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Il ritorno dell'eroe! 10/12/2017 13:00 #1

  • BadBoy
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Quel puzzo di piscio nei bassifondi di Britain era davvero diventato insopportabile. Il freddo era finalmente arrivato, e, con esso, l’aria si era fatta più respirabile. Tra escrementi di topi, mendicanti, lebbrosi ed uomini dimenticati da Idior, si aggirava Devine, un ex combattente che aveva dato sangue, fama e tutte le sue forze per una guerra che non era valsa a nulla. Al di sopra delle fogne invece, si aggiravano ricchi signori ingrassati e tutti agghindati come se fosse un giorno di festa e donne profumate che civettavano al passaggio di guerrieri tronfi delle loro armature luccicanti. Già…

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“Armature tutte nuove, senza il minimo graffio… Un’onta più che un motivo di vanto!” – Pensava tra sé e sè Devine. Non poteva tollerare che quegli uomini si pavoneggiassero di essere dei combattenti senza aver mai nemmeno sfoderato una spada dalla guaina, senza non aver scoccato nemmeno una freccia dalle loro faretre. Lui, che aveva abbandonato e perso tutto in quella guerra, che, in realtà, non era stata che combattuta per dei signorotti seduti comodamente dietro enormi tavolate piene di cibarie di ogni tipo. Le cicatrici che segnavano il suo corpo, erano un chiaro segno di chi aveva davvero visto la morte negli occhi, una mappa che raccontava tutte le atroci sofferenze di un individuo che aveva dato sé stesso per un pugno di monete che, alla fine della guerra, non gli erano bastate nemmeno per cibarsi.

“Ti offriamo ricchezze e tesori inimmaginabili” – Queste parole ancora riecheggiavano nella testa di Devine.

Era giovane, forte, abile con tutti i tipi di armi e abbastanza robusto e scaltro da non passare inosservato, ed è per questo che una delle casate più importanti di Sosaria, lo aveva assoldato per contrastare l’ascesa di una famiglia un po’ troppo ingombrante. Si era lasciato ammaliare dalle facili ricchezze, una cosa abbastanza comune per chi come lui non era cresciuto e vissuto negli agi. La sua determinazione e il suo desiderio di riscatto sociale, lo avevano convinto che quel suo mostrarsi devoto ad una casata, gli avrebbe potuto portare non solo agiatezze economiche, ma anche una scalata sociale repentina, nello scombussolamento generale di quelle guerre fatte solo per dare sfogo ai capricci di nobili annoiati dalla loro vita di castello.

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Quel tempo sembrava lontano oramai, quelle battaglie si facevano vive solo nei suoi incubi, quando nella notte, riviveva le atrocità di carni squarciate in un campo di guerra sporco di sangue e terra misto a feci, di urla di amici, compagni e sconosciuti, e quasi sembrava addirittura risentire l’acre odore del sangue che coagulava lentamente sotto i suoi piedi.

Dopo quella esperienza si era ritirato, non sentiva più nessuna esigenza di vivere in mezzo a quelle persone, a quelle false promesse e a quegli approfittatori, e, continuava ad aggirarsi nelle fogne di Britain quasi come un topo. Non era solo, come lui, tra quelle mura puzzolenti, piene di muschio misto e chissà cos’altro, c’erano uomini e donne, reietti della società per propria scelta o che forzatamente si erano dovuti allontanare dalla splendente e lucente Capitale.

Mentre si muoveva lentamente, per evitare di calpestare qualcuno, sentì una voce conosciuta parlare: “Per loro sei solo carne da macello! Quando ti hanno sfruttato, quando non sei più il loro giocattolino, ti buttano via come un cencio sporco e si dimenticano subito di te.” – Queste erano le parole di Bessy, una prostituta che, come Devine, oramai viveva in quel sottosuolo, ella, che dopo aver donato il suo corpo ed anche la sua anima, era stata preferita ad una giovane più avvenente di lei, ed era finita per rifugiarsi nell’alcol.

“Dovresti smettere di bere, Bessy!” – Ripeteva più volte Devine alla donna. Non ne era certo innamorato, e non provava nemmeno compassione per una donna che aveva allargato le cosce troppe volte. Semplicemente dava sfogo a quell’ultimo barlume di umanità che c’era dentro di sé.

Si guardava intorno e vedeva solo degrado e desolazione. Impossibile poter rimanere più di un istante in quei bassifondi. Eppure loro ci vivevano, eppure c’era gente lì; una comunità unita non per omogeneità caratteriale o sociale ma che comunque aveva una cosa in comune: tutte quelle persone ripudiavano la vita che c’era sopra di loro.

Devine era quello che più di tutti lì in mezzo sembrava fuori luogo, non certo per le sue vesti che oramai si erano ridotte in cenci e nemmeno per la sua corporatura dal momento che era smagrito, ma la sua mente nonostante tutto era ancora lucida. Non si era lasciato andare ai fumi dell’alcol né tanto meno si era lasciato sedurre da alcune erbe dalle proprietà allucinogene. La sua mente era ferma, salda, sempre vigile.

Il suo cuore circondato da impenetrabili mura che nemmeno dinanzi a quel disagio si erano scalfite. In realtà egli non voleva provare compassione per quelle persone che come lui vivevano lì, giacchè avrebbe significato che quello stesso sentimento lo avrebbe successivamente proiettato su sé stesso.

La compassione era per i deboli. Lui non lo era. Era semplicemente stato un po’ troppo avido, invidioso ed accecato da quelle ricchezze di cui erano soliti circondarsi nobili e Clero. Eh già… Anche il Clero era colpevole, se non in egual misura, quantomeno in buona parte aveva le sue colpe e responsabilità. I chierici erano troppo spesso chiusi nei templi a contemplare Idior dinnanzi agli altri, a ricercare giovani guerrieri che combattessero per loro. Si, per loro e non certo per Idior. Quel credo che sin da piccolo gli era stato inculcato, quella fede che sentiva sua, che era piena di buone promesse ma altrettanto piena di ipocrisie.

E mentre nelle fogne tutti sembravano aspettare la fine dei loro giorni, Devine non era pronto a morire, almeno non ancora.

In un giorno come tanti, mentre Devine era seduto in un angolino a mangiare un pezzo di pane vecchio buttato dalla fornaia della città, Dafus, con voce flebile lo chiamò a sé, muovendo a malapena la mano verso di lui.

Dafus era un chierico, o meglio quello che ne rimaneva. Nella sua vita precedente (così erano soliti definire la vita prima di trasferirsi nei bassifondi), era stato un chierico nobile d’animo ma anche di sangue. Aveva lasciato tutte le sue ricchezze in mano a chi, gli aveva promesso che avrebbe fatto del bene con tutti i suoi averi, ma che invece, aveva dilapidato tutto a dadi. Non aveva mai ricoperto una carica importante anche se aveva seguito e frequentato le figure ecclesiastiche più importanti di quel periodo e forse, proprio quello fu il motivo che fece sì, che lui poi decise di iniziare una vita modesta. Alla scoperta di tanta corruzione che regnava in quell’ambiente, lentamente rinunciò a tanti benefici che venivano attribuiti alle figure ecclesiastiche e rinunciò a cene e banchetti organizzati dai ricchi mercanti e dai boriosi nobili. Egli scelse di condurre una vita mesta, una vita per gli altri, per chi aveva realmente bisogno. Ed infatti fu l’unico che decise ed iniziò a scendere in quei bassifondi che da molti erano considerati come un inferno. Egli fu l’unico a portare la parola di Idior lì dove la Luce non era mai filtrata, lì dove si attendeva la morte. Tutti lo chiamavano “Il predicatore” ma era passato così tanto tempo, che, nessuno si ricordava più, che, in realtà, egli lo era davvero. Inizialmente era solito scendere con cadenza settimanale, successivamente si intensificarono le visite fino a quando non decise di trasferirsi definitivamente lì.

Conobbe e vide in Devine uno dei pochi che ancora avevano qualcosa da dire e da dare. Erano soliti parlare del più e del meno e spesso leggeva all’uomo dei versi di alcuni tomi che aveva portato via con sé. Alcuni testi ad esso cari che parlavano della vera Luce.

“Me ne sto andando.” - Con una voce flebile, il vecchio Dafus, cercando di tenere gli occhi aperti per guardare negli occhi Devine, parlava con l’uomo. - “Ora dovrai proseguire tu il mio cammino, so che ne sei in grado!”. - Devine guardò il Predicatore e disse - “Vecchio già troppe volte abbiamo discusso di questo, sai bene che io non sono il tipo da prediche, sai anche bene che odio con tutto me stesso ciò che c’è al di sopra di queste fogne. Come puoi ancora chiedermi per lo più ora che stai tirando le cuoia, di proseguire il tuo operato?” – Il tono dell’uomo sembrava canzonarlo ma in realtà sembrava dispiaciuto. Dafus fece un respiro lento e continuò “Non mi aspetto che tu sia caritatevole, ma so che nel tuo cuore alberga la giustizia, che nel tuo animo sai cosa realmente è giusto e cosa è sbagliato. Prendi i miei tomi, rileggili. Hai già scontato per troppo tempo la tua colpa di esserti lasciato sedurre dalla vita mondana della Capitale. Ora fai quello che devi. Torna in superficie. Torna alla vita, alla Luce. Porta la parola di Idior ovunque e non solo nei castelli e nelle false battaglie. Dai la speranza e la voce a chi come queste anime che vivono in questo purgatorio aspettando la morte, non ne…” – Il vecchio non fece nemmeno in tempo a finire la frase che si spense. Devine portò una mano sui suoi occhi e gli abbassò le palpebre. “Riposa in pace, ora tu puoi!” disse con una voce mozzata dalla commozione.

Qualche ora dopo, quando la luce del sole doveva ancora farsi strada nelle tenebre della notte, Devine uscì dalle fogne per dare una sepoltura quantomeno dignitosa a Dafus ed evitare che diventasse cibo per cani e topi.

“Questo vecchio a volte aveva proprio delle idee strampalate!” – Borbottava tra sé e sé Devine, mentre scavava una fossa per seppellire Il Predicatore. “Però su una cosa aveva ragione: questa situazione deve essere cambiata! Non credo che potrei condurre una vita clericale come sono soliti fare questi omuncoli di chiesa. La fede in Idior è tutt’altra cosa. Questa gente non può continuare ad abusare ed approfittarsi di coloro che non la pensano come loro. Fingono di avere un’etica, fingono di essere uomini dai saldi valori. Io vedo solo tante chiacchiere e pochi fatti. Tutti amici tra di loro, pronti a pugnalarsi per aggiudicarsi anche un misero ettaro di terra in più. Nessuno ferma nessuno. Solo i ricchi vincono. Volevi che diventassi un uomo di fede, vecchio? Va bene, ma lo farò a modo mio. Darò voce a chi la voce non l’ha mai avuta: mercenari, prostitute, ladri. Chiunque può riscattarsi. Chiunque.”

Finito di scavare, Devine gettò nella terra il corpo di Dafus tenuto dentro ad una sacca e lo ricoprì con terra e pietre.

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FINE.

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Ringraziano per il messaggio: SaimonSen, killot, sirten e 4 altre persone hanno anche detto grazie.

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Ultima Modifica: da BadBoy.
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