Il racconto del Prode Desmond
Dai registri della Reale Accademia di Britannia.
Non sono pazzo! Di questo ne sono sicuro, o almeno credo. Ne ero convinto fino a questa mattina, il terribile momento in cui all’improvviso il mondo è finito a gambe all’aria. Vi prego di ascoltare la mia storia, di non giudicarla fino a quando non avrete udito il suo finale, che ci riporta qui, al nostro incontro...
Tutto ebbe inizio, come vi ho annunciato, questa mattina, poco dopo le prime luci dell’alba. Come forse vi dissi al nostro ultimo incontro, alcuni anni or sono alla corte di Lord British, vivevo con la mia famiglia al confine nord-orientale della valle di Britannia a poca distanza dalle paludi che separano la capitale dai territori delle tribù nomadi dei Fremen del deserto. Non so perché continuo ad abitare in quella casa, dopo la terribile dipartita della mia amata moglie e del nostro fanciullo, probabilmente è perché li sento ancora aleggiare all’interno di quelle fredde stanze come se non fosse mai successo nulla. Ma non è di questo che intendevo parlarvi.
Stavo ammucchiando le zucche, dividendo quelle buone dalle poche guastate dalle piogge dei giorni scorsi… Dovreste vedere che zucche, son così gonfie che paiono pronte ad esplodere da un momento all’altro! Ehm, giusto… Ancora una volta divago, perdonatemi.
Comunque, mentre ero intento ad accatastarle con cura, ho veduto un cerbiatto che mi fissava in lontananza. Lo avevo già visto qualche giorno prima, doveva essere il cucciolo di una cerva che mesi addietro avevo inseguito per il bosco. Fu una caccia molto impegnativa che mi occupò per una giornata intera nel folto della foresta che dalle montagne si stende fino alla città di Britannia. Tuttavia sono un abile cacciatore, modestamente, e poco prima del tramonto raggiunsi la cerva solo per rendermi conto che era gravida e stava ormai per partorire. Forse pensai alla mia povera moglie ed al mio figlioletto, e decisi quindi di lasciarla vivere e risparmiai così anche la vita alla giovane creatura che stava portando in grembo. Forse avrei dovuto essere meno caritatevole invece, quel giorno avrei potuto fare del bene al mio stomaco ed al mondo intero, ed invece provai pietà.
Per tornare a noi, questa mattina il cerbiatto venne verso di me e per qualche istante pensai di recuperare qualcosa per nutrirlo -magari un poco di quel latte della vecchia Isolde che avevo munto pochi minuti prima- ma non ero pronto a quello che stava per succedere! Il cucciolo sbuffò nervosamente e saltò verso di me, le “fauci” se così possiamo definirle pronte ad azzannarmi! Oh, per Idior, non è possibile che stia veramente parlando di una creatura del genere in tale modo.
Ne seguì una lotta dura, come se stessi affrontando un possente drago o un demone dell’abisso. Ed era davvero vigoroso: con la mia accetta lo colpii più e più volte, ma senza abbatterlo definitivamente, e vi giuro che con la metà di essi avrei abbattuto davvero un drago di medie dimensioni! Fu allora, quando credetti di non riuscire nell’impresa che tentai il tutto per tutto ed evocai le parole arcane che un tempo tentaste di insegnarmi con tanta caparbietà, maestro. Ancora adesso risuonano, scoppiettanti di potere nella mia testa… Kal vas Flam! E la creatura corrotta fu ben presto avvolta in una colonna di fuoco incantato.
Completamente ustionato il cerbiatto si accasciò a terra morente, e con esso vidi morire anche la sua povera madre. Che pena provai in quell’istante!
Non esitai un minuto, maestro, e mi preparai per raggiungervi e raccontarvi questa mia strana avventura. E non è tutto, sulla strada per raggiungervi, diversi animali mi hanno attaccato allo stesso modo. Tutti avevano una sorta di ghigno malefico ed erano mossi da una strana rabbia. Giurerei di aver veduto dolci di zucca attaccati alle loro pellicce, ma ho deciso, lì per lì, di non avvicinarmi tanto da verificare la cosa.
Ora sono da voi, maestro Zanadriel, ditemi quindi: mi credete pazzo?