L'incontro --- Parte 3°
Mi voltai disperato, ansimando. Eravamo in cima a una torre quadrata, non più ampia di cinquanta piedi. E non vedevo nulla di più alto in nessuna direzione. La figura mi fissava, ed emetteva una risata sottile, simile al bisbiglio di poco prima.
«Uccisore di Demoni», ripeté.
«Che cosa vuoi da me?» chiesi. «Chi sei?»
Calò il Cappuccio, «Mi presento Sono Leyla La Marten. Figlia di Zolthan....piccolo, forte, coraggioso Uccisore di Demoni», mi disse la figura con una voce più sonora e profonda.
«Oh, Idior, aiutami, aiutami...» dissi mentre indietreggiavo. Mi pareva impossibile che quella faccia si muovesse, mostrasse un'espressione e mi guardasse con tanto affetto. «Idior!»
«A quale dio alludi, Uccisore di Demoni?» chiese l'essere.
Gli voltai le spalle e proruppi in un ruggito terribile. Sentii le sue mani chiudersi sulle mie spalle come oggetti forgiati di metallo, e mentre piombavo in un'ultima, frenetica resistenza, mi fece girare con vio¬lenza in modo che mi trovai con i suoi occhi davanti, spalancati e scuri, mentre le labbra erano chiuse e tuttavia ancora sorridenti. Quindi si chinò e io sentii la puntura dei denti nel collo.
E da tutte le fiabe dell'infanzia, le vecchie favole, tornò alla mia memoria il nome, come un animale annegato che risalga alla superficie dell'acqua nera e si liberi nella luce.
«Vampiro!» proruppi in un ultimo grido convulso, e respinsi l'essere con tutte le mie forze.
Poi vi fu un silenzio. L'immobilità.
Sapevo che eravamo ancora sul tetto. Sapevo che l'essere mi teneva tra le braccia. Tuttavia sembrava che fossimo saliti e avessimo perso ogni peso e ci muovessimo nell'oscurità ancora più agevolmente di prima,
«Sì, sì», avrei voluto dire. «Esattamente.»
E un gran fragore echeggiò tutto intorno a me e mi avviluppò; forse era il suono di un gong immenso, battuto con grande lentezza e in un ritmo perfetto. Il suono mi pervadeva, e provavo un piacere straordi¬nario che mi si diffondeva in tutte le membra.
Le mie labbra si muovevano, ma non ne usciva il minimo suono; nondimeno, nulla aveva importanza. Tutte le cose che avevo desiderato dire nella vita mi erano chiare, e questo era ciò che contava... anche se non veniva espresso. E c'era tanto tempo, tempo per dire qualunque cosa e fare qualunque cosa. Non c'era nessuna urgenza.
Estasi. Pronunciai quella parola e mi parve chiarissima, sebbene non potessi neppure muovere le labbra. Mi accorsi che non respiravo più. Tuttavia c'era qualcosa che mi faceva respirare. Respirava per me, al ritmo del gong che non aveva nulla a che fare con il mio corpo; e io amavo quel ritmo, il modo in cui continuava all'infinito, e non dovevo più respirare né parlare né conoscere qualcosa....
Cioe che fino ad allora era stata la mia vita mi passò davanti, mio padre Samuel, mia sorella Sissy, mia madre, Barto....
Mia madre mi sorrise. E io dissi: «Ti amo...» e lei disse: «Sì, sem¬pre, sempre...» Ero seduto nella biblioteca di Magincia e avevo sedici anni, il monaco mi diceva «Un grande studioso», e io aprivo tutti i libri e potevo leggere tutto. Le lettere mi¬niate erano di una bellezza indescrivibile, e io mi voltavo verso i miei uomini, che in suo nome avevo guidato in battaglia, Disse «Uccisore di Demoni», e Barto corse verso di me, supplicandomi di tornare. Aveva il volto colmo d'angoscia, i capelli scomposti, gli occhi orlati di sangue. Cercò di afferrarmi. Io dissi: «Bart, stammi lontano!» e mi resi conto, con una sofferenza concreta, che il suono del gong svaniva in lontananza.
Gridai. Implorai. Non smettere, ti prego, ti prego. Non voglio... non voglio... ti prego.