono queste parole: "Sono un umile servo della Dea, e cerco il tempio che tu hai detto, o la sacerdotessa". Il Cavaliere continuava a puntarmi quella lama corta, come se volesse ficcarmela tra gli occhi. Abbassai il capo.

Il compagno del cavaliere intervenne e si rivolse al cavaliere "Non vedi che è un povero sacerdote giovane e tonto?" poi a me " Il tempio è vicino al deserto dei Fremen, lo sanno tutti, vai verso l'alba e poi a Nord e lo troverai, non aver paura, se veramente come dice sei un servo della Dea, Lei ti condurrà al tempio, così come ti ha condotto a noi."
"Si certo, grazie, vostra grazia" Farfugliai, e scappai a gambe levate tra le risate dei due.

Mentre seguivo la direzione indicatami, iniziai a chiedermi chi fosse quel tipo, così sicuro di se e così fedele da non dubitare delle mie parole.

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Sulla strada per la Dea 04/04/2017 13:06 #6

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Seguendo le informazioni del cavaliere mi diressi verso le porte della città, per raggiungere il cimitero avrei dovuto camminare molto, e non ero certo fisicamente in grado di affrontare un viaggio lungo e pericoloso, pregai la Dea affinchè mi aiutasse ancora, come un povero stolto mi inginocchiai davanti a un grosso albero, e fu allora che mi accorsi che sopra di esso c'era il bardo dai capelli blu che avevo incontrato nella locanda.
"Ci rivediamo buon sacerdote" mi disse
Lo guardai stupito, stavo raccogliendo dei frutti.
"Cosa ti porta fin qua?" mi chiese
"Devo raggiungere il tempio vicino al deserto, ma non so come arrivarci mio buon amico"
"Ah, sorrise lui vado giusto in quella direzione, vieni con me allora."
"Come vi chiamate?" Chiesi
"Kit" rispose lui, mentendo, come scorpii in seguito.
Mi affidai alla dea, non avevo altra possibilità, così mi alzai, radunai le mie poche cose e partimmo.

Dopo un giorno di viaggio avevo iniziato a conoscere questo bardo che si faceva chiamare KIt, era molto allegro e mi disse di aver ereditato fede e strumenti da un suo vecchio maestro. Non mi fidavo molto di lui, dopo aver vissuto la scena alla taverna, anzi non credevo quasi a nessuna delle sue parole, ma era l'unica persona che mi aveva aiutato, senza motivo apparente, non sapevo da dove arrivasse ne me lo disse.
Viaggiammo per boschi e paludi, sempre attenti a non essere seguiti, dalle orripilanti creature figlie di Elohim credevo io, mentre il mio amico temeva più i forsennati seguaci del signore dell'odio stesso. Non facemmo la via più breve, sembrava che conoscesse bene le rotte dei banditi, forse era uno di loro, ora redento? o forse mi avrebbe ucciso da li a poco, ma perchè non lo aveva già fatto?
Dopo aver costeggiato una montagna, egli mi disse, "adesso ci attende il deserto, una volta superato questo breve distesa, vedrai in lontananza una costruzione, quello è il tempio".
Tirai un sospiro di sollievo, e nell pause del viaggio iniziai a scrivere una lettera che avrei pensato di consegnare una volta giunti all'ingresso, indirizzata al reggente del tempio. Non avevo idea di come si facesse nè di cosa scrivere di preciso, così cercai di essere breve, la infilai in una tasca della sella del cavallo, Kit mi chiese cosa fosse e gliela mostrai, annuì sorridendo come sempre " la porteremo a destinazione, una volta ho fatto il messaggero per un ricco signore" mi disse.

Quando finalmente dopo un altro giorno di viaggio uscimmo dal deserto e arrivammo a un crocevia, Kit mi disse: "ecco, laggiù in fondo puoi scorgere una grande muraglia, quello è il tempio che cerchi." Rincuorato, pensai tra me e me, "finalmente saprò".
Ci eravamo lasciati alle spalle un portale magico, pensai che avrei dovuto riprenderlo per tornare ai miei boschi, ma proprio in quel momento sbucarono dal nulla alcuni uomini su cavalli neri, "MORTE E SANGUE" urlarono, io fui preso dal panico mentre Kit imbracciò il suo arco e iniziò a canticchiare delle strane melodie. Un attimo dopo mi urlò, "Scappa, nel portale! presto!"
Saltai giù dal cavallo reggendomi il saio, ma vidi i due uomini in nero dividersi, uno puntava me l'altro Kit, urla disperate uscivano dalle loro gole, sembravano indemoniati "Morte per il dio della Morte, Sangue per il dio del Sangue".
Corsi a perdifiato, con il cuore che scoppiava, il saio non mi aiutava nei movimenti, mentre Kit continuava a scoccar frecce correndo in cerchio e a salmodiare litanie.

Quando fui a un passo dal portale, cercai di mandare a mente le parole di Bellantius per gestire il vortice magico che mi avrebbe ricondotto a casa, ma mentre il colore brillante mi avvolgeva un colpo arrivò al mio braccio, una freccia mi aveva colpito.
"Kiiit" urlai, lancinato dal dolore "Aiuto non mi abbandonare!"
Poi il mondo si fece scuro e svenni.

Quando riaprii gli occhi ero vivo, avevo attraversato il portale, non c'era traccia di uomini in nero, cercavo di capire se ero arrivato vicino al moongate dei boschi di casa ma non riconoscevo il paesaggio. Vidi Montagne, e dei fumi in lontananza, e un forte rumore di acqua, e degli uomini vestiti di verde che venivano verso di me. Svenni di nuovo.
Mi risvegliai in un letto, in una stanza la cui parete posteriore era roccia viva, un rumore di una fonte scrosciava al di la del muro della stanza. La luce di una lanterna illuminava il mio ricovero.
Provai ad alzarmi e dalla finestrella vidi un posto che non conoscevo. Ero bagnato di sudore, Svenni ancora.

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Sulla strada per la Dea 13/04/2017 10:46 #7

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Dal Diario di Banquo.

Dregoth,


Da molti giorni ormai sono stato accolto in questa comunità , Dregoth la chiamano questa città murata tra mari e monti, ed è proprio come nel sogno, acqua dai monti, acqua dal mare, persino in questo tempio dove ormai vivo, c'è una fonte naturale che sempre scroscia e mi tiene compagnia.

Dopo l'attacco di quei mezzi demoni e dopo essermi separato da Kit, il Bardo, che poi ho scoperto non chiamarsi così, ma Willforce, ed essere proprio un membro di questa comunità. sono stato ricoverato in questa abitazione.

Di questi uomini ho scoperto il passato, la fuga da una città del sud, Magincia, a causa di un folle che voleva essere dittatore, e il loro difficile approdo qua.
Questi giovani sono stati guidati dalla Dea, ma non ne erano a conoscenza, sono stati portati qua, come io sono stato portato qua. Sfuggendo entrambi al male.
Nonostante le loro diffidenze sto iniziandoli al culto della Dea, tutto mi sarebbe più facile se la mia lettera fosse arrivata alla sacerdotessa, purtroppo non ho più incontrato Kit\Willforce, dal giorno dell'attacco, e non so se è riuscito nell'impresa.

Qua a Dregoth mi lasciano usare il tempio, e sono molto premurosi con me, mi considerano un segno della benevolenza divina verso questa città che per questi uomini è rifugio e nuova vita.

Se solo potessi parlare con la sacerdotessa e seguire la strada della Dea partecipando ai riti del Tempio di Hilianor, sicuramente potrei mostrare a tutti i miei nuovi amici l'amore e la potenza di Hilianor. E loro seguirebbe la Dea così come già fanno senza nemmeno rendersene conto.

Prego che Willforce ritorni, e che porti buone nuove.

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Sulla strada per la Dea 28/06/2017 09:37 #8

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Giorni e lune sono passate da quella terribile esperienza,
Ormai sono stato ordinato chierico, e sebbene abbia iniziato da poco il cammino, molto è già cambiato in me.
La preghiera è intensa, e la Sacerdotessa ha cercato di mettere ordine nei miei pensieri, e mi ha incaricato di rendere ufficiale il mio impegno in questa comunità di Dregoth.

Al momento alcuni degli abitanti sembrano più restii al culto, forse per via della loro storia di fuga e conquista, sono molto intenti a considerare il loro fato come il risultato delle proprie azioni e non della volontà divina, il fatto che io sia arrivato proprio qui, come nella visione del sogno, è però un segno che la volontà divina era di farmi arrivare qua, e questo profigio a volte basta a convincere alcuni.

Riguardo i recenti fatti mondani, ho sentito notizie di guerre tra fedeli di Idior, e di strane alleanze tra farabutti e galantuomini, per adesso non posso curarmene, devo ancora studiare e pregare, prima o poi anche io farò la mia parte.

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