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ARGOMENTO:
La storia di Mundus il fremen 06/03/2017 20:41 #1
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*Prime ore dell'alba, accampamento fremen da qualche parte nel deserto "
Un nuovo giorno stava arrivando, il sole sorgeva come di consueto ad Est, e dalle alte dune del deserto la visuale era ampia e nitida .. Io ero di ronda, mi assicuravo che nessuno potesse avvicinarsi al nostro accampamento per tenderci un'imboscata mentre i miei compagni riposavano . Ad un tratto una mano mi scosse una spalla, era il mio compagno d'armi Michael, un esperto mago, un combattente come me, pronto a darmi il cambio. «Mundus compagno, vai pure a riposare, da questo momento in poi starò io di guardia.» Ringraziai Michael e corsi nella mia piccola tenda per levare l’armatura e stendermi un po’. Aprii gliocchi qualche ora dopo: nell’accampamento tutti noi avevamo dei compiti ed io, oltre a fare turni di guardia, avevo il compito di andare nei boschi limitrofi per dare la caccia a della succulenta selvaggina che lì si aggirava, per poi portarla dai miei compagni e gustarla insieme. Mi armai e partii per i boschi da solo, la solitudine non mi infastidiva: sono stato abituato sin da piccolo dalla mia vecchia tribù fremen a cacciare in solitaria, passai dal solito ruscello per rinvigorirmi un po’ e riempire le borracce, che portavo legate al vecchio zaino fatto di pelli, d'acqua fresca, e subito mi misi sulle tracce di ciò che mi parse un gruppetto di daini passati di la da poco. Passarono svariate ore, camminai a lungo, ma del branco che avevo tracciato nemmeno l’ombra, deluso, mi coricai ai piedi di un albero per riposare un po’, ascoltavo il rumore della natura: esso ha il magico potere di calmarmi, il fruscio delle foglie e lo scrocchiare del legno mi attirarono in una sorta di trance nella quale mi sentivo parte dell'equilibrio che, assieme al capriccio degli Dei, regola il mondo. D'un tratto la mia attenzione fu attratta dal movimento di alcuni arbusti che avevo di fronte, sfilai frettolosamente la mia ascia bipenne dal gancio dietro la schiena e rimasi immobile, con i nervi a fior di pelle: "Ho abbassato la guardia, un errore da pivello che madre natura può punire severamente." Fissai l'arma che tenevo fra le mani, dono dell'anziano della tribù che mi diede quando diventai uomo, l'impugnatura era molto semplice: del semplice cuoio mi separava dall'agapite della quale era fatta, ciò che veramente la contraddistingueva dalle altre erano le preziose rune di bronzo incise su entrambe le lame dell'ascia e la tecnica particolare con la quale esse erano state congiunte, un grande spuntone affilatissimo spiccava verso l'alto. Sentii tremare il terreno, un enorme muso da orso sbucò dagli arbusti: orecchie appiattite all'indietro, occhi grandi e malvagi, neri più dell'inchiostro ed un grosso naso coronavano quell'inferno di denti e bava che si stava avvicinando sempre più velocemente. Per la prima volta da quando ero all'accampamento da predatore diventai la preda. Preso dal panico mi voltai e tentai una rapida ritirata ma l'orso era decisamente più rapido di me, potevo quasi sentire il suo alito nauseabondo sul mio collo. Con enorme sforzo mi girai e sferrai un fendente con tutta la forza che avevo nelle braccia, purtroppo le colpii solamente di striscio ad una spalla: si era fermato, ma sembrava quasi essersi accorto del Sangue che gli stava imbrattando il manto scurissimo. A differenza sua io urlai di dolore: una fitta lancinante mi colpii all'avambraccio "Mi sono strappato il muscolo come un'idiota!" Con una zampata mi butto a terra, facendomi sbattere la schiena contro un albero poco distante. Nel momento stesso nel quale l'orso iniziò a correre verso di me con la sua enorme mole mi diedi per spacciato, solo quando fu ad un paio di metri da me trovai la forza di sollevare l'ascia di quel tanto che bastava per far raggiungere allo spuntone l'altezza della sua gola e di scansarmi. Chiusi gli occhi quando fu ad un palmo da me. Le ultime cose che ricordo sono un affannoso gorgoglio misto all'odore di sangue e una fortissima artigliata al petto. Rimasi atterra stremato, perdevo molto sangue, i miei occhi si stavano chiudendo. "È così che morirò?"
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La storia di Mundus il fremen 15/10/2017 21:06 #2
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Notte fonda
Ero convinto che il tempo a disposizione per me su questo mondo era ormai giunto al termine, le mie energie tardavano a tornare e senza memoria mi sentivo perduto. Nella mente riecheggiavano sempre le stesse immagini: quel dannato orso mi scaraventava per terra, la mia ascia che affondava nel suo collo e poi il buio, il vuoto... qualcuno quella notte mi strappò dalle grinfie della morte. Il buon uomo era sdraiato poco distante dal fuoco coperto da un manto di pelle d'orso, forse appartenente proprio a quello che mi aveva trascinato così tanto vicino alla morte. Non riuscivo a dormire, i miei occhi si chiudevano per pochi minuti ma subito dopo dei brividi percorrevano lungo il mio corpo, così freddi e pungenti da farmi svegliare di scatto . "Cosa mi stava accadendo?" |
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La storia di Mundus il fremen 15/10/2017 21:25 #3
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L'alba di un nuovo inizio
Passai la notte a fissar la bianca e grande luna tra domande a cui non sapevo darmi risposte, sentivo dentro me qualcosa che voleva uscire, ma non sapevo ancora cosa fosse. Provavo forti dolori ovunque , le forze sembravano avermi abbandonato , ma tentai comunque di riposare... ahimè, senza successo. Quella strana sensazione mi tenne sveglio tutta la notte fino al mattino seguente. «Mundus siete già sveglio? Come vi sentite?» Mi domandò il buon Hamil. Feci un cenno con il capo e risposi: «Meglio, grazie.» «Ricordate qualcosa?» Chiese insistendo Hamil. «Purtroppo no,ricordo solo di essere praticamente morto.» Dissi abbassando lo sguardo. «Capisco. Prepariamoci, ci attende una lunga camminata.» Rispose Hamil alzandosi. «Dove siamo diretti?» Risposi curioso. «Vi porto al tempio,li vedremo di farvi recuperare la memoria.» Sistemai quelle poche cose che avevo nel mio zaino, mi reggevo in piedi a malapena. Spesi quelle poche forze rimaste per tagliare da un albero un robusto ramo e lo usai come appoggio per sorreggermi durante il cammino . «Forza Mundus Andiamo!» Urlò Hamil dalla distanza. Così ci incamminammo. |
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La storia di Mundus il fremen 15/10/2017 21:34 #4
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Bivio
Passarono diverse ore da quando ci mettemmo in viaggio durante le quali mille pensieri colmavano la mia mente, alcuni molto tetri e sanguinari, ma non feci notare nulla ad Hamil... qualcosa in me era cambiato. «Siamo quasi arrivati, da qui riesco a vedere il Tempio di Hilianor.» disse Hamil. Ormai ci eravamo lasciati la palude alle spalle, ad est si poteva ben vedere il maestoso tempio di Hilianor e ad Ovest la sabbia del deserto dei liberi . Ciò che mi colpì fù altro: notai da lontano un losco individuo dallo sguardo freddo e penetrante che mi guardava fisso negli occhi . Rimasi immobile come intimorito, i miei muscoli non rispondevano agli stimoli della mia mente. Fece un cenno con la mano, forse mi stava chiamando . "Sono attratto da quell'individuo come il basilisco dalla malerba." Pensai. «Mundus, percepisco oscurità in quel losco individuo,dobbiamo affrettarci. Venite con me al tempio.» Disse Hamil tirandomi per un braccio. «Hamil, ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto, ma ora le nostre strade si dividono. Non preoccuparti per me, sento di potercela fare d'ora in poi.» Affermai divincolandomi dalla presa del mio buon samaritano. «Mundus, i tuoi occhi mi preoccupano. Stai molto attento alle scelte che farai, se percorri una strada sbagliata non potrai tornare indietro.» Rispose Hamil con reticenza. «Hamil siete stato molto gentile con me,ma ho delle domande che richiedono risposte. Qualcosa in quell'uomo mi attira, il suo viso mi è famigliare. Credo che possa darmi delle risposte... almeno lo spero.» «Spero di rivedervi un giorno...» Disse con sguardo rammaricato prima di avviarsi verso il tempio. E così mi incamminai verso quel losco individio, non avevo più paura.
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La storia di Mundus il fremen 15/10/2017 21:48 #5
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Epitaph, oscurità e risposte
«Ti stavo aspettando.» disse la tetra figura. «Chi sei? Per quale motivo mi stavi aspettando? Sono quasi sicuro di averti già conosciuto.» Risposi con voce ferma. «So che cerchi delle risposte Mundus, se le vorrai dovrai seguirmi.» Disse voltandomi le spalle. Entrammo in un arcano passaggio a me sconosciuto che, tutto d'un tratto, ci condusse nell' isola di Buccaneer's Deen. La sua voce ruppe il silenzio: «Sei piuttosto malconcio e sarai sicuramente affamato, facciamo una breve sosta nella locanda qui vicino così recupererai le forze e nel frattempo ti darò le risposte che cerchi.» «Bene, andiamo.» Dissi annuendo. Arrivati alla locanda ci sedemmo intorno ad un tavolo, dopo aver ordinato del cibo e due boccali di sidro mi girai verso di lui e gli dissi : «Non ha ancora risposto alle mie domanda, chi è lei? e perchè mi cercava.>> «Il mio nome è Epitaph, vengo dalla famigerata città di Delucia, servitore dell'unico e immenso Oscuro Signore. Il tuo ritorno alla vita Mundus non è stato casuale ma è stato scelto da lui stesso e da quel momento tu appartieni a lui.» I suoi occhi si illuminarono al pronunciar tali parole. «Perchè proprio io? Perchè mi ha salvato?» Domandai. «Avresti preferito morire stolto di un barbaro?»Disse ridacchiando di gusto. «A quanto si dice sei un ottimo guerriero e ormai in te scorre pura malvagità che dovrai solo risvegliare al momento giusto, oggi stesso darai la prova di esser fedele all'Oscuro e alla nostra causa. Quando calerà il sole ci dirigeremo verso il tempio a Yew e sconfiggeremo quegl'nsulsi vermi figli di Idior. Affiancherai me e i nostri fratelli nella grande battaglia contro la luce, questo sarà il tuo compito fino a quando esalerai l'ultimo respiro, lasciati avvolgere dal male che hai dentro.» Fu di poche parole, ma compresi in pieno ciò che voleva dirmi. Avevo una missione, ero un prescelto dell'Oscuro, con una grande missione da compiere. L'idea di combattere i guardiani della luce non mi spaventava affatto,anzi la cosa mi allettava molto. Pronunciò parole incomprensibili, le mie ferite stavano magicamente guarendo, mi sentii rinvigorito e pieno di forze . «Prepara le tue cose, tra non molto ci metteremo in marcia» disse deciso. Mi sentivo sbigottito e incuriosito dall'effetto che quella magia ebbe su di me, sentivo i miei arti rinvigoriti, il torace solido come un blocco di granito. Nulla ricordavo del mio passato, ma poco importava ormai. Sentivo che la vita tornava a scorrermi dentro le vene, nuova linfa nutriva le mie membra. Camminammo qualche ora fino a giungere un accampamento, lì vidi una moltitudine di figure incappuciate intente a prepararsi a dar battaglia. Sembrava che il mio arrivo avesse destato parecchio scalpore, tutti si fermarono ad osservarmi. Una figura prese il passo e si avvicinò a noi. «Fratello Epitaph,è lui il guerriero di cui mi hai parlato?» Disse l'uomo. «Sì Fratello, è lui l'uomo riportato in vita dal nostro Signore.» Esclamò sorridendo sadicamente. D'un tratto si voltò verso di me: «Mundus,questo è Maliel. Sarà lui a guidare l'assalto vittorioso questa notte.» «Bene Mundus,questa è la tua occasione di mostrarci cosa sai fare. Voglio vedere il sangue e le teste mozzate di quegli infedeli. Voglio che la piazza davanti al tempio diventi un bagno di sangue, diverrà un monito per tutti i seguaci di Idior!» Disse voltandosi verso tutti i presenti. «Sono pronto!» Risposi più determinato che mai. Mi fu mostrata la mia tenda, dove trovai un'armatura ed una cappa scura, identica a quelle indossate dagli altri presenti. Pian piano mi vestii, cercando di essere più accorto possibile, senza tralasciare nulla... come se fosse una vestizione rituale. Sentii una sensazione unica, un senso di potere,un calore che mi scorreva nelle vene. Ero finalmente pronto. |
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La storia di Mundus il fremen 15/10/2017 22:08 #6
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La battaglia: luci contro ombre.
Il sole stava scomparendo all'orizzonte e lasciava lentamente spazio alle tenebre, un atmosfera oscura si avvolgeva tra le nostre fila e, con il passare del tempo, si faceva sempre più intensa. Pochi erano i passi che ci dividevano dai guardiani di Idior, riuscivo a distinguire le loro singole sagome da questa distanza. Una finissima pioggia iniziò a cadere, le nostre vesti iniziarono ad appesantirsi e la visuale calava di attimo in attimo.
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