*Tempio di Yew*
E fu così che arrivò il giorno della mia partenza, dopo la riunione con cui sancivamo Alucard nuova guida del culto il Tempio si presentava deserto, solo Lucine era rimasta al momento in cui mi apprestavo ad andare via, dopo aver ultimato di caricare il cavallo con i miei averi andai nella sede antistante l’abbazia per prendere del materiale. Nessuno dei confratelli era a conoscenza di cosa ero venuto in possesso ai tempi in cui insieme a Servilius ritrovammo il prezioso tomo dei RIP custodito all’interno del baule.
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Al tempo celai a tutti quanti il contenuto ulteriore che il forziere conteneva al proprio interno, già allora segretamente da tutti lessi più volte questa pergamena sempre di Dienece, nelle informazioni contenute si parlava di un ulteriore libro che dette in custodia a dei cavalieri affinché potessero non renderlo più utilizzabile da nessuna creatura esistente per timore del potere che esso stesso sprigionava. Questa pergamena era indirizzata all’ordine di Idior perché ricca di timore, paura e soprattutto preoccupazione sul fatto che uno dei cavalieri non aveva adempiuto ai suoi compiti eliminando il proprio compagno e non dando più notizie in merito al libro. Questo testo intitolato Il Mortuario sembrerebbe fosse il testo maledetto direttamente scritto da Elhoim con il quale infondeva oscuro potere ai suoi seguaci, motivo di tormento e dolore per tutto il resto delle popolazioni. Presi il cofanetto che avevo sapientemente nascosto dietro una scaffalatura per portarlo con me e in tutta calma poter studiare e decifrare meglio il suo contenuto. Dalla lettura della pergamena sembrerebbe che originariamente i cavalieri fossero diretti presso l’sola di Avatar, il loro viaggio era mirato alla distruzione del testo, le perenni lave che attorniavano il tempio al centro dell’isola avrebbero dovuto fagocitare quelle pagine incenerendole e cancellarle da ogni memoria, decisi di andare in esplorazione all’interno dell’isola perché era l’unico indizio certo su cui potevo fare affidamento. Giunto sull’isola iniziai una serrata esplorazione per poter racimolare indizi o provare ad aggiungere tasselli a questo mosaico oscuro completamente distrutto, dopo aver battuto a tappeto ogni metro conosciuto dell’isola compreso il tempio, capii che i giorni persi in cerca di qualcosa di cui non avevo chiaramente la minima idea di cosa fosse sarebbero stati vani e non avrebbero portato a nulla di utile, decisi di tornare a casa e lasciare tutto com’era. I giorni seguenti li dedicai allo studio ed all’interpretazione di quella pergamena, la curiosità era forte, di tanto intanto tra una pausa dalle preghiere con indosso la mia sacra tunica mi recavo dentro Britannia per ascoltare dei vecchi saggi, anche presso la corte di lord British alcuni dei generali ormai non più atti alle armi ma grandi fonti di conoscenza mi confermarono le molte voci che iniziai ad udire nella mia ricerca. Sembrerebbe che un solo uomo di cui nessuno conosceva l’identità fosse un oscuro cavaliere della morte, dedito a spargere sangue nelle terre dei regni abitati, molte storie sul suo conto narrano stragi inaudite ed efferate, un solo cavaliere i cui poteri superavano l’immaginario di ogni forma di conoscenza, le arti della guerra di cui era a conoscenza non ricadevano nella normale magia di elfi oscuri o altre forme di stregoneria, era un cavaliere che quando costituì il suo gruppo di fedeli diventarono il flagello che torturava ogni forma di vita esistente. La dimora di costoro alcune leggende narrano fosse ai confini del mondo, nessuno sa per certo di preciso, ma gli spostamenti frequenti in flotte di navi lasciavano presagire che arrivassero da qualche isola. Presi la decisione di rifornire la cambusa della mia barca perché di lì a poco il lungo viaggio che avrei affrontato non immaginavo per quanto tempo mi avrebbe tenuto via da casa, portai molti viveri e delle armi perché i confini del mondo mi attendevano e non avevo idea di cosa celassero, la partenza fu la costa di Avatar mentre l’arrivo aveva il nome di ignoto, secondo le mie conoscenze nautiche armato di sestante e mappe nautiche scritte da grandi navigatori ed esploratori decisi di dirigermi verso dove ancora veniva indicato tutto come mare, presi la rotta del Nord-Est e iniziai la navigazione.
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I giorni passavano lenti, ero immerso in un profondo blu che si congiungeva tra mare e cielo, armato del cannocchiale guardai però in lontananza, nubi nere di tempesta iniziavano ad accumularsi, il vento soffiava delicatamente e mi spingeva in direzione, iniziai ad agganciare bene le vele e tutto ciò che a bordo sarebbe potuto finire a mare perché mi aspettavo che di lì a poco le condizioni sarebbero cambiate. Mi addentrai all’interno delle nubi, con mio sommo stupore e contrariamente alle mie previsioni il mare all’interno di quell’oscurità era calmissimo, ma appena varcato l’ingresso un boato innalzò un muro d’acqua alle mie spalle che si giunse come una solida fortezza tra la nebbia gelida e le nubi nere, navigavo con calma ma nell’assoluto buoi, ogni punto di riferimento sulla rotta era ormai nullo, la visibilità era pressoché nulla fino a quando dalla prua della barca non udii un rumore come se avessi toccato il fondo, difatti ero arenato e giunto su una riva. Scesi ed indossai l’armatura con scudo e maglio, a piedi iniziai ad esplorare il luogo sul quale ero approdato, con gran stupore appena iniziai a camminare sulla battigia un varco si aprii allentando la morsa della nebbia dove mi apparve in lontananza una struttura.
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Iniziai con cautela la salita, e passo dopo passo mi avvicinai a quelli che in lontananza sembravano dei ruderi, più si accorciava la strada più erano chiare le urla e le voci che udivo, arrivato vicino i gradini d’ingresso vidi uno spettacolo raccapricciante dove le mura ormai consumante dal tempo e logore ospitavano i resti delle teste di non so quale natura, quello che sembrava essere originariamente un tempio o simile era ridotto quasi ad un cimitero, volgendo lo sguardo sul lato vidi una sagoma che indossava una veste nera e che celava completamente il voto, mi misi in guardia e cercai di capire chi fosse.
Sconosciuto: Mikael Mègas …………. sommo sacerdote di Idior………….
Alle parole rimasi immobile, continuai ad ascoltare ammutolito.
Sconosciuto: *risata* troppo tempo hai impiegato per raggiungere questo luogo, stolto, non credevo fossi cosi succube di chi ha oltraggiato la tua vera natura, plagiato da una massa di timorati che professano false verità caratterizzate dall’ipocrisia.
Chiare le intenzioni del mio interlocutore inizia a brandire il maglio e invocare le theurgie divine per bandire il male e punire ma……
Sconosciuto: *parole a bassa voce non comprensibili*
Venni bloccato e reso inoffensivo da creature evocate da cui non riuscivo a liberarmi.
Sconosciuto: bene, adesso io non farò né dirò più nulla, tu sarai il fautore del tuo destino, ma io ne sono già a conoscenza, adesso andrò via ma tornerò appena sarà il momento giusto, tutto è già scritto e tutto è già deciso.
Davanti i miei occhi quella figura sparì, insieme ad essa anche le creature che mi avevano immobilizzato scomparvero polverizzandosi, allora voltai le spalle a tutto ed entrai dalla metà del cancello che lasciava aperto l’ingresso, guardando intorno tra le teste vidi una pozza di sangue che ancora ribolliva ed accoglieva un libro, decisi di raccoglierlo e quando lo afferrai la sensazione che avvertii fu di un bacio gelido che mi avvolgeva, il sangue nelle vene si solidificava e mi procurava dolore, vedevo immagini correre davanti i miei occhi, tutto ciò per cui avevo vissuto fino a quell’istante non aveva più importanza, sentivo un nuovo potere che mi pervadeva e risvegliava in ogni angolo del mio animo fino a quel momento sopito un potere oscuro ed illimitato, ogni istinto primordiale veniva ripristinato, non mi opposi minimamente a quella trasformazione che mi avvinghiava in maniera così serrata quasi da strangolarmi. Da quel momento tutto cambiò, non fu nuova rinascita ma resurrezione di un morto fino a quel momento ritenuto vivo.
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