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ummagumma92
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L’ultima lettera di Ioverth,
prima pagina
Non ricordo bene quale mese fosse… Forse Moonog. Dove abitavo io il clima era sempre lo stesso, che fosse estate o inverno, al Deserto dei Fremen il sole regnava sovrano sulle immense dune dorate che avvolgevano il mio mondo di allora. Ricordo bene soltanto il momento, qualcuno bussò alla porta, tutti i miei fratelli erano felici sorridevano e correvano incontro all’ospite, ma io ero triste perché già sapevo cosa sarebbe successo dopo la cena i brindisi ed i festeggiamenti, l’indomani mi sarei svegliato e avrei salutato la mia famiglia per non rivederla mai più. Quelle erano le paure di un bambino di dodici anni, ma diventarono realtà. Mio zio Caranthir era un mezz’elfo, figlio bastardo di mia nonna e di un Elfo abitante delle foreste oltre il fiume che da ere frequentano il nostro popolo condividendo il loro sapere arcano, alto e robusto dai capelli scuri passava facilmente per un umano qualsiasi quando prestava i suoi servigi come Mago per i nobili signori che trasportavano preziosi carchi o avevano bisogno di miracolose pozioni per ristabilire la loro prestanza giovanile. Mi portò con se oltre le montagne di Britain verso la lunga valle che collega ai mari di Yew, proprio li dove le montagne si aprono lasciando spazio agli alberi secolari Caranthir aveva innalzato la sua torre. Vi passai dieci anni della mia vita, diventai l’uomo che sono affiancandolo nei suoi viaggi e nelle sue missioni, mi educò come un figlio e divenne più di un padre. Non so perché ma non andammo mai a trovare la famiglia … forse nella mia ingenuità ignoravo il ruolo che ricopre solitamente un bastardo nelle famiglie di mercanti, ed è l’emarginato. Gli anni passarono non solo per me, mentre io diventavo uomo lui sfioriva cominciando a delegare sempre di più, ad ingobbirsi sui vecchi tomi impolverati ereditati da suo padre Hòrvith, oramai svolgevo quasi tutti i suoi compiti e i viaggi in solitaria fuori dalla torre erano sempre più frequenti. Quando di ritorno dalle mie missioni mi avvicinavo alle basse fronde dei boschi di Britian la nostalgia di casa attanagliava il mio cuore. Non ne parlai mai con mio zio, ma lui sembrò capire da solo il mio dolore ed una sera, mentre riponevo i tomi mi chiamò a se, parlammo per ore di consegne da eseguire e carovane da scortare poi finalmente arrivò al sodo: <<L’ultimo convoglio che parte da Britain deve essere consegnato a Minoc. Seguirai la strada reale che attraversa le paludi. La ricordi ancora vero?>> ammiccò un sorrisetto <<Sento che è il momento che torni dalla tua famiglia Ioverth, ormai io sono quasi un vecchio e non potrò più continuare a prestare i miei servigi a chicchessia>> Rimasi di pietra, ricordo il contrasto di emozioni, non risposi niente annuì soltanto. Ero pieno di gioia e pieno di tristezza perché le parole di Caranthir suonavano come un addio, un addio dato consciamente. La notte stessa abbandonai la torre, senza nemmeno voltarmi per paura di non avere il coraggio di andare, ma sentivo lo sguardo di Caranthir alle spalle, lo stomaco mi si torse, la gola si strozzò. Per la prima volta nella mia vita piansi.
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Viaggi per mesi, prima raggiunsi un gruppo di mercenari assoldati a difesa di un carro merci, la mia presenza era richiesta come scout e li guidai oltre le fitte foreste di Trinsic, alte chiome coprivano il cielo favorendo l’intrigo di ogni sorta di rampicante, che in quel habitat ideale prosperava. A fatica superammo la montagna di Obur giungendo a Sakara Brae, da lì un gruppo di Lord si aspettava la mia difesa e la mia esperienza geografica per arrivare nel minor tempo possibile alla città stato. Il viaggio durò pochi giorni e senza intoppi, lungo il sentiero notai molti drappelli reali in ricognizione ma non vi prestai troppo attenzione, l’unica tappa del tragitto fù la casa del vecchio Jebediah, ai piedi delle montagne fuori Britan l’arzillo vecchietto coltivava erbe e reagenti della migliore qualità. Da lì in poche ore le massicce mura della cittadella spiccarono all’orizzonte, le sue torri immense armate di baliste sembravano sfiorare il cielo. Attraversato il ponte e giunti alla banca mi separai dai Lord, decisi di bere qualcosa e riposarmi alla locanda prima di affrontare l’ultimo viaggio verso casa, al mattino mi sarei presentato fuori dalla città per partire con il convoglio … ma ciò non avvenne. Nella locanda feci amicizia con un bardo che andava parlando di cospirazioni e tradimenti a corte, di fidati amici del Re arrestati e impiccati seduta stante, tutte palle per farsi pagare da bere pensavo, ed al quinto bicchiere di vino, dopo una rovinosa caduta del amico decisi di ritirarmi.
L’ultima lettera di Ioverth
prima pagina, seconda facciata
La fievole luce della candela faceva danzare le ombre nella stanza quando qualcuno bussò, aprì la porta e vi trovai davanti il bardo <<Ei amico.. volevo dirti che domani impiccheranno un traditore>> barcollò sulla porta afferrando il montante per stare in piedi <<Sarà un bello spettacolo … impiccano uno dei magi di corte>> stanco da una serata monotematica l’istinto di chiudergli la porta in faccia era forte, ma per fortuna la curiosità giovanile si fece largo in me <<Chi impiccano? Forse proprio il fratello del Re?>> cercavo di sfotterlo ma quello che rispose mi fece tutt’altro che ridere <<No, Caranthir mago di corte non ufficiale, ha sempre svolto il lavoro sporco fuori dalle mura del castello. In pochi hanno avuto l’onore di averlo visto in faccia, quindi parteciperà molta della popolazione.>> Il cuore quasi si fermò … i momenti che seguirono dopo quella notizia sono confusi, caotici. Nell panico totale elaborai un piano improvvisato per liberarlo, la notte era buia senza stelle e senza luna, il silenzio della città dormiente sembrava assordante e ogni ombra allungata dalle luci delle torce appese agl’angoli delle case sembrava una sentinella pronta a dare l'allarme. Nonostante la paura superai le guardie e con freddezza, passai il controllo all'ingresso della cittadella mischiandomi con un gruppo di signorotti. Imboccai la prima porta che trovai, scesi una serie di scale che mi portarono in armeria. Cambiati i miei indumenti con le tuniche blu dei soldati mutai il mio aspetto con la poca magia che conoscevo, risalì le scale ritrovandomi all’ ingresso. In fondo all’ immenso salone notai una porta meglio fortificata delle altre, infatti pochi minuti dopo a constatare le mie teorie un drappello di soldati mi superò con un prigioniero, il soldato più grosso tirò fuori un enorme mazzo di chiavi ed aprì la porta. Decisi di aspettare nel buio che l’ora tarda portasse il silenzio anche a corte. Senza troppi problemi scassinai la porta e scesi le scale, ne trovai un'altra ma prima di scassinare anche quella appoggiai l’orecchio sentendo alcuni carcerati lamentarsi e una guardia infuriata che intimava silenzio. Ne approfittai subito, girai la maniglia, nel caos del momento nessuno si accorse di niente, volai addosso alla mia vittima che sbatté contro le inferiate della cella cadendo a terra con le mani sul volto, mentre ancora cercava di capire l’accaduto la lama del mio coltello già scorreva sulla sua gola, presi le chiavi e corsi a cercare Caranthir. Le prigioni di Britain sono le più popolate di Sosaria e trovarlo fu tutt’altro che facile, ma alla fine lo vidi … sembrava morto, incatenato a mezza altezza costretto a rimanere sempre accovacciato, l’odore emanato da quella cella lasciava intuire da quanto fosse segregato li dentro. Spaccai la serratura e scardinai le catene, non avevo tempo di forzare la serratura e Caranthir non dava segni di vita, sembrava non essersi nemmeno accorto della mia presenza il suo sguardo era perso in un altro luogo, in un altro mondo forse. Non so come uscimmo dalla cittadella.. un rosso alone copre quella parte del mio viaggio verso le fogne, ma passammo inosservati ai soldati e scesi le scale a pioli tirandomi dietro la botola. Appoggiai a terra mio zio che finalmente iniziò a muoversi, gli tirai su la testa per dargli modo di guardami ma tutto il tempo passato al buio in cella glia aveva indebolito la vista e le fiaccole accese alle mie spalle sembravano accecarlo, le spensi subito. Bofonchiava qualcosa nel suo delirio, sembrava parlare una lingua antica sconosciuta alle mie orecchie, provai a parlargli ma sembrava solo più un involucro vuoto privo d’anima, non ebbi il tempo di dargli dell’ acqua, sentì il rumore della botola che si apriva ed il clangore delle armature che sbattevano contro le pareti della fogna. Lo ripresi a spalle ed iniziai la mia folle corsa verso l’ignoto, non sapendo minimamente dove mi portasse ogni svolta di quell‘intricato labirinto flatulente piano di scale, vicoli cechi e pozzi di scarico nascosti nel buio. Finalmente li avevo seminati ma ero distrutto e perso, il peso di mio zio mi aveva sfiancato e non avevo la minima idea di come uscire da quell‘inferno, e fu allora che preso dallo sconforto avvertì una lieve brezza di aria fresca, pulita … sicuramente veniva dall’ esterno! Corsi a controllare lasciando Caranthir appoggiato contro la parete, svoltai l’angolo e corsi lungo il corridoio seguendo quel lieve venticello che sembrava portare voci di speranza, mi infilai nella strettoia dello scarico e sbucai in un'altra stanza molto più alta della precedente con il pavimento a scivolo verso un altro scarico grigliato. Aguzzai la vista e nell’oscurità intravidi una scalinata di pietra e una porta di legno rinforzata al suo culmine. Corsi a recuperare mio zio ma era passato più tempo di quanto pensassi e gl’uomini del re ci avevano recuperato, sentivo le loro voci echeggiare molto vicino a noi, girai l’angolo pregando non fossero già li, ed infatti così non era. In quell’intrigo di corridoi le voci vagavano libere e ingannevoli ed il rumore dei passi sembrava venire da ogni direzione. Sollevai subito Caranthir e mi fiondai verso la scalinata, avevo i muscoli brucianti dal troppo sforzo e durante la fuga mi ero ferito, il dolore iniziava a paventarsi. Passammo oltre lo scarico e mi trascinai su per la scalinata spalancando la porta, finalmente la luce ci invase assieme ad un ondata di aria fresca, sbarrai la porta e trascinai il corpo di mio zio lungo la caverna che ci divideva dall’esterno.
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L'ultima lettera di Ioverth,
seconda pagina
Fuori non c’erano dolci colline e fitti boschi dove nasconderci ma un aspro paesaggio odorante di zolfo. Le paludi di Papua ci accolsero con la loro putrida natura, piena di pericoli e di antiche leggende, Diadri e Kraken infestavano quel luogo maledetto rendendolo inaccessibile per le guarnigioni Britanniche ed ancora quasi del tutto inesplorato. <<Hai fatto un bel lavoro ragazzo>> mi guardai attorno per capire da dove venisse quella voce, ma non vidi nessuno <<Ora vieni a me>> un brivido mi attraversò la schiena <<Sei a pochi passi dalla tua rinascita>> quella voce demoniaca sembrava provenire dal vento, sguainai la spada pronto alla battaglia, ma un rumore di passi alle mie spalle mi fece trasalire <<Ioverth… figlio mio… cosa hai fatto>> girai lo sguardo e vidi Caranthir in piedi appoggiato ad una roccia << Ti ho mandato via per proteggerti …. E tu sei venuto direttamente nella tana del lupo>> non risposi e l’abbracciai. Gli spiegai la situazione, della fuga e dei soldati che ci stavano inseguendo rallentati dalla porta blindata. Ascoltò attentamente poi parlò <<L’unica via di fuga e uscire dalla palude e dirigersi verso le terre desolate che conducono a Delucia. Ho alcuni amici che mi devo piaceri in quel luogo, e non potranno negarmi un aiuto contro un nemico comune.>> Lo fissai incredulo per qualche secondo <<Delucia? Sono assassini e briganti non abbiamo mai lavorato con loro come fai a conoscerli?>> si grattò la lunga barba cresciuta nei mesi di reclusione <<Tu sei figlio mio Ioverth.. Figlio mio e di Felicia. Tua madre era un elfa molto intelligente e dotata per l’alchimia, tutt’altro che malvagia ma nacque da genitori ricercati e da ricercata è stata la sua vita. Ti avevo affidato a mia sorella sperando che nessuno venisse mai a sapere di questo fatto. Ma poi dieci anni fa dopo la morte di tua madre decisi di riprenderti con me per farti vivere come mio figlio e spiegarti tutto …>> . Non rimembro di aver provato emozioni, forse erano troppe per potersi manifestare tutte assieme e rimasero sopite <<Io sono un mago al servizio di Lord British, non ho mai avuto ruoli ufficiali a corte perché i miei compiti erano quasi sempre scomodi o imbarazzanti per la corona. Nei miei svariati servizi appresi molte cose su agenti corrotti e generali immanicati con briganti e assassini.. ed è qui che la tua presenza si è fatta pericolosa. Il generale capo delle guardie della cittadella Ophidas ha iniziato a sentire la scure del boia sempre più vicina, ed ha scoperto che tu sei mio figlio convincendo il Re del mio tradimento e della mia posizione ambigua …>> il discorso fu interrotto da un boato . Erano arrivati i rinforzi, sentì le urla invadere la caverna <<Riesci a correre … Padre?>> Caranthir si illuminò e sorridendo annuì, iniziò la fuga.
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Ad ogni passo sprofondavamo fino alle caviglie e le nostre condizioni fisiche non era delle migliori, procedevamo a rilento con il rumore del ferro nemico sempre più vicino. La ferita mi rallentava il passo e per quanto cercassi di ignorarle le fitte si facevano sempre più dolorose, irrigidendomi la gamba. Mi voltai per controllare la distanza fra noi e gli inseguitori e capì che non c’era speranza. Il drappello si era raddoppiato, due maghi e un chierico ingrassavano ulteriormente le fila nemiche, non feci in tempo ad avvertire Caranthir che le saette già squarciavano il terreno intorno a noi <<La Ioverth! Un ponte!>>. Non so dove trovai la forza di superare l’ultimo tratto, ormai la gamba destra del pantalone era completamente zuppa di sangue ed iniziavo a perdere i sensi, come tante lucciole, milioni di puntini luminosi mi annebbiavano la vista. Barcollai su terreno solido per qualche passo prima di riprendere equilibrio e superammo il ponte <<In Sanct Ylem!>> un muro di pietra si materializzò alle nostre spalle <<Corri Ioverth! Non fermarti!>> continuammo la fuga lungo il sentiero finché un enorme edifico ci si parò davanti. Immenso e scuro si erigeva fra gli storti alberi che sembravano crescere corrotti dal potere oscuro emanato da ogni singola pietra di quel luogo, una larga scalinata di pietra portava verso uno spesso portone di ferro. Sentì come se le stesse mura mi fissassero, come se tutto ciò che mi circondava rispondesse ad unica entità celata alla mia presenza. Rallentai il mio zoppicare, mi fermai inconsciamente ad ammirarlo <<Che ti prende ragazzo?>> nello stesso istante un gruppo di soldati bloccò il sentiero di fronte a noi, cambiammo rotta ma il ponte alle nostre spalle era invaso dal’inseguitori. Quella fu l’ultima battaglia di Ioverth.
L’ultima lettera di Ioverth
seconda pagina, seconda facciata
“Lamenti dolci come nenie riempiono il mio cuore”
“Li senti i canti di morte dal mondo dei demoni? Sono per te, ti chiamano non resistergli…”
“Orami sei figlio del caos, e nella morte di tutto ciò che è giusto troverai sollazzo”
“I tamburi dell’ oltretomba sono sempre più vicini li senti? Percepisci le loro vibrazioni lungo le pareti dell’inferno in cui ti trovi”
“Hai fatto un buon lavoro figliolo, adesso… Non resistermi…”
Nel buio tornò il silenzio.
Britain era in fiamme, ad ogni angolo della strada ammassi di cadaveri marcivano sotto un malsano sole grigiastro. Le fiamme ancora accese divoravano gli edifici ormai rimasti allo scheletro, le possenti mura della cittadella erano crollate, anche le fiere torri di difesa si ergevano solo più a metà, come moncherini della mano di uno storpio. Di nuovo quella voce che mi chiama, non posso resistergli, mi possiede. Vago lungo le strade deserte osservo la distruzione, giungo in una piazza immensa, deve esserci stata una grande battaglia è disseminata di corpi. Una figura incappucciata sta china in mezzo alla distruzione, è il mio signore lo percepisco ormai ne sono assuefatto, ma ho paura il cuore mi scoppia in petto. La misteriosa figura si alza allargando le braccia e tutto attorno a me quello che prima era morto adesso si muove e barcolla, ma io sono pietrificato, inerme al volere dell’Oscuro, vengo portato al suo cospetto … vorrei scappare ma non posso. Un miscuglio fra piacere e terrore invade la mia persona, un ghigno prendere largo sul mio volto. La fredda mano dell‘incappucciato mi afferra da dietro la nuca e mi tira a se, sussurrandomi parole incomprensibili all’orecchio, il suono della sua voce riecheggia nella mia testa, poi estrae un coltello lungo e ondulato. Mentre i non morti mi trattengono, stringe la lama fra le mani, vedo del sangue fuoriuscire, un inquietante cantilena viaggia nell’aria, il mio cuore scoppia di terrore, cerco di divincolarmi senza alcun esito. La lama affondò nel mio petto, un senso di nausea mi pervase e il fiato mi si spezzò. Tutto si spegne. Nel buio tornò il silenzio.
Il primo respiro fu atroce sembrava di respirare fuoco, poi lentamente iniziai a sentire le gambe e le braccia in fine il cuore battermi in corpo. “Sono vivo..” provai ad aprire gli occhi ma la luce era accecante, li richiusi immediatamente, allargai le braccia e sentì la terra fra le dita. Ero sdraiato chissà dove, uno stato di confusione mi rendeva incapace di ragionare non ricordavo cosa fosse successo, mi sentivo spaesato e incapace di pensare, provai a riaprire gli occhi ma la luce era ancora troppo intensa. A fatica mi alzai, sentivo il corpo pesante, ingombrante, feci qualche passo e caddi. La vista iniziava a riabituarsi e lacrimante mi misi all ombra, appena riuscì a capire qualcosa mi resi conto di essere sotto un albero secolare di Yew. Un fiume di domande mi invase, cos’era successo, dov’ero finito? Non ricordavo nulla e la memoria non mi ritornò mai del tutto. Quel giorno mi resi conto che non ero più Ioverth, non solo più nell’anima ma anche nell’aspetto ero mutato in una forma dannata, le unghie erano artigli la mia pelle spessa come cuoio, due larghi canini inferiori spuntavano dal labbro, avevo fame di carne umana. Vagai nel bosco per giorni in preda al panico, flashback di un mondo oscuro lambivano la mia mente, immagini di un tempio e della mia morte tormentavano i pensieri, ma nel mio vagabondare ritrovai la torre di Caranthir. E li vivo tutt’ora, dannato e reietto, senza più famiglia, senza poter più tornare a casa estraneo anche ai miei cari. Folli fantasie offuscano la mia mente, i ricordi svaniscono lasciando spazio a pensieri di morte il richiamo del oscuro mi assuefa non riesco più a resistergli. Presto sarò suo è stato lui a ridarmi la vita per compiere la mia vendetta ne sono sicuro. Sto per intraprende l’ultimo viaggio verso di lui, raggiungerò il nero tempio di Papua, li mi portano le sue parole. Scrivo questa lettera per non dimenticare ciò che ero.. scrivo questa lettera per chi un giorno la ritroverà sepolta fra le macerie della vecchia torre. Che possa capire il motivo della distruzione che porterò sul vostro mondo, sacrificherò ognuno di voi in nome di Elhoim, porterò la vendetta di Caranthir. Sarò il suo demone in questa mie nuove membra orchesche.
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[Fine]
Ringraziano per il messaggio: narabocchi, Crusoe87
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