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ARGOMENTO:
Imlerith L'incatenato. 11/03/2020 19:24 #1
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Tomo I "Memorie dei dannati"
Imlerith, l'incatenato Nato in un villaggio di orchi nella regione di Papua fu trovato ancora neonato da Talin un mercante di Minoc, avvolto in una coperta insanguinata, abbandonato ai margini della palude. La sua gente cadde vittima di uno molti drappelli di soldati che aizzati dalla corte di Britain trucidavano impunemente interi villaggi di orchi in nome della sicurezza del regno. Il suo popolo ormai stremato dalla guerre del passato ed orfano della sua antica fede vagava senza meta, imbruttiti dalle asperità e dalla fame molti erano diventati più simili a bestie senza anima che ha esseri senzienti, e razziavano ed assalivano carovane cibandosi dei loro condottieri. Imlerith crebbe schiavo, usato come animale da soma per la sua forza gli fu concesso solo d'imparare a leggere, solo per comodità del mercante ovviamente. Dormiva nel magazzino su una vecchia coperta logora piena di pulci che non gli davano pace, incatenato al collo da un anello di ferro scuro e pesante con pochi metri di catena. Non incontrava mai nessuno se non il mercante o i fornitori che consegnavano le merci, puntualmente veniva maltrattato ed insultato, come una bestia senza volontà ne io. Ogni notte come un fuoco l'odio lo consumava da dentro, sognava il giorno della sua fuga, il giorno cui finalmente avrebbe affondato il coltello nel petto di Talin guardandolo negli occhi. Il Risveglio Imlerith era ormai adulto, alto e muscoloso con i lunghi capelli corvini raccolti in una coda, incuteva timore al vecchio mercante che aveva deciso per la sua sicurezza di dotarlo di catene ai polsi ed alle caviglie, gli riusciva perfino difficile camminare ed alzare le pesanti scatole di legno di quercia colme di libri per l'accademia di Britain richiedeva uno sforzo enorme. Fu proprio in quel periodo che il richiamo dell oscuro s'insediò della mente dell incatenato. Talin aveva iniziato a mercanteggiare con la città di Britain impiegando diversi giorni per le consegne e lasciando molto tempo libero ad Imlerith, che iniziò a leggere gli antichi testi rilegati in stupende copertine di pelle, decorate d'oro e rosso sangue, lesse di battaglie del passato, dei popoli che prosperavano a Sosaria prima delle guerre di conquista. Imparò molte cose sulla sua gente, usanze e tradizioni vecchie come le quercie di Yew, di sacrifici di sangue in nome di un dio oscuro che proteggeva i suoi fedeli e gli guidava verso l equità del caos. Diventò sempre più avido nella sua voglia di conoscenza, imparò a scrivere in runico e perfino a recitare alcuni rituali, il richiamo del sangue intrinseco nella sua natura si faceva forte, le notti sempre più agitate e i sogni più vivi che mai, finché accadde ciò che l'oscuro aveva disegnato per lui. Sognò una parete di roccia, liscia a strapiombo su una distesa di terra scura e dura, gli alberi storti e malsani crescevano all'ombra perenne di quell'imponente massiccio. Imlerith gli andava incontro, privo di volontà e di controllo giungeva ad una fenditura nella roccia, nascosta da alcuni arbusti e rami marci caduti da tempo lo chiamava invitandolo ad entrare, promettendogli sapere e risposte, aveva paura ma non riusciva ad allontanarsi, come guidato da dei fili invisibili si ritrovava a strappare e schiacciare i fragili fuscelli di legno che impedivano l'ingresso, ed era a quel punto che il sogno s'interrompeva ogni notte, lasciandolo con ancora più domande e paure. Si fatta la tua volontà Era notte fonda ed il rumore di un carro in lontananza destò l'incatenato dal suo sonno, si alzò afferrando il bastone datogli da Talin per scacciare eventuali ladri e sbirciò tra le sbarre. Vide due uomini incappucciati armati di spada che seguivano a piedi il pesante carro di leccio e quercia che dondolava pericolosamente ad ogni buca, capì che si trattava del mercante e si rimise sulla sua stuoia logora. Dopo pochi minuti la porta del magazzino si aprì ed i tre uomini scesero con passo pesante le scale di legno, da dietro il muro Imlerith sentì alcune voci <<Ci puoi garantire la sua obbedienza? Siamo stufi di passare il tempo a frustarli per farli lavorare..>> disse una voce stridula e fastidiosa <<Garantisco sul mio onore, basta tenerlo incatenato il giusto per lavorare. Non vorrete cambiargli le abitudini?>> i tre risero di gusto. Un calcio lo fece girare e vide in faccia i due sfregiati, ci volle un istante per capire che si trattava di schiavisti <<Alzati! Abbiamo visite>> urlò Talin <<Non ce bisogno, si vede a colpo d'occhio che è forte, stupido e privo di cervello. Un ottima mercanzia... non ci resta che discutere sul prezzo.>> con un gesto il mercante invitò i due a seguirlo di sopra. Imlerith sentì la trattativa in cui Talin spiegava della sua imminente partenza verso la capitale,e di come le città si stessero svuotando per la paura di ritrovarsi isolati e non protetti dalla corona, a quanto pare tempi difficili stavano arrivando per la gente di Sosaria. Frustrazione, rabbia, paura ed odio si paventarono tutti assieme di colpo nel suo animo, maledì il fato, il destino e tutto quello che gli aveva riservato quell'orribile vita di prigionia, pregò un dio a lui sconosciuto di ascoltarlo e di prendere la sua vita in cambio di quelle dei suoi carcerieri di dargli vendetta piuttosto che altra galera, ed esausto da tutte quelle emozioni s'addrometò. << Ho spezzato le tue catene, e liberato la tua anima dal tormento... ora essa mi appartiene.>> Due occhi fiammeggianti apparvero su uno sfondo nero, enormi ed eterni sembravano racchiudere tutto il male del mondo, una mano infuocata scattò verso di lui dall'oscurità fondendo il ferro che gli vincolava le caviglie e i polsi <<Adesso va, paga il prezzo della tua liberà>>. Imlerith si svegliò di colpo, sudato ad ansimante vide le catene spezzate a terra davanti a lui, incredulo le guardò per qualche secondo prima di scorgere un pugnale, di ferro verdastro, dalla lama dentellata e ricurva da cerimonia... capì subito quello che doveva fare. Salì le scale badando a non fare rumore, aprì lentamente e vide i due schiavisti ubriachi addormentati sul tavolo, furono i primi ad essere sacrificati ad Elohim e poi finalmente venne il momento di Talin. Come nei suoi sogni il vecchio dormiva e lui giungeva silenzioso come un ombra alle sua spalle tappandogli la bocca e fissandolo negli occhi mentre la lama zingrinata del coltello si infilava lentamente nel suo petto. In quel momento tutto ebbe un senso e le parole gli uscirono spontanee <<Sia fatta la tua volontà Elohim>>. Ritorno alle origini Vagò per anni in cerca di quello che pensava il suo villaggio natale, ma trovo solo rovine e scheletri divorati dagli insetti delle paludi di Papua. Braccato per lungo tempo imparò a combattere e a sopravvivere, riuscì a ritrovare se stesso tra quelle lande desolate che una volta il suo popolo chiamava casa. Una notte venne attaccato da un gruppo di cacciatori di taglie che lo cercavano per l omicidio del mercante, riusci a fuggire appena in tempo scivolando giù da una scarpata e nascondendosi nella boscaglia. Fu allora che la riconobbe, la terra scura, la parete di roccia liscia e quella fenditura che per tanti anni l'avevano tormentato nei suoi sogni. Accese la torcia e schiacciò le ramaglie davanti all'ingresso, entrando sicuro nell'oscurità più assoluta. Dopo uno stretto corridoio iniziale la caverna si apriva in una stanza immensa, enormi colonne di roccia intagliata sostenevano la volta decorata di disegni rupestri raffiguranti rituali e sacrifici antichi, enormi bracieri in fila creavano una camminamento verso il lungo tavolo di pietra situato al centro della stanza. Capì subito di essere finito in un tempio, antico quando la terra stessa, appartenuto alla sua gente ai tempi degli sciamani. Camminò verso l'altare e ne riconobbe le incisioni, le aveva lette nei libri di Talin e capiva cosa chiedevano, così estrasse il pugnale si taglio il palmo della mano e fece cadere il sangue nella ciotola di pietra al centro del tavolo. I bracieri s'accesero di colpo, allungando le ombre nella stanza e illuminando il fondo della caverna dal quale apparvero due occhi rossi, fiammeggianti, eterni <<Finalmente sei giunto ad estinguere il tuo debito.>> la voce riecheggiò in tutta la grotta <<Sono qui per servivi mio signore.>> "FINE" |
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Ultima Modifica: da nunzio88.
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