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Racconti e avventure dedicati al mondo di Ultima Online Italia Reborn
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STORIE e LEGGENDE di Sosaria 11 Dec 2016 15:57 #1

  • SoulofUOI
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Illustri colleghi,

In questa libreria potrete conservare le pergamene contenenti STORIE, testimonianze e racconti che ancora necessitano di una verifica circa la loro autenticità e fino a quando non saranno considerate autentiche, sia nel contenuto che nelle fonti, verranno classificate come semplici LEGGENDE.



Lady Mariah,
Gran Maestro dell'Antico Lycaeum e Primo Custode del Sapere

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Last edit: by SoulofUOI.

STORIE e LEGGENDE di Sosaria 13 Dec 2016 23:07 #2

  • ISoadI
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mi scuso in anticipo per eventuali errori di battitura/grammaticali che mi potrebbero essere sfuggiti

Lady Mariah, Le scrivo questa mia per informala di una meravigliosa scoperta. Qualche giorno fa' mi trovavo nel tempio di Papua, più precisamente nei piani inferiori accessibili solamente da Necromanti e Ministri, rovistando fra vecchi tomi oscuri. Fra i molti che mi capitarono sottomano ve n'era uno che nella sua semplicità, era un semplice tomo rilegato in pelle ruvida senza neanche un titolo, attirava il mio interesse; incuriosito, lo aprii.

Mai scelta fu più giusta , la narrazione della nascita di uno degli esseri più misteriosi ed affascinanti della terra di Sosaria era racchiusa al suo interno!

<< Tempo addietro un chierico ed un necromante, oramai stufi di essere dei semplici " catalizzatori " del potere divino, decisero di unire le loro conoscenze per eseguire un rituale mai tentato prima: i due stolti volevano evocare gli antichi Dei, rispettivamente Idior e Elhoim, per intrappolarli ed imbrigliarne il potere, al fine di divenire una sorta di semidei a loro volta.

Per mesi agirono nell'ombra, trasportando il materiale necessario per attuare il rituale, rubandolo delle volte all'Oscura Congrega e altre alla Sacra Chiesa. Il punto che ritennero ideale fu il deserto al di sopra della città di Papua, luogo che nelle antiche leggende era descritto come quello nel quale avviene l'apertura del portale che diede luogo al grande disastro.

Dopo un lungo lasso di tempo i due riuscirono ad ultimare i preparativi, per la prima volta i simboli di vita di Idior si incrociavano a quelli di morte di Elhoim. Quando la luna raggiunse il suo apice il necromante ed il chierico diedero luogo al rito, inspiegabilmente i due Dei risposero al richiamo dei rispettivi adepti, palesesandosi per la prima volta l'uno affianco all'altro. È fu in quel momento che la trappola scattò: i circoli alchemici attorno all'altare si illuminarono di un colore misto fra un bianco alabastro e un rosso cremisi, due enormi gabbie di energia pura imprigionarono i due Dei, infiniti dardi di energia li colpirono, stordendoli per qualche secondo. In quel minuscolo lasso di tempo i due ( i quali nomi purtroppo erano assenti ) tracciarono due circoli ai loro piedi, collegati fra loro e alle gabbie che imprigionavano le divinità. I simboli smisero improvvisamente di brillare. Fulmini caddero proprio sulle teste dei due uomini. Un silenzio innaturale, anche per un deserto, aleggiava nell'aria. I due pazzi avevano avuto successo, il rituale era riuscito ! Avevano ottenuto conoscenze che mai avevano credute possibili fino a qualche attimo prima ! Ai due bastava interrogare la rispettiva mente per ottenere risposte illimitate !

Increduli del potere ottenuto entrambi avevano tralasciato un effimero particolare... Due creature dalla forma eterea ma vagamente umana li stavano fissando con occhi di cenere. Elhoim era infuriato, stava quasi scagliandosi contro i semidei quando Idior lo trattenne. Essi ebbero una discussione in una lingua sconosciuta, al termine della quale gli Dei comunicarono agli ormai tremendamente spaventati adepti un messaggio molto chiaro: ' Per quanto voi meritereste la morte oggi avete dato prova di una conoscenza e scaltrezza tali che porre fine alle vostre vite sarebbe quasi uno spreco. Da oggi in poi sarete rinchiusi in una dimensione parallela a questa e solamente i condottieri più valorosi avranno l'onore di combattervi, essi dovranno collezionare sei oggetti sparsi in queste terre e costudito da mostri spaventosamente potenti. Come ultima punizione per il vostro affronto vi priveremo delle vostre forme umane: tu Chierico diventerai un dragone, mentre tu Necromante diverrai un demone che lo cavalcherà ! Ed ora addio stolti, che voi possiate essere d'esempio per chiunque altro voglia provare a replicare la vostra impresa ! '.

In un battito di ciglia le quattro creature scomparirono e con esse anche tutto ciò che concerneva il rituale: l'altare e sei pilastri in pietra erano tutto ciò che rimaneva.

Nel deserto di Papua era ritornata la Pace. >>

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STORIE e LEGGENDE di Sosaria 18 Dec 2016 02:26 #3

  • neogenesy
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Considerato che la sintesi non è una delle mie migliori doti, specialmente riguardo al gdr, quello che è partito un po' come un "diletto" a tempo perso, si sta lentamente trasformando in un racconto più lungo ed articolato del previsto.
Esso sarà, indicativamente, composto da: prologo, 3 atti ed epilogo; considerata la lunghezza, ho pensato di cominciare a postare i singoli "capitoli" man mano che li scrivo, aggiornerò di volta in volta questo post per pubblicare i successivi non appena verranno ultimati.
Nella speranza di potervi regalare una piacevole distrazione auguro a tutti voi una buona lettura.

La Fiamma Oscura

Prologo

La fiamma tremolante della torcia illuminava i gradini di solida roccia mentre l'anziano proseguiva imperterrito la sua discesa, il suo passo era incredibilmente atletico per un'uomo della sua età, pensò il ragazzo mentre, silenzioso, si apprestava a seguirlo.

"Ancor mi sfugge quale motivo abbia spinto un giovane come lei a salpare da una terra lontana e ad offrire così tanto denaro soltanto per visitare queste decrepite rovine"

"La tua comprensione non rientra nei nostri accordi, vecchio. Hai avuto il tuo denaro, non ti sarà concesso altro."

L'anziano sospirò profondamente senza neanche voltarsi e le due figure proseguirono la loro discesa nel più assoluto silenzio, rotto soltanto dal rumore dei loro passi ed il frusciare dei loro mantelli contro la fredda pietra.
Giunti in fondo alla lunga scalinata entrarono in un'ampia sala immersa nella più completa oscurità; qui il vecchio cominciò a costeggiare il muro a sinistra dell'entrata mentre con la mano dava piccoli colpi alle rocce che componevano la parete finchè una di esse si mosse leggermente non appena l'anziana figura la colpì.
Senza indugiare oltre, egli passò la torcia al ragazzo mentre con entrambe le mani sfilava la pietra dal suo loculo: ciò che l'uomo estrasse dalla cavità nel muro risultà essere un piccolo cristallo azzurro, non più grosso di una moneta d'oro.
Il vecchio fece cenno al ragazzo di avvicinarsi e passò il cristallo in mezzo alla scoppiettante fiamma della torcia più volte sussurrando qualcosa che l'accompagnatore non riuscì a comprendere, dopodichè, si fermò a guardarlo con un'accenno di sorriso sul volto:

"Benvenuto ragazzo..."

L'uomo si voltò di scatto e gettò la piccola gemma verso il centro della stanza e, mentre il giovane si preparava a difendersi come da un'imminente attacco, la stanza venne inondata da un'improvviso bagliore azzurro: al centro di quest'ultima prese vita un timido focolare che, pochi istanti dopo, cominciò a muoversi all'interno di quelli che il ragazzo riuscì a riconoscere come una sorta di canali scolpiti direttamente nel pavimento.
Le fiamme disegnarono un cerchio perfetto per poi dividersi seguendo cinque direzioni diverse dirigendosi verso le pareti della stanza e cominciando a risalirle lentamente finchè il fuoco non accese cinque grossi bracieri appesi al soffitto, prima invisibili, complici della fitta oscurità che pochi istanti prima, attanagliava quel criptico luogo.

Il giovane sfiorò con la mano quelle strane fiamme azzurre, mai prima d'ora i suoi occhi avevan veduto qualcosa di simile; toccandole, scoprì che non solo non emanavano alcun tipo di calore, ma risultavano addirittura gelide al tocco e mentre posava il suo sguardo sulla maestosa statua al centro della stanza, ora perfettamente illuminata, non riuscì a nascondere il genuino senso di stupore che gli colmava l'anima, ma prima che potesse proferir parola, il suo anziano accompagnatore gli posò una mano sulla spalla:

"Benvenuto nella tomba di Lord Saemus Adonai, figlio del Duca Bharamel Adonai di Magincia, Campione dei giusti e Distruttore della Fiamma Oscura!
Un tempo ambita meta di vagabondi esploratori, impavidi avventurieri ed eruditi in cerca di conoscenza."


L'uomo raffigurato sulla statua ostentava una posa da vero cavaliere: sulla sua mano destra teneva salda la pesante mazza, sulla cui impugnatura finemente decorata, scintillava un'enorme zaffiro, mentre sulla sinistra, levata verso il cielo, stringeva una specie di fuoco nero, probabilmente scolpito in BlackRock.
La possente armatura recava inciso l'inconfondibile stemma nobiliare della sua casata mentre il mantello, scolpito in un misterioso materiale bianco come le nevi immortali delle lontane montagne settentrionali, lo avvolgeva in un abbraccio; il suo piede destro, infine, era leggermente avanzato rispetto al sinistro e poggiato sopra ad una roccia, a simboleggiare il suo trionfo.

Il giovane girò intorno alla statua più volte, tenendosi a debita e prevenuta distanza dalle fiamme azzurre che ondeggiavano silenziose, nonostante la recente testimonianza che non gli avrebbero recato alcun male, e dopo aver osservato attentamente ogni dettaglio del mastodontico monumento, tornò ad osservare il suo interlocutore, il quale, ancora manteneva quello strano sorriso sul volto:

"Tu la conosci, vero? Conosci la storia di Saemus e della Fiamma Oscura?"

Il vecchio, senza distogliere lo sguardo, inclinò leggermente il capo in segno di approvazione.

"Narramela"

L'uomo spalancò gli occhi per un secondo mostrando notevole stupore:

"Questa improvvisa richiesta, lo ammetto, mi coglie alquanto impreparato, giovane messere, ma accontenterò il vostro insolente desiderio.
Mi perdonerete, tuttavia, se concederò a questa povera ed attempata anima la libertà di sintetizzare il tutto con poche parole: decenni trascorsi a raccontarla mi hanno privato dell'entusiasmo che, in più giovane età, bruciava nel mio cuore.
Il padre di Saemus, Lord Bharamel, venne improvvisamente colpito da uno sconosciuto male che lo ridusse a lottare per la propria vita; Il giovane e coraggioso Lord Saemus Adonai salpò assieme al fratello maggiore Ingram ed al suo fedele amico d'infanzia Horiom verso la leggendaria Isola dell'Avatar ove, secondo le voci udite, tra le rovine dell'antica Hythloth, la Fiamma Oscura: un'antico manufatto custode di un potente sortilegio, da tempi immemori riposava indisturbata.
Secondo le leggende, questa fiamma, nera come la notte, era in grado di curare qualunque ferita, sia essa fisica o mentale, di colui che la brandiva e, non potendo essere spenta in alcun modo conosciuto all'uomo, proteggere il suo portatore da qualsivoglia pericolo.
I tre si fecero largo nelle tenebre di Hythloth combattendo e sconfiggendo una lunghissima schiera di creature infernali ed esseri al di là di ogni più fervida immaginazione finchè, in una piccola camera situata nelle più recondite profondità della terra, affrontarono il temibile demone Seraph, custode e portatore della Fiamma.
La battaglia che ne seguì, si protrasse per tutta la notte quindi, a seguito del loro trionfo, gli eroi riemersero quando il sole era ormai alto nel cielo e, lesti, ripresero la via verso la propria terra natia; Il tempo impiegato per l'impresa, tuttavia, fu troppo lungo ed una volta tornati a casa, scoprirono che il padre di Saemus aveva esalato il suo ultimo respiro diverse lune prima del loro ritorno.
Una volta elaborato e superato il lutto, i tre campioni si ritrovarono una notte senza luna in una località tutt'ora sconosciuta per decidere il destino della Fiamma Oscura; nonostante la disapprovazione del fratello Ingram e dell'amico Horiom, Lord Saemus Adonai, nella sua precoce saggezza, decise che un simile potere era troppo pericoloso per rimanere su questo mondo, e dopo anni di studi e ricerche, trovò finalmente il modo di estinguere la fiamma per sempre."


Il vecchio chiuse gli occhi per qualche istante ed inclinò il capo verso il basso, cadendo in un teatrale silenzio, come soleva fare per lasciare che il racconto permeasse nelle menti del suo pubblico dopodichè tornò a sorridere:

"Non credevo che a questo mondo esistesse ancora qualcuno, per quanto in giovane età, a non aver mai udito o letto di questa straordinaria leggenda..."

Il giovane fece uno scatto improvviso verso l'interlocutore:

"NON E' UNA LEGGENDA, STUPIDO VECCHIO!"

il suo volto era pervaso dalla furia:

"Potrai anche essere in grado di ingannare gli stolti e gli sprovveduti ma ti ho osservato attentamente: nessuna persona sana di mente troverebbe dimora qui, su questa insulsa isola in mezzo al nulla, soltanto per accogliere i viaggiatori e fargli da mera guida in queste 'decrepite rovine'.
Non sono qui in cerca di ricchezze o conoscenza, stregone, sono qui in cerca della verità!
Ora...narrami la VERA storia di Seamus e della Fiamma Oscura."


Il vecchio rimase immobile a fissare quei bellissimi occhi smeraldo, ora a pochi centrimentri dai suoi, quando la sua ttenzione fu catturata dalla sottile collana argentea, prima nascosta dal lungo mantello del ragazzo, che il furioso scatto doveva aver incautamente rivelato.
Il vecchio mago indietreggiò di qualche passo, attraversò le fiamme bluastre e si sedette alla base della statua di Saemus, sorridendo nuovamente in modo pacato e gentile:

"D'accordo, imprudente ragazzo, calma ora il tuo spirito e prendi posto accanto a me, dunque, lascia che ti racconti la terribile ed oscura realtà da sempre celata dietro al frivolo racconto.
Lascia che ti racconti di Lord Saemus Adonai: della sua speranza, del suo viaggio...e della sua caduta..."



ATTO 1 - La Speranza

Non tutto ciò che è narrato nelle storie corrisponde a verità, così come la realtà, spesso, non si discosta poi tanto dai fantasiosi racconti.

Il destriero sfrecciava rapido tra le strade deserte della città, i cui ciottoli lucidi risplendevano di un bagliore quasi spettrale mentre venivano accarezzati dalla luce della luna, immobile e silente testimone di quella nefasta notte.
Il giovane fantino era chinato in avanti ed accompagnava con il proprio copro i movimenti del cavallo, il suo respiro era corto, pesante, e per poco non perse l'equilibrio mentre svoltava l'angolo per il lungo viale che portava alla sua lussuosa dimora.
Giunto in prossimità delle porte, smontò dal suo fedele compagno equino ancor prima che egli avesse del tutto arrestato la sua corsa e si diresse rapido verso l'entrata dove un paio di servitori attendevano il suo arrivo tenendola spalancata; il ragazzo attraversò il grosso salone senza prestare attenzione alcuna alle due cameriere che, sfoggiando della biancheria colorata che poco lasciava all'immaginazione, si apprestavano a dirigersi di soppiatto verso la stanza dell'incantevole piscina interna della villa.
Precipitandosi su per le scale, voltò infine a sinistra lungo il corridoio e, scostandosi bruscamente la bionda frangia dal viso, entrò infine nella stanza stremato e scomposto:

Padre...

La camera da letto conteneva arredamento degno di un sovrano e le effigi della nobile casata, elegantemente ricamate in oro, adornavano ogni più piccolo particolare; sul massiccio letto al centro della parete opposta all'entrata giaceva un'uomo dalla corporatura robusta, lunghi capelli brezzolati, ed un folto pizzetto che, al contrario, sfoggiava ancora uno scintillante colore dorato.
Non doveva avere più di quaranta cicli, forse quarantacinque, ma le smorfie di dolor e la voce strozzata dall'agonia lo fecero sembrare molto più anziano; la sua mano destra era tenuta salda da una bellissima donna dai capelli color Cenere, visibilmente afflitta dal grave fardello del doversi mostrare forte e risoluta di fronte alle innumerevoli persone che affollavano la stanza.
Non appena vide il giovane, la dama poggiò delicatamente la mano del consorte sulle coperte e gli corse incontro, abbracciandolo:

"Saemus...il tuo bellissimo viso è un dono divino in mezzo a tanta sofferenza. Vieni, ha chiesto di te..."

"Sono giunto più in fretta che ho potuto, adorata madre..."

disse il giovane mentre, tenendola per la mano, si avvicinava al padre malato.
La gente si scostò leggermente per lasciare alla coppia più spazio:

"Padre, sono il tuo giovane figlio Saemus...padre, mi riconosci?"

Prendendo la mano del malato, Seamus posò gli occhi, senza nascondere il disgusto, sulla terribile macchia nera presente poco sopra il polso del padre; era ripugnante: simile a pelle carbonizzata, sembrava quasi vibrare leggermente, mostrando di quando in quando un sinistro riflesso violaceo che spariva negli istanti subito successivi.
L'uomo voltò la testa con quello che sembrò essere un'enorme impegno e si sforzò di parlare:

"...S-S-Saemus....."

Le poche lettere pronunciate furono interrotte da un tremendo urlo di dolore mentre il suo corpo si contorceva in maniera innaturale come una marionetta bruscamente gestita da un'infante, con gli occhi spalancati l'uomo tese dunque la mano in direzione di un distinto messere appoggiato al muro della stanza che si teneva le mani sulle orecchie per cercare, almeno in parte, di attutire quegli orribili suoni, mentre gli occhi erano lucidi per le lacrime versate, forse, in precedenza.
Era Lord Lhoriat, un vecchissimo amico del padre, che molti anni prima aveva trovato alla deriva vicino alle coste dell'isola di Magincia, dove vivevano, mentre era impegnato in una delle frequenti battute di caccia notturna nelle quali si dilettava.
Privo di ricordi, lo sconosciuto fù in grado di ricordasi soltanto il suo nome ed alcuni frammenti di un terribile naufragio a seguito di una maestosa tempesta; una volta accolto nella sua principesca villa, il Duca Bharamel, padre di Saemus, lo fece accudire al meglio dalla sua numerosa servitù e, a guarigione avvenuta, rimase talmente colpito dalle incredibili capacità di gestione ed organizzazione dei lavori e del personale, nonchè delle doti magiche mostrate dallo sventurato, da offrirgli una dimora permanente all'interno della stessa villa ducale con il titolo ufficiale di 'Mago di corte', d'altronde si sà, agli occhi della gente comune, l'idea di avere un mago personale a corte garantiva un certo senso di importanza.

Lhoriat si avvicinò e prese la mano dell'amico malato portandosela sulla guancia ma Saemus la riadagiò lentamente sul suo petto:

"Riposa ora, padre. Troveremo un modo per alleviare le tue ingiuste pene."

Il ragazzo si eresse sulla schiena e, mentre si voltava per uscire dalla stanza, prese Lhoriat dal costoso mantello che ostentava e lo trascinò con sè, subito seguito dal fratello maggiore e dalla sorella minore, che rischiuse la porta alle proprie spalle.
Saemus lasciò andare la presa e si rivolse all'uomo:

"In nome di tutto ciò che è sacro, che cosa è successo, Lhoriat?"

Il mago sembrava confuso, con lo sguardo rivolto verso la porta chiusa dietro alla quale giaceva la persona a cui lui doveva tutto, soggiogato dal tormento, poi si spostò sul giovane mentre i suoi occhi tradivano il suo tentavio di mostrarsi rigido e rassicurante, versando nuovamente amare lacrime di dolore:

"...Mio caro, miei cari: Saemus, Ingram...mia dolce, dolcissima Sirenis. Quale terribile peso deve essere per voi questa visione."

Saemus scansò la mano che l'uomo cercò di appoggiare sulla sua spalla e parlò ricolmo di struggente rabbia:

"Le frasi di circostanza non sono ciò che al momento desidero, che-cosa-sta-succedendo-a-nostro-padre! Sei uno degli stregoni più potenti che io abbia mai conosciuto, dovrai pur sapere qualcosa."

"Ah...la tenera ingenuità della giovinezza, con gli anni imparerai che esistono numerosi maghi e stregoni, il cui potere supera di gran lunga ogni mio desiderio o sogno.
No figliolo, mi dispiace: le mie conoscenze arcane non sono sufficienti per spiegare quanto accaduto.
Ero immerso nello studio di uno dei miei tomi quando sentimmo vostro padre urlare, lo trovammo supino per terra che si dimenava e si teneva il braccio sul quale era comparsa questa strana e malefica macchia nera.
Credimi, ho già sfogliato tutti gli antichi scritti e le pergamene in mio possesso alla ricerca di una soluzione che, malgrado tutto, ancora non si è palesata."


I tre ragazzi abbassarono la testa quasi contemporaneamente in segno di disperazione mentre la giovane sorella Sirenis cominciò a singhiozzare; il fratello maggiore Ingram si fece avanti deciso e si rivolse allo stregone:

"Aiutaci, Lhoriat...te ne supplico."

L'uomo accarezzò il volto rigido del giovane e gli sorrise:

"Adorato Ingram, se io potessi fare qualcosa, qualsiasi cosa per liberare vostro padre da tutta questa sofferenza..."

Il suo volto si fece serio tutto d'un tratto:

"Di qualunque cosa si tratti, questo male va ben al di là di ciò che, a noi umani, è concesso di conoscere.
Per questo motivo non posso indugiare oltre, devo partire immediatamente se vogliamo avere una speranza di salvare Duca Bharamel."


Il mago prese a camminare velocemente e scese le scale della villa diretto verso il cortile esterno, seguito frettolosamente dai tre ragazzi, visibilmente disorientati.

"Frena il tuo passo, dove stai andando?"

"Se il mio intelletto non mi tradisce, e raramente se lo concede, le nostre mere conoscenze umane non contengono le risposte alle nostre domande, figlioli.
Qual'ora esse esistano, risiedono in coloro la cui esistenza va ben oltre la nostra. *Kal Ort Por*"


L'uomo si voltò un'ultima volta verso i ragazzi, sorridendo pacatamente:

"Prendetevi cura di vostro padre, tornerò presto.""

dopodichè sparì come risucchiato da una forza invisibile.

Il via vai che seguì nei giorni successivi fu qualcosa di estremamente arduo da descrivere, e mentre per le vie della città la gente cominciava a mormorare riguardo la presunta malattia che aveva colpito il loro amato Duca, una lunga schera di maghi, stregoni, curatori e uomini religiosi, provenienti da tutto il regno, convocati dai familiari di Bharamel, si susseguì alla disperata ricerca di una possibile cura.
Nessuna di quelle brillanti menti riuscì, tuttavia, a trovare una soluzione adeguata ma ciò non sembrò sorprendere il giovane Saemus, che nel frattempo spendeva le sue giornate seduto sulla soglia della dimora, in attesa.

Dopo otto lunghe lune, una sagoma curva e visibilmente provata apparve sul lungo viale della villa. Saemus trattenne il fiato per qualche secondo prima di riconoscere Lhoriat proprio mentre quest'ultimo crollava sul terreno.
il giovane corse verso l'amico e lo aiutò a sedersi: sul volto recava i segni di quella che sembrava essere stata una dura battaglia, le vesti erano luride e strappate in più punti e mostravano la sua gamba destra ricoperta di sangue.

"Lhoriat, amico mio, cosa ti è successo? Quali notizie porti?"

L'uomo sollevò il capo lentamente:

"Nessuna notizia, amato figliolo. Quello che porto...è una speranza..."

Così dicendo, il mago perse completamente i sensi e sprofondò in un lungo, meritato riposo.


ATTO 2 - Il Viaggio

Il vento gelido soffiava tra i suoi biondi capelli mentre, immerso nei suoi pensieri, Saemus osservava il ponte della scricchiolante nave sulla quale si trovava: non era eccessivamente grossa ma era sufficientemente robusta per affrontare il viaggio in tranquillità e certamente, non vi era nè il tempo, nè il desiderio di sollevare lamentele a riguardo.

Di vita certo non se ne ebbe mancanza su quell'imbarcazione: l'equipaggio intonava qualche popolare canto marinaresco mentre era impiegato nelle più disparate mansioni che spaziavano dal cazzare funi allo stringere nodi fino al semplice lavaggio delle assi che componevano il pavimento.
Ingram sfoggiava un fisico più che mai invidiabile mentre, privo di qualunque abito al di sopra della cintola e con il corpo gocciolante un po' per il sudore, un po' per gli schizzi che occasionalmente lo colpivano al beccheggiar della barca, si rendeva utile ai marinai in qualunque modo possibile nonostante la sua totale ignoranza in termini di navigazione.
Sulla breve scalinata che portava al timone era invece adagiata la sua giovane e bellissima sorella Sirenis: i suoi capelli, raccolti e tenuti assieme da un vivido nastro lilla, riflettevano la luce del sole donandole un colore dorato degno del più ricco campo di grano.
Ella sedeva composta ed elegante, come si addice ad una giovane ragazza nobile del suo pari, seppur il suo liscio viso era inebriato da una genuina naturalezza che, pensò Saemus, troppo sporadicamente si riusciva ad incontrare negli ambienti di corte.
Sorrideva vivacemente mentre un giovane davanti a lei era intento a mimare gesti, probabilmente la caricatura ironica di qualcuno, in quello che sembrò essere senza dubbio un'interessante escurso.

Il suo nome era Horiom, colui che, tra le innumerevoli persone incontrate nel corso degli anni, era senza dubbio l'amico più fedele ed intimo che un ragazzo come Saemus potesse desiderare; la sua via di fuga preferita dalle noiose routine nobiliari e dal generale clima di freddezza e distacco tipico di quella realtà nonchè la sua ancora di salvezza nei periodi più tetri come quello in cui si trovavano.
Saemus conobbe questo vivace ed ottimista ragazzo in tenerissima età, quando occasionalmente accompagnava il mago Lhoriat durante i suoi rifornimenti di materiale e reagenti arcani nella bottega magica di Magincia: figlio del padrone di quest'ultima, Horiom si mostrò subito entusiasta di fare la sua conoscenza, ma ciò che colpì maggiormente la sua attenzione, fu la spontaneità con la quale si proponeva, incurante di qualsivoglia discendenza o rango sociale il suo interlocutore potesse vantare; egli non trattò Saemus con il ridondante, vellutato rigore dovuto al giovane figlio del Duca Bharamel Adonai, ma come suo semplice pari.
Con il passare degli anni, le visite alla bottega si fecero più frequenti e, mentre le famiglie instauravano quello che si sarebbe rivelato un lungo rapporto di commerci, amicizia e reciproco rispetto, i due ragazzi crebbero fianco a fianco combinando le più emozionanti bravate concesse alla loro tenera età finchè il loro legame non si trasformò in qualcosa di indissolubile, tanto profondo da far soppesare più volte la loro presunta sessualità a più di una persona, fosse essa un familiare o sconosciuta.

Horiom notò lo sguardo teso dell'amico e, congedandosi con un profondo inchino dalla giovane dama, che con grazia si ritirò sottocoperta, lo raggiunse appoggiandosi al parapetto di prua:

"Sapevo che un giorno ti avrei visto sfoggiare la scintillante armatura di tuo padre, amico mio; ti dona senza dubbio un discreto riflesso di maestosità e prestanza.
Io, d'altro canto, innumerevoli volte ti ho visto nella più completa nudità e posso affermare con dovuta certezza che questa qualità, tristemente, ancora ti sfuggono."


disse il giovane mago con un largo sorriso carico di sarcasmo.
Saemus rise mentre con il pugno chiuso colpì la spalla dell'amico tuttavia, oltre il sottile velo di scherno, il giovane mago aveva ragione: egli aveva deciso di indossare l'armatura paterna in segno di rispetto e dedizione alla causa per la quale si erano imbarcati in primo luogo, ma in cuor suo aleggiava un leggero senso di insicurezza e non si sentiva completamente degno di poter calzare quella massiccia testimonianza di raffinata arte fabbra.
Il ragazzo si sistemò il fluente e candido mantello, donatogli tempo addietro dagli immortali Elfi Silvani delle sconfinate foreste di Yew in segno di mutuale amicizia, e si voltò a scrutare l'orizzonte: tutto intorno era nient'altro che un'infinita distesa di acque profonde ed il lungo silenzio che seguì diede ai due la calma necessaria per riorganizzare i pensieri.

"Tu credi che esista?"

Horiom assunse un'aria grave, cosa alquanto inusuale per il suo carattere, ma il suo tono rimase amichevole e pieno di speranza:

"Ci è concessa forse altra scelta?"

"E sarai al mio fianco, qualunque sia la sorte a noi destinata laggiù?"

Il mago si voltò verso l'amico posandosi una mano sul petto con un'espressione a metà tra lo stupore e lo scherno:

"MI è concessa forse altra scelta?"

I due si concessero una fragorosa risata e non si accorsero della figura appollaiata sulla cima dell'albero maestro che li osservava silenziosa.

Tutto era successo molto in fretta da quando Lhoriat era ritornato ferito ed esausto cinque notti prima: in seguito ad un lungo riposo, il mago aveva ripreso, almeno in parte, il suo normal vigore ed era pronto a rispondere alle numerose domande che, sapeva, i ragazzi gli avrebbero posto.
Saemus ed Ingram cercarono fino all'ultimo di reprimere i loro impulsi e lasciare all'ormai veterano stregone il tempo necessario per riprendersi completamente, ma in fin dei conti, le agonie del padre ancora permanevano ed, anzi, si facevano oltremodo più intense con il passare dei giorni; pertanto, appena la servitù gli recò la notizia che Lhoriat si era destato, si precipitarono a rotta di collo dentro alla sua camera, impazienti di conoscere l'esito del suo viaggio.

"Lhoriat! Come ti senti? Che cosa è successo?"

esclamò Saemus quando ancora non aveva completamente varcato la soglia.

"Ci hai fatto preoccupare, incosciente di un mago!"

gli fece eco Ingram.
Il mago, visibilmente annebbiato e confuso, venne travolto dall'abbraccio dei due giovani ricadendo di colpo sul letto dal quale aveva appena sollevato la schiena:

"Fratelli miei, un po' di rispetto, ve ne prego! Comprendo e condivido l'angoscia dei vostri cuori, ma Messer Lhoriat ha senza dubbio affrontato un duro viaggio: un briciolo di tranquillità non potrà che giovargli."

I due fratelli si accorsero, come d'incanto, della loro incauta azione e si eressero sulla schiena inchinandosi in segno di scuse mentre la graziosa Sirenis si sedette accanto allo stregone sul letto, porgendogli una tazza di bollente tisana; Lhoriat sorrise divertito ed accarezzò il volto della ragazza:

"Mia dolcissima Sirenis, premurosa e piena di amore come sempre.
Apprezzo la tua preoccupazione ma non volerne ai tuoi impetuosi fratelli, la situazione è più grave del previsto ed il tempo è meno di quanto ciascuno di noi avrebbe potuto immaginare, concesso non mi sarà il lusso di riposare oltre: avete una fitta nebbia di dubbi e domande che affollano i vostri aggravati cuori ed è tempo che io la diradi."


Saemus aiutò il mago ad alzarsi del tutto e ad infilarsi il suo grosso cappello; si era sempre domandato come mai gli stregoni fossero così maniacalmente attaccati ai loro cappelli, tutti tranne Horiom ovviamente, lui d'altronde doveva sempre essere l'eccezione alla regola.
Tutti insieme cominciarono a passeggiare fino a raggiungere il cortile esterno della tenuta:

"Nostra sorella ha ragione, Lhoriat, meriti un po' di quiete dopo il tuo brusco ritorno, tuttavia, credo nessuno di noi, lei compresa, possa fare a meno di chiedersi cosa ti è accaduto."

Il mago si sedette su di una panchina di arenaria accanto ad un grosso ciliegio in fiore e sospirò assumendo un'espressione cupa:

"Dopo la nostra dipartita di quella notte, ho viaggiato fino alla città di Britannia, ove facendo appello a numerose conoscenze e riscattando vecchi favori, ho rimediato un passaggio fino al lontano Nord.
Qui, non con poche difficoltà devo ammettere, mi sono infiltrato nelle antiche biblioteche vampiriche: culle eterne di conoscenze da tempo perdute.
Oh...se solo i vostri occhi avessero potuto vedere la magnificenza di quel luogo: librerie ricolme di sapere che si estendevano fin dove la vista può giungere.
Spesi diverse ore tra i tomi impolverati alla ricerca di un indizio, fosse esso lampante od insignificante, che potesse spiegare quanto stava succedendo, la mia ricerca venne ulteriormente rallentata quando, per evitare di farmi scoprire dalle antiche creature, dovetti sgattaiolare fuori più volte per poi reintrodurmi durante i giorni successivi.
Lo trovai, infine: un tomo nero senza nome relegato in uno dei più reconditi e nascosti scaffali di quell'infinito paradiso.
Immerso profondamente nella lettura e nei miei pensieri, sono stato colto alle spalle da uno dei guardiani di quel luogo: tentai di ragionare con lui e di spiegare il mio operato, ma le mie mortali ragioni, ad onor del vero, non suscitarono il minimo interesse nell'immortale creatura."


Il mago sorrise indicando la sua gamba che ancora mostrava i lividi anche se la ferita sanguinante era stata ormai richiusa.

"Questo spiega le numerose ferite presenti al tuo ritorno a casa."

Lhoriat annuì tristemente:

"Prestate attenzione al consiglio di un ingenuo, figlioli: se mai nella vostra lunga vita doveste imbattervi in una, o più, di quelle creature: fuggite, fuggite e non voltatevi mai indietro."

Il volto dei ragazzi era pieno di stupore misto ad ammirazione:

"Hai provato a combatterlo? E l'antico tomo?"

il vecchio esplose in una risata:

"C'è saggezza nelle tue parole: ho provato...a combatterLI!
Il guardiano richiamò velocemente una schiera di suoi simili mentre io, impotente, dovetti darmi alla fuga e nei giorni seguenti continuai a viaggiare di nascondiglio in nascondiglio cercando di disperdere le mie tracce.
Il tomo nero riposa ancora in quel lontano luogo, ma non disperate figlioli, ho avuto abbastanza tempo per leggere in modo abbastanza approfondito il suo contenuto...e non è una storia di cui ci si può facilmente dimenticare.
Il polveroso libro narrava la leggenda di un pericoloso e potente artefatto chiamato La Fiamma Oscura: molte delle sue pagine erano ormai troppo sbiadite per essere comprese e molte altre ancora erano state rozzamente strappate, ma gli indizi sparsi in mezzo al racconto mi fanno presagire che si tratti di qualcosa di molto antico ed estremamente malevolo; qualcosa che risale a molto prima del Grande Cataclisma...a molti SECOLI prima, quando eterne creature ormai perse nell'oblio affrontarono una gloriosa battaglia contro le armate del demone Seraph, l'immortale creatore della Fiamma Oscura.
Quest'arma veniva descritta come un fuoco nero come la notte più cupa, pervaso da riflessi violacei: impossibile da spegnere, il suo calore non poteva essere alleviato in alcun modo e, alla stregua di un'essere vivente simile ad un parassita in simbiosi con il suo creatore, era capace di marchiare le sue vittime per poi consumarne la forza fisica e mentale, tra atroci sofferenze, per canalizzarle poi verso il suo padrone facendogli dono di un sempre crescente potere.
I dettagli della battaglia di cui ho parlato poc'anzi erano confusi ed oltremodo vaghi, ciò che invece fu chiaro come la luce del limpido mattino è che fu un'evento di proporzioni inimmaginabili: Gli Alati, così il libro chiamava le creature impegnate in quel conflitto, riuscirono finalmente a sconfiggere il demone Seraph sulla terra ora a noi conosciuta come Isola dell'Avatar, ma non potendo disfarsi completamente del malefico strumento di morte, eressero un'immensa struttura sotto le montagne vicine, al fondo della quale, sigillarono la Fiamma per sempre, proteggendola con un complesso sistema di trappole mortali al fine di scongiurare qualunque futuro pericolo.
Nel corso dei secoli, tuttavia, il potere della Fiamma persistette attirando a sè ogni sorta di creatura vivente nelle vicinanze, deformandola e corrompendola, e popolando così il complesso con un'inifinita schiera di amenità."


I ragazzi si scambiarono uno sguardo complice che non sfuggì all'attento occhio dello stregone:

Credo che voi siate giunti con estrema facilità alla stessa deduzione che illuminò la mia mente in quell'istante: credo fermamente che la portentosa struttura eretta dagli Alati altri non è che il labirinto sotterraneo di Hythloth.
Se dovessimo tenere fede alla leggenda, colui che viene marchiato dalla Fiamma Oscura può essere liberato soltanto dal portatore della Fiamma stessa, che disporrebbe del potere necessario per 'comandarle' di restituire allo sventurato tutte le energie a lui sottratte e di sciogliere il marchio su di lui impresso."


Saemus si voltò di scatto verso una donna della servitù che, poco distante, era intenta a curare le numerose piante del cortile:

"Meredith, lesta, invia un messaggero al porto: digli di recuperare un'imbarcazione robusta e di prepararla per una lunga traversata!"

La donna annuì e corse via obbediente sparendo dietro agli archi che separavano il giardino dall'atrio mentre Lhoriat afferrò il giovane per un braccio:

"Frenerei il tuo arrogante impulso, giovane Saemus.
Sebbene io vi abbia narrato questa incredibile storia, le possibilità che essa sia in qualche modo correlata alla sorte del vostro beneamato padre sono remote, figliolo.
Si, certo, molti dei dettagli di cui vi ho appena parlato sembrano corrispondere, tuttavia, troppe sono forse le incognite legate a questa impresa e non meno le discordanze che possiamo riscontrare."


"Al diavolo le incognite Lhoriat! Nostro padre soffre ormai da diverse lune, e se le remote possibilità di cui tu vai blaterando si riducessero anche solo ad una, niente al mondo mi impedirà di giocare la mia mano con la sorte.
Tu stesso recasti la notizia di una speranza quando tornasti qui! Vuoi forse rimangiare le tue parole?"


"Se anche volessimo credere al racconto, una persona può essere marchiata dalla Fiamma Oscura soltanto entrandone in diretto contatto e, per quanto vostro padre fosse un'impavido cavaliere, mai in vita sua si spinse in una terra così remota, dubito fortemente che abbia potuto imbattersi in questo misterioso potere: senza dubbio ne avrebbe proferito parola con almeno alcuni dei presenti , se non tutti noi.
E' vero, fui il primo a parlare di speranza, perchè nei tempi più oscuri anche il più piccolo ed improbabile barlume può illuminare i cuori degli affranti; ma il raziocinio di cui mi è stato fatto dono mi impedisce di negare la realtà delle cose: la Fiamma Oscura potrebbe trattarsi soltanto di un vecchio, vecchissimo raconto volto a creare emozioni, o forse suscitare terrore, nelle menti di ascoltatori che da tempo hanno abbandonato queste terre."


Il pugno di Saemus si irrigidì notevolmente ed il ragazzo venne pervaso da un senso d'ira quasi incontrollabile, la forte mano del fratello maggiore Ingram si posò sulla sua spalla mentre Sirenis abbracciò il mago:

"Quel che dici è vero, Mastro Stregone, ma il senso di rimorso dovuto ad una rinuncia sarebbe di gran lunga più distruttivo del rischio nell'affrontare l'ignoto di una leggenda; i nostri cuori non potrebbero sorreggere un simile peso."

La ragazza sorrise candidamente mentre il mago osservò la determinazione sui volti dei due giovani ed infine sospirò profondamente:

"Molto bene.
Attenderò il vostro ritorno e nel frattempo farò quanto in mio potere per contrastare il male che il Duca sta tutt'ora affrontando.
Andate, giovani Adonai, e portate alto l'onore del vostro nome!"


"Partiremo con le prime luci del nuovo giorno."

Saemus si diresse all'esterno del maniero e salì il groppa al suo destriero:

"Dove stai andando?"

"Se dovremo affrontare qualcosa di così temibile, fratello e sorella, c'è ancora una persona che il mio cuore desidera al nostro fianco."

I due amici erano scesi sottocoperta dove avevano speso il tempo rimanente ricordando le loro vecchie avventure tra un boccale di birra ed una partita ai dadi quando finalmente udirono l'urlo inconfondibile del timoniere

"Terra in vista!"

Quando risalirono videro dritto davanti a loro l'immensa distesa di terra conosciuta come Isola dell'Avatar, le sue frastagliate coste si scontravano con l'azzurro di un cielo troppo limpido per la nefasta sorte che attendeva i quattro giovani all'interno di quelle maledette lande mascherate da rigoglioso paradiso.
Pochi minuti dopo la barca era ormeggiata a largo mentre loro raggiunsero la spiaggia soleggiata dove, raccolto tutto il necessario, si addentrarono tra gli alberi carici di una ferrea determinazione.
Nessuno di loro seppe dire per quante ore dovettero farsi largo tra il fogliame; costeggiarono l'isola sul suo lato meridionale fino a giungere in prossimità dell'enorme catena di montagne rocciose e lì cambiarono direzione addentrandosi sempre di più verso l'interno fino a raggiungere una massiccia entrata scavata nella nuda roccia: qui, sull'arco sovrastante, videro incise nella pietra poche lettere:

HYTHLOTH

I quattro ragazzi si guardarono negli occhi e si scambiarono un leggero segno di approvazione dopodichè, sguainando le loro armi, cominciarono così la loro lunga discesa nelle fitte tenebre dell'antica montagna mentre il sole si apprestava a trovare riposo oltre l'orizzonte.
Alle loro spalle, una figura sbucò dagli alberi mentre, sollevata a pochi centimetri dal suolo e sorretta da una mistica nebbia, si apprestava a seguirli silenziosa.

Saemus percorreva quei ruvidi gradini ricavati dalla roccia mentre il suo mantello scintillava di riflessi argentei ogni qual volta la poca luce ancora proveniente dall'entrata alle loro spalle riusciva ad accarezzarlo; seguivano Ingram, spada e scudo in pugno mentre Sirenis si guardava intorno visibilmente infreddolita dai gelidi spifferi ed Horiom chiudeva la fila con il suo fedele libro arcano saldo nella mano.
Dopo diversi minuti di muta discesa, le tenebre si fecero ancora più fitte, Horiom passò dunque davanti al gruppo e mentre il libro si sollevò leggermente dalla sua mano le pagine cominciarono a sfogliarsi da sole come mosse da un'invisibile mano:

"Vi guiderò io... *In Lor*"

Gli occhi del mago assunsero un colore surreale mentre le pupille sparivano coperte da una specie di velo giallastro, il sortilegio gli permise di vedere perfettamente anche nel buio più pesto, e mentre riprese cautamente la discesa, gli amici formarono una catena umana, ognuno con la propria mano posata sulla persona di fronte.
Il tunnel scavato nella montagna si restrinse a poco a poco finchè non si ridusse ad una piccola spaccatura nella roccia all'interno della quale dovettero passare lateralmente uno per volta finendo in quello che sembrava un freddo e liscio pavimento.
Il mago si divise temporaneamente dal gruppo e staccò dal muro una vecchia torcia che donò a Saemus:

*Vas Flam*

Dalle mani del giovane stregone fuoriuscì una piccola sfera infuocata che colpì la torcia e la accese in pochi istanti, dopodichè, ripetè la stessa cosa con altre due torce passandole rispettivamente ad Ingram e Sirenis.
Si trovavano in un lungo corridoio dal soffitto più alto di quanto si sarebbero potuti immaginare: al centro, tre enormi colonne sorreggevano il peso della montagna che ora li sovrastava, le pareti erano ricoperte da muschio e da sporadici funghi mentre tutto intorno a loro era ricoperto di fitte ragnatele, quel posto dava l'impressione di essere rimasto completamente indisturbato per diverse ere.
Mentre procedevano prudenti lungo il passaggio, notarono la presenza di diverse lance spezzate disposte sul terreno e solo dopo si resero conto che le due pareti laterali erano costellate di buchi mentre il pavimento composto da mattonelle ne presentava parecchie mobili, che scendevano leggermente non appena le calpestavano producendo un leggero suono simile a quello di un filo che si spezza bruscamente e mentre Ingram raccolse una delle lance per osservarla più da vicino, gli altri tre si scambiarono uno sguardo spaventato:
se quelle antiche trappole fossero state ancora in funzione, il loro viaggio sarebbe terminato dopo pochi brevi passi.

Ingram annusò la punta della lancia gettandola improvvisamente a terra, il suono prodotto rimbombò per tutto il corridoio svanendo lentamente in lontananza:

"Veleno...procediamo con estrema cautela"

Giunti al fondo, il passaggio voltava a sinistra sotto ad un piccolo arco di pietra che portava ad una stanza divisa in tre da arrugginite sbarre di pesante ferro, la grata della cella più a sinistra era in frantumi ed al suo interno, un grosso buco nell'angolo della camera si tuffava nuovamente nelle tenebre.
Saemus lasciò cadere la sua torcia all'interno per verificare la profondità, dopodichè si calarono lentamente fino a raggiungere il livello inferiore; la discesa della struttura impiegò diverse ore durante le quali, i quattro incontrarono una lunga serie di mortali trabocchetti e trappole, tutti da tempo inattivi o rotti, attraversarono corridoi e grossi saloni contenenti pesanti tavoli spesso in frantumi, videro antiche rastrelliere per armi ed armature, sovente sui muri era possibile notare dei bracciali di metallo collegati alla parete da pesanti catene mentre altre camere erano addobbate con ogni sorta di strumenti per la tortura, sui mobili di legno ammuffito non era raro trovare macchie riconducibili probabilmente a vecchio sangue ormai essiccato.
Saemus non aveva idea se la leggenda degli Alati nascondesse una qualche sorta di verità perduta, ma la vista di tutte quelle attrezzature gli fece pensare subito che in un tempo indefinito, quella struttura fosse stata impiegata come prigione.

La mastodontica struttura si inabissò di altri due livelli prima che gli avventurieri si accorgessero di come l'aria, prima gelida e pungente,
era diventata via via più calda e pesante man mano che proseguivano verso il basso, ma quello non fu l'unico dettaglio a disturbare la mente di uno dei presenti:

"Saemus, c'è qualcosa di terribilmente strano in questo posto..."

"Che cosa intendi, amico mio?"

"Ti accuserei di molte cose, ma mai di stupidità. Nel racconto del tomo ritrovato da Lhoriat si menzionava come questo posto fosse stato invaso da creature di ogni sorta
a causa del malefico potere della Fiamma Oscura e nonostante ciò, per ore non abbiamo fatto altro che attraversare la più completa desolazione e il più assoluto abbandono."


"E di ciò dovremmo essere grati, mio adorato Horiom."

"Lungi da me il voler disdegnare la fortuna che ci ha arriso, ma riflettici per un'istante...tutte quelle antiche trappole disattivate e rotte, la grata della cella in frantumi
dalla quale siamo comodamente passati...fidati di me, amico mio, qui c'è più di ciò che l'occhio può mostrarci."


"Silenzio..."

La voce di Ingram fù quasi un sussurro mentre, voltato l'angolo, la strada leggermente in discesa portò il gruppo di fronte ad un enorme portone di metallo raffigurante una grossa fiamma abbracciata da quello che sembrò un maestoso paio d'ali: Saemus appoggiò il suo orecchio alla porta cercando di captare qualche suono, ma come in tutto il resto di quella gigantesca struttura sotterranea, la più totale quiete regnava sovrana.

I quattro appoggiarono tutti assieme le mani su quell'imponente entrata e Saemus si voltò nuovamente a guardarli:

"Qualunque cosa ci attenda dentro a questa stanza, la affronteremo insieme...per nostro padre!"

Con uno sforzo immane, cominciarono a spingere dando sfogo a tutta l'energia che avevano in corpo, e anche se in un primo istante sembrò futile, dopo l'ennesima spinta, l'antico portone si aprì cigolando rumorosamente.




Mi sono reso conto ora che il post non può contenere ulteriore testo, sono costretto quindi a proseguire il racconto in un post nuovo separato.
CONTINUA NEL POST SUCCESSIVO - ATTO 3 ed EPILOGO
Vysion L'elfo Silvano

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Last edit: by neogenesy.

STORIE e LEGGENDE di Sosaria 19 Dec 2016 06:27 #4

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Salve Lady Mariah,
chiedo scusa in anticipo, ma purtroppo per motivi pratici non posso svelare il mio nome,
le scrivo per informarla di una scoperta che feci pochi mesi fa,
e che ho trovato giusto condividere con chi è piu sapiente di me,
premetto che ero da poco uscito dalla taverna di britain, avevo bevuto,
le mie condizioni mentali non erano delle migliori,
e in effetti c' è chi giurerebbe che le mie condizioni mentali non sono mai state
delle migliori....

mi avviai barcollante al casinò,
e li incontrai un losco figuro, era alto e snello, indossava un mantello nero,
dei guanti e la cappa non lasciava scorgere il suo viso,
non saprei dire se era un orco, un fremen, un elfo o un umano,
ma poi seppi che non era nessuna delle cose qui elencate....

si sedette al tavolo da poker, ma non ad uno di quei tavoli dove giocano i principianti,
si era seduto al tavolo delle fiale viola, le preziose fiale di
cui sono ghiotti tutti gli abitanti di Sosaria,
e vi assicuro che le sue puntate non erano basse....
ero come ipnotizzato, continuava a vincere fiale su fiale,
ingordo, insaziabile..... restò al tavolo sino a quando tutti i giocatori abbandonarono
la sala, fu allora che compresi,
la sua ingordigia.....
non era li per le fiale, era come se si nutrisse di disperazione,
la disperazione dei giocatori d' azzardo, intravedevo la sua soddisfazione,
era quasi un qualcosa di palpabile, lo avevo capito dai suoi occhi,
quegli occhi di brace, l' unica cosa che si poteva scorgere dalla sua cappa;

non resistetti, il mio impulso di giocatore d' azzardo ebbe la meglio....
mi sedetti al tavolo, eravamo solo noi due nel casinò,
anche gli addetti ai lavori erano assenti, in pausa probabilmente...
a bere qualche bicchiere nella taverna vicina.

non disse nulla, mischiò le carte abilmente,
e come da prassi diede le carte,
il mio orgoglio di giocatore si oppone a quello che sto per dire,
ma... non ci mise molto, a ripulire anche me,
però qualcosa andò storto... ero abituato a scorgere anche il piu piccolo
particolare degli occhi dei miei avversari quando giocavo a carte,
e non la vidi....
la sua soddisfazione... era sparita....
mi aveva ripulito per bene, aveva guadagnato piu fiale con me che con il resto
di quella fetente marmaglia di disperati, ma poi ricordai che lui non voleva le
nostre fiale.....
avevo perso una bella somma, ma dai miei occhi e dall' espressione del mio volto
non trapelava emozione alcuna, allora un ghigno mi venne spontaneo...
o forse era solo un riflesso condizionato da vecchio giocatore di poker....
pensai tra me e me,
"provocare l' avversario che non è soddisfatto della serata,
di sicuro può portarmi vantaggio,forse scoprirò qualcosa su di lui"
il mio ghigno si tramutò in una fragorosa risata,
i sui occhi si spalancarono, era sbalordito,
aveva capito che sapevo a quale gioco stava giocando,
pensai "ho colto nel segno, non resta che scoprire le sue motivazioni profonde
dopodichè sarà facile batterlo con le carte, metterò mano alle ultime fiale che ho da parte
e mi rifarò....."
a quel punto i sui occhi divennero sottili,
stava escogitando qualcosa,
cosi mi disse, "elfo.... perchè non aumentiamo la posta ?"
c' era un che di inquietante nella sua voce, una voce che gia avevo sentito,
ma non riuscivo proprio a ricordare dove,
allora risposi, "sentiamo cosa proponi ?"
beh... Lady Mariah....
per farla breve...
costui, il losco figuro, non era altri che Seraph Adonai,
colui il quale ha il controllo delle legioni di demoni di Hytloth,
e la posta che propose fu la mia anima, in cambio di tutte le fiale che avevo perso,
piu quelle che aveva vinto agli altri giocatori sventurati;
ed io che pochi giorni prima, avevo perso tutte le mie case,
le monete d' oro, e soprattutto le mie preziose fiale, senza contare
le intere legioni di creditori che mi stavano cercando....
come potevo rifiutare una proposta del genere ?

giocammo solo due mani, volle dare lui le carte,
lo lasciai fare... forse perchè ero ancora intontito dalla sbronza,
notai che c' erano degli impercettibili movimenti nelle sue mani che non mi tornavano,
ma lo lasciai fare, vinsi la prima mano,
e se vi può far stare piu tranquilla Lady Mariah....
con la vincita sono riuscito a tenere lontani i miei creditori per qualche settimana...
alla seconda mano diede sempre lui le carte,
vinsi io di nuovo, ed ebbi il sentore che mi stava lasciando vincere,
dato che non poteva piu offrirmi nulla come vincita si giocò quella che a suo dire,
era una preziosa informazione che avrebbe potuto permettermi di diventare un' eroe,
salvando addirittura l' intera Sosaria,
mentre se avesse vinto lui non gli sarebbe spettato nulla.

ed è proprio questo il punto della questione, perchè volle darmi l' informazione ?
era tutto vero ?
oppure era solo un macabro scherno dell' oscuro signore dei meandri di Hytloth ?
voleva solo vendicarsi per la sconfitta subita poco prima ?
non volli crederlo....
cosi andai sull' isola dell' avatar per cercare informazioni,
e forse non mi crederete Lady Mariah, ma ciò che mi disse l' oscuro Adonai era vero,
si, le oscure armate demoniache si stavano preparando per l' apocalisse,
alleagati a questa pergamena vi sono i piani di guerra e di conquista
delle demoniache armate, sono riuscito a strapparli dalle fredde mani del cadavere
di un demone che faceva la staffetta,
non so altro, non so quando comincerà l' attacco,
ma tutti i popoli di Sosaria sono in pericolo.

Dimenticavo Lady Mariah,
come ricompensa per il rischio che ho corso, chiedo solo
una piccola sommma di monete d' oro, somma la quale sarà generosa io spero,
quanto è generoso il vostro cuore,
quel che basta per liberarmi dai miei nuovi creditori,
vi supllico, non prendete tutto ciò come le parole di un povero pazzo
affetto da ludopatia,
un mio incaricato passerà a riscuotere la mia ricompensa, se sarete cosi gentile
da liberare un povero elfo silvano dai suoi guai,
saluti, il vostro umile J.

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STORIE e LEGGENDE di Sosaria 19 Dec 2016 12:04 #5

  • andyc76
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Il tramonto è ormai passato da qualche ora, anche oggi un'altra giornata di duro lavoro è terminata; come da consuetudine, Dylan si accinge a dedicare le ultime ore utili del giorno a sua figlia Gil-Estel, sua unica ragione di vita.
Fortunatamente la legna per il focolare non manca: l’unica fonte di calore è il camino al centro del salone, nella dimora costruita da egli stesso nei boschi attigui alla città. Fuori la notte è buia ed il cielo nerissimo ma limpido, sporcato a tratti da qualche nuvola bianca, che ne abbellisce la vista al chiarore di luna.
Egli siede su una grande sedia rossa, creata e studiata tempo prima dai migliori carpentieri di Skara Brae, e passata da padre a figlio per anni, bene affettivo prezioso e fonte di innumerevoli ricordi. Il suo sguardo è particolarmente corrucciato, le rughe più visibili di altre notti nella luce fioca dei candelabri. Stasera c’è qualcosa che visibilmente lo turba.
Gil-Estel è ancora giovane per essere chiamata donna, ma dentro di lei arde già brama di avventura, da grande sarà una guerriera elfica, dedicherà la sua arte magica al servizio dei Custodi della Luce, per seguire le orme del padre. Ma ora è ancora presto. Come se fosse un piccolo rito quotidiano, attende con ansia che il padre le narri una novella, di quelle “che fanno paura”, e senza dire una parola si accuccia tra le sue braccia, attendendo che le grandi mani amorevoli del padre le regalino qualche carezza.

“Questa sera no, figlia mia. Oggi è l’anniversario di un tragico evento, e il mio stato d’animo non mi permette di narrarti alcunché; non è la solita storiella che viene cantata dai bardi nelle locande, questo nefando evento è tutto scritto qui, nei miei appunti, che potrai leggere solo se lo vorrai; il tuo compito di fiducia sarà consegnarli domani ai maestri dell’antico Lycaeum”.
Nel frattempo estrae delle pergamene con scritte tremolanti e grossi disegni, alcuni affinati ed alcuni solo grossolani, come se a loro tempo fossero stati creati con molta fretta, per non dimenticare le orribili bestie che essi rappresentano, e come memoria negli anni a venire. Tutti i disegni hanno una cosa in comune, rappresentano esseri terrificanti.
Gil-Estel vede il padre molto provato, ma ormai la curiosità si è impadronita della sua mente: deve sapere! Al che prende con dolcezza le pergamene dalle mani del padre, e sdraiatasi sul suo letto, comincia a leggere aiutata solo dalla fioca luce della candela

“Memoria della notte in cui persi la vita”.

“Quel maledetto inverno era alle porte, ed era necessario provvedere a carni e pelli prima che le intemperie ci impedissero di allontanarci troppo dalla nostra amata Skara Brae.
Fu inseguendo un orso bruno, abile e potente bestia, che ci movemmo dalla strada maestra, distanziandoci molto da tutti gli altri cacciatori, perdendo la direzione del ritorno. Eravamo rimasti in tre, con me c’era una splendida Elfa, Vëannë, molto abile nell’ammaliare creature con la dote del canto ed i suoi strumenti musicali, fino ad ammansirli o persino a provocare alcuni mostri con rabbia tra di loro; inoltre c’era un umano, Joel della famiglia di Greasko, forte ed abile guerriero, maestro delle spade e delle lance.

Cavalcando come dei forsennati arrivammo alle porte di un antro maestoso, buio, che solo allo sguardo poteva far passare l’istinto di entrare. L’orso trovò rifugio al suo interno, e noi pronti a seguirlo. All’improvviso ebbi la sensazione di essere osservato, da molteplici occhi. Mi accorsi nel frattempo che una mezza dozzina di Wisp della Foresta ci avevano circondato, ed erano in procinto di attaccarci.
Dovete sapere che le Wisp della foresta sono esseri di colore verde, luminescenti, con una forte dote magica ma non molta vitalità; tempo fa convivevano con la razza elfica; ci fu un monarca elfico che volle umiliarle, in quanto egli ritenesse le Wisp indegne, di razza inferiore, non eleganti quanto un elfo puro può essere, e furono esiliate da tutti i villaggi a vita. Esse pertanto nutrono un forte astio per qualsiasi elfo, che sia oscuro, silvano o reale: difatti esse non attaccano nessun’altra razza che non sia elfica.


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Ci sentimmo subito circondati, e non appena appurato che io e Vëannë eravamo in pericolo di vita, ingaggiammo lo scontro; grazie anche all’aiuto di Joel, con la sua forza bruta riuscimmo ad abbatterle in poco tempo.
L’umano fa ciò che spesso l’elfo non agogna, ossia cerca ricchezza. E fu così che nei loro corpi Joel trovò un erba elfica particolare, una sorta di fiore non ancora noto alla conoscenza umana e lo conservò nella sua sacca, pensando di portarlo poi agli alchimisti per farlo studiare meglio. E fu la sua fortuna.
Dopo una breve pausa, richiesta dallo sforzo compiuto, ci accorgemmo che la notte era vicina, si stava avvicinando una bufera di vento, e l’orso era ancora apparentemente rintanato nella grotta. Presi comunque alla sprovvista dalle intemperie, per evitare morte certa, ci infilammo nell’oscuro antro, pur non sapendo cosa ci aspettasse.
La prima cosa che vedemmo, una volta che le pupille si furono adattate al buio, fu l’orso esanime a terra, pochi passi dopo l’ingresso della grotta. Subito dopo aver alzato lo sguardo, capimmo cosa poteva aver terminato un orso in pochi istanti. Furono sei guardie minacciose, i volti olivastri, vestiti di nero e con grosse alabarde. Ci guardammo brevemente, e capimmo subito che le guardie erano orchi: la loro possenza, la cattiveria insita nello sguardo non dava adito ad altre interpretazioni. Subito dopo mi cadde l’occhio su una frase, scritta a terra, con il sangue: <eichel ugh nog faugh>.
Seppi solo anni dopo, tramite uno studioso di lingua orchesca, che la traduzione era “Orco non attacca orco”, o anche “se sei orco non verrai attaccato”.

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Nemmeno il tempo per pensare, quando li vedemmo correre verso di noi; ancora una volta dovevamo lottare per le nostre vite, insieme. Fortunatamente dovevamo lottare solo con armi terrene, nessuna arte magica. Subito Joel abbattè il primo con forza, ma nel contempo fu disarcionato da una seconda guardia, che si divertì a dilaniare il suo cavallo, strappandone gli arti dal corpo e lanciandoli in ogni dove.
E’ solo in quel momento, che sentimmo la dolce melodia dell’arpa di Vëannë, con poche note aveva inebriato le menti deboli degli orchi, che si sedettero per terra come se colpiti da improvvisa inedia. Non persi tempo, freccia su freccia scardinai le loro armature, ed ammazzai come cani quegli esseri bruti. La spada elfica di Vëannë terminò il lavoro.
Ancora una volta Joel si avventò sui corpi, cercando oggetti preziosi, o cibo per la nottata; su uno di essi trovò invece una chiave; anche in questo caso egli prese tutto ciò che riusciva a portare, come risarcimento per la morte del suo cavallo.
Ci girammo, l’antro era magicamente chiuso, nonostante vedessimo chiaramente l’esterno ogni volta che qualcuno provasse ad uscire, veniva fermato da un muro magico, invisibile agli occhi. L’unica cosa da fare era proseguire sulla nostra strada; notammo una porta, molto piccola, e la attraversammo.

La stanza successiva era vuota, tutta ricoperta di muschio e con dei fiori bellissimi, luminescenti. Quasi fossero migliaia di lumi in un contesto molto scuro.
Fu allora, che iniziò il veleno. Da invisibili pori, tutto il muschio che ricopriva la stanza cominciò ad eruttare un gas verdastro, nauseabondo e, come presto ci accorgemmo, molto velenifero per gli umani. Io e Vëannë non riscontrammo alcun problema, a differenza di Joel che cominciò ad avere gravi problemi respiratori. La sua vita si stava allontanando, il viso era cianotico ed i suoi occhi cremisi; provammo di tuto, dapprima con acqua, poi cercando di filtrare la sua aria con un panno appoggiato sulla bocca, ma il povero peggiorava sempre più. Per la disperazione aprimmo il suo zaino, e subito trovammo il fiore che ore prima era stato rubato alle Wisp elfiche. Restava un ultimo tentativo: sminuzzato e disciolto in una dose di acqua della bisaccia, forzammo Joel ad ingerire il fiore elfico.
Quella che sino ad allora fu solamente un’intuizione, si rivelò una scelta decisiva. Il veleno, a cui gli elfi erano immuni, colpiva mortalmente chiunque altro, e l’unico antidoto in natura era il fiore in possesso delle fate Wisp dei boschi. Gran colpo di fortuna pensai, mentre il viso di Joel riprendeva colore, ed il suo respiro tornava regolare.
C’era ora un grande cancello, che apriva ad una stanza enorme, nella stanza un ruggito terrificante, spettrale. Sopra il cancello una frase, scritta in parole cubitali:

<La terra è intrisa di sangue, e la sete di anime mortali non sarà mai sazia. Fama e gloria a chi fermerà la Dama Infernale>.

Ancora una volta la paura dell’ignoto era forte, ma più forte la volontà di uscire da quell’incubo che ormai ci aveva ingurgitato. Non appena curato Joel, prendemmo coraggio; avevamo una chiave, che usammo sul cancello. Si aprì con un suono tetro, richiudendosi al nostro passaggio.
Quello che ci trovammo di fronte fu un enorme guerriero ombra, il cui solo la vista gelava il sangue. Egli portava un elmo ma non aveva un volto, solo vuoto ed oscurità sotto quell’armatura. Egli era accompagnato da due spade, che fluttuavano nel vuoto come se sostenute da fantasmi invisibili, che subito si scagliarono contro noi sventurati.

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Ci lanciammo subito in battaglia, che fu lunga e logorante. Solo l’unione delle arti musicali di Vëannë, la mia velocità con la balestra, ed i potenti fendenti di Joel ci permisero di avere il sopravvento sul terrificante guerriero, e delle sue lame volteggianti, ma non senza danni. E la nostra agonia non era finita, ancora.

Pochi secondi dopo, dalle ceneri dell'armatura fantasma comparve quello che fu, ed è ancora oggi, il peggior incubo della mia vita. Un enorme Hydra, ricoperta di fiamme, con denti minacciosi e lunghi come coltelli, ed un’ira incontrollabile che cominciò ad accanirsi su di noi.

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La battaglia riprese, ancora una volta uniti contro una creatura portata direttamente dagli inferi, con una ferocia mai vista. Ed è proprio qui, che persi parte della mia anima.
Avevamo inferto molti colpi alla bestia, a tal punto che la sua forza vitale sembrava dimezzata, quando Joel si lancio furiosamente con la sua alabarda, tentando di sferrare altri colpi mortali. Ebbi solo il tempo di vedere i suoi 8 occhi infiammarsi, e la bocca spalancarsi; un alito mortale, intriso di fuoco, colpì Joel come una furia, lasciandolo a terra esanime. Non contento, il malefico essere si avvicinò, ed inghiottì in un colpo solo il povero Joel. Non so se fu più lo sconforto o la rabbia, sia io che Vëannë ci scagliammo sull’Hydra, sferrando colpo su colpo, subendo gravi danni, ma resistendo finché quella creatura cadde a terra.
Ci avvicinammo al cadavere, ed aprimmo il suo ventre, rivelando un forte puzzo di morte; con grande sorpresa trovai subito il cadavere di Joel, e fu ancora più grande il mio sgomento quando trovammo molti altri cadaveri, probabilmente guerrieri ed avventurieri arrivati sino a quel punto, periti ed ingoiati con tutti i loro oggetti dal mostro. Denaro, armature, oggetti personali di ogni tipo erano rimasti lì, rimanendo non so come intatti nell’arco del tempo.
Fu solo allora che iniziammo a piangere per il dolore dell’amico perso, cercando di curarci le ferite al meglio, sapendo di non poter più curare ciò che era il profondo taglio sferzato nei nostri cuori. Ma, ancora una volta, scoprimmo che non era finita la nostra avventura.
Dopo qualche secondo apparve dal nulla un’anima spettrale, con volto di donna; non capivamo se piangesse o ridesse, in ogni caso emetteva suoni e frasi magiche che avrebbero intimidito il più impavido guerriero. Ella era la divoratrice di anime, glaciale, liberata solo successivamente alla morte dell’Hydra.

Un fantasma più potente di qualsiasi altra creatura eterea, con un odio innato che sprigionava ad ogni sospiro.

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Prendemmo a colpirla, ma questa volta avevamo una strana consapevolezza in mente, come se fossimo consci che non saremmo mai usciti da quella caverna.
La dama fantasma mi ferì duramente, le mie forze erano allo stremo, quando capii cosa stesse succedendo. Vëannë si lanciò verso di lei, e fu allora che accadde ciò che non avrei mai voluto.
Come per magia, non so ancora spiegare come successe, vidi l’anima di Vëannë uscire dal proprio corpo, unendosi all’anima fantasma. Chiusi gli occhi, pronto a morire, stremato dalla fatica e dal dolore, con qualche alito di vita in corpo, svenni.
Ora che posso scrivere questa memoria, non so ancora cosa sia successo successivamente alla morte di Vëannë, So solo che mi ritrovai fuori dalla caverna, nudo, ormai quasi del tutto dissanguato. Fu solo grazie alla fortuna, che le squadre di ricerca di Skara Brae mi trovarono, e mi portarono subito dal guaritore in città.
Non so spiegare come io mi sia salvato, se Vëannë ha combattuto una bataglia per la mia salvezza, in quale mondo o in quale modo con la divoratrice, so solo che quella notte, con i miei compagni, sono morto anche io.
Ma non è finita, un giorno ci sarà qualcuno pronto a ritornare nella caverna, ed io sarò lì con loro, ripercorrerò i miei passi e questa volta sarò pronto.”

Gil-Estel si è ormai addormentata, Dyan le prende amorevolmente le pergamene dalle mani, ed una lacrima si libera tra le rughe di dolore del suo volto.

“Ti penso ogni giorno, amata mia, Vëannë compagna di vita – so cosa hai fatto per me, non ti dimenticherò mai. Ed un giorno libererò la tua anima. E’ ora che io invii le mie memorie a Lady Marian, è ora che una compagnia di valorosi, composta dalle svariate razze che popolano Sosaria, porti la vendetta che agogno da anni. Che questo mio dolore possa unire razze diverse, uomini, orchi ed elfi, che possano essere uniti e collaborino come noi abbiamo fatto, che abbandonino l’odio per un grande scopo comune, la liberazione di Sosaria da questa piaga mortale.”
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STORIE e LEGGENDE di Sosaria 27 Dec 2016 16:31 #6

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ATTO 3 - La Caduta

Quando la porta si aprì, il ragazzi vennero colti da un'improvvisa vampata di calore, talmente intensa da fargli mancare il respiro e costringerli a proteggersi gli occhi sollevando
i loro mantelli, soltanto Saemus sembrò sopportare il fastidio provocatogli mentre, socchiudendo gli occhi, varco la soglia carico di ferrea determinazione.
La fine del loro viaggio era prossima; la stanza nella quale si ritrovarono risultò sorprendentemente illuminata anche senza l'ausilio delle loro torce,
ormai consumate e prossime a spegnersi: come gli angoli di un quadrato, quattro imponenti colonne di pietra si slanciavano verso il soffitto per poi dividersi, ciascusa, in altre
quattro braccia più piccole come a disegnare le cinque dita di una mano protesa verso quel cielo, e quella libertà, oramai così remote ed irraggiungibili svariati metri sopra le
loro teste.
Sulla cima di ognuna di queste colonne bruciavano cinque intensi bracieri osacuri che, in modo del tutto inusuale, ondeggiavano lenti senza produrre suono alcuno;
il pavimento era costellato di strani simboli runici, senza dubbio molto antichi, disposti a formare un cerchio che andava a toccare ciascuna delle quattro piglie.
Al centro del cerchio, altri di quegli arcani simboli disegnavano uno strano emblema che i ragazzi non riuscirono a riconoscere e subito sopra, sorretto da null'altro che l'aria
stessa, si trovava un fuoco non più grosso di un pugno: era completamente nero e permeato da strani riflessi violacei che sembravano disegnare forme sinistre al suo interno:
nonostante il suo tetro colore, emanava una luce più forte di qualunque altro focolare nella stanza; i ragazzi non credettero ai loro occhi:

"La Fiamma Oscura"

Nel tombale silenzio regnante in quella stanza, si potevano quasi udire dei deboli sussurri provenire dall'antico artefatto; Il giovane Adonai si sentì, nello stesso tempo,
incredibilmente attratto e terribilmente spaventato da quel misterioso fuoco, voltandosi fece cenno ad Ingram di donargli il suo poderoso scudo a torre e, tenendolo alto
a protezione del proprio corpo, cominciò ad avanzare guardingo verso il centro.
Non aveva fatto più di un paio di passi quando il pesante portone di metallo alle loro spalle si chiuse improvvisamente con un suono tonfo e stordente facendo sussultare
tutti i presenti, evidentemente scossi dalla sorpresa.
Horiom si avvicinò alla porta e cerco di tirarla a sè, invano, mentre la sagoma di un'uomo sbucò da dietro una delle colonne di pietra:

"Siete infine giunti, dunque. Devo ammettere, le mie speranze erano assai volubili su di un vostro possibile, ed immeritato, successo."

I quattro si voltarono di scatto assumendo rapidi una posizione difensiva mentre il libro di Horiom cominciò a sollevarsi dalla sua mano: la figura rimaneva avvolta nell'ombra che l'enorme colonna proiettava sul terreno mentre Saemus fece un'ulteriore passo verso di essa sollevando la sua pesante mazza.

"Mostrati a noi, sconosciuto, l'abbraccio delle tenebre non ti proteggerà comunque se intendi ostacolare il nostro cammino."

"Mio giovane ed impetuoso Saemus, per quanto ricolme di coraggio, le tue velate minacce rimangono mere barzellette di fronte al mio potere: niente di ciò che tu possa permetterti riuscirebbe anche solo a sfiorarmi, figliolo."

Con un passo, la sagoma fuoriuscì dalle ombre: indossava una lunga tunica nera con i bordi inferiori rozzamente strappati mentre un lungo cappuccio dai fini orli ricamati
oscurava le sue sembianze, l'uomo sorrise e con un gesto fece scivolare via quest'ultimo, mostrando infine il suo volto.

"LHORIAT!"

"Avete adempiuto al vostro ruolo in modo sublime, se posso permettermi."

I quattro ragazzi provarono quasi sollievo nel vedere il volto dell'amico, ma quel sollievo lasciò presto il posto ad una profonda sensazione di vuoto e di angoscia che li lasciò letteralmente paralizzati quando il vecchio mago si avvicinò alla Fiamma Oscura e la accarezzò lentamente con la mano mentre sul suo voltoprendeva forma un'espressione distorta, misto di pazzia ed esaltazione.

"Quale diavoleria è mai questa? Come sei giunto fin qui e che cosa nè è di nostro padre? Spiegati lesto, stregone, prima ch'io perda la calma, non siamo salpati dalle nostre remote coste natie, solcato i mari ed affrontato questi pericoli soltanto per imbatterci in ulteriori enigmi."

"Pericoli?"

Il mago rise sonoramente:

"Quali pericoli mio stolto, barbarico amico? IO vi ho indicato la giusta via, IO vi ho aperto la strada ed IO vi ho condotto fino a questo antico luogo per una ragione ben precisa...ed ora che tutti i pezzi sulla scacchiera sono in posizione, decenni di sofferenze e sacrifici verranno infine ricompensati."

"Dunque sei tu ad aver disattivato tutte quelle vecchie trappole"

Lhoriat annuì senza proferir parola mentre Horiom si fece avanti, carico di risentimento e con il suo caratteristico atteggiamento provocatorio:

"Sembra chiaro ormai come la favoletta del tomo ritrovato nelle biblioteche vampiriche ed il racconto in esso contenuto siano stati soltanto un'elaborato strumento nato dal tuo malato ingegno; perchè dunque? A cosa è valsa tutta questa grossa pena nel costruire una siffatta articolata giostra?
C'è infine qualcosa di vero nelle tue venefiche e malleanti parole oppure è questa la grande rivelazione: un patetico vecchio stregone alla ricerca di un pubblico per il suo squattrinato numero di magia assieme al suo piccolo fiammifero viola."


Gli occhi di Lhoriat si illuminarono di odio, la camera venne colpita nuovamente da una pesante ed insopportabile vampata di calore e la Fiamma oscura vibrò visibilmente ingrossandosi.

"COME OSI DERIDERE IL SUO POTERE!"

Il mago mosse una braccio disegnando un cerchio in aria e dalla Fiamma Oscura si staccarono diversi lembi che volteggiarono come impazziti per poi avvolgere le pareti della stanza con lo stesso, terribile
fuoco nero dal quale si erano sprigionate, tagliando ogni possibile via di fuga ai quattro amici.
Una delle fiamme colpì il braccio di Horiom che cadde a terra immediatamente urlando e contorcendosi tra atroci sofferenze mentre la pelle del suo braccio assunse velocemente un colore nerastro e cominciò a raggrinzirsi come un grosso ceppo di legno dimenticato troppo a lungo nel focolare.

"Tu, sciocco mago, sei al cospetto di una forza antica come il mondo stesso sul quale risiede e che da troppo tempo attende di essere liberata!"

Saemus si proteggeva ancora il volto con il grosso scudo di suo fratello mentre Sirenis strappava un lembo del suo mantello avvolgendoci il braccio ferito del giovane mago ed Ingram lo aiutava a risollevarsi.

"Sei tu...TU sei il portatore della Fiamma Oscura!"

La più completa follia balenava ormai negli occhi dello stregone mentre esplose a ridere:

"Non esiste alcun portatore della Fiamma, razza di ingenuo! Io la trovai, svariati decenni fa, quando assieme ad altri cinque ci imbarcammo dopo essere venuti a conoscenza della leggenda vampirica, eravamo intenzionati a confermare la veridicità del racconto e studiare a fondo questo antico sortilegio, qual'ora fosse realmente esistito.
Affrontammo ogni sorta di antico pericolo e ci facemmo largo tra una lunga serie di creature orripilanti; eravamo ormai prossimi alla rinuncia quando, stanchi e stremati, ci ritrovammo in questa stessa stanza.
Fu proprio qui che mi resi conto di quanto il racconto fosse stato distorto e comodamente alterato: quella che noi credevamo essere una mera stregoneria si rivelò essere molto di più.
Lui mi ha parlato...ha sussurrato alla mia anima, ed in cambio di un effimero sacrificio, mi ha promesso poteri al di là di ogni mio più fervido sogno, così attaccai i miei compagni, e mentre i loro corpi martoriati cadevano ai miei piedi, sentivo una nuova e misteriosa energia crescere in me: ero stato scelto come suo agente...come strumento del SUO volere."


Una terribile supposizione si fece largo nella mente di Saemus chee pronunciò poche parole quasi sperando di venir smentito:

"Seraph...stai parlando del demone Seraph?!"

"LORD SERAPH, proprio così! La fiamma non è mai stata un'arma o uno strumento creato dal demone: la Fiamma Oscura è la più pura essenza di Lord Seraph stesso; quegli stolti degli Alati non furono in grado di arrestare l'avanzata del mio signore, e durante l'ultima, gloriosa, battaglia che si tenne su quest'isola, un numero considerevole di loro si sacrificò in un antico rituale che ridusse l'immortale demone confinandolo in questa singolare forma.
Il trascorrere dei secoli lo ha indebolito molto, ma ora, grazie a voi stolti, è finalmente giunto il tempo del suo ritorno."


Saemus faceva fatica a rimanere lucido, il calore intorno a lui si faceva più intenso man mano che i minuti trascorrevano e, con la mano destra tremante di genuina rabbia, fece ancora un passo verso il traditore:

"Sei forse tu la causa del marchio oscuro che ha colpito nostro padre? Dopo decenni di profonda amicizia sei dunque caduto di fronte ad una futile offerta di maggior potere?"

Loriath spalancò gli occhi, quasi incredulo di ciò che aveva appena udito

"Frena la tua lingua, Saemus! La mia devozione alla Fiamma risale a molto prima che conobbi tuo padre e la tua famiglia.
Non capisci proprio vero? La 'profonda amicizia' di cui vai blaterando e del quale sembri convinto non è stato nient'altro che un'articolato sotterfugio!
Dopo profonde ricerche ero finalmente stato in grado di riscoprire un'antico rituale capace di annullare quello evocato dagli Alati durante la battaglia e di riportare Lord Seraph a nuova vita, ma l'esecuzione di questo rituale richiedeva la presenza fisica del
ricettacolo in questa stessa stanza ed i secoli trascorsi a riposare avevano indebolito il mio padrone notevolmente; la nostra unica alternativa era l'utilizzo di un agente, al quale il demone avrebbe donato parte del suo potere e che gli avrebbe permesso di marchiare la vittima predestinata anche a lunga distanza: così organizzammo il naufragio ed il mio ritrovamento per mano del Duca Bharamel.
Ci vollero anni, che trascorsi marchiando ignare vittime per essere lentamente consumate dal mio padrone in modo da fargli recuperare pian piano le forze, interminabili anni in cui dovetti giocare il ruolo del sensibile e smemorato mago per guadagnarmi l'affetto e la completa fiducia della vostra famiglia e quando, finalmente, la forza di Lord Seraph raggiunse un livello accettabile, incontrai vostro padre nel suo studio dove, non senza incidenti, gli applicai il marchio del portatore per prepararlo al suo glorioso destino, tuttavia il processo avrebbe impiegato una notevole quantità di tempo."


I quattro ragazzi erano immobili, ricolmi di furia, mentre erano ormai ad un passo dal perdere il controllo ed attaccare l'anziano mago ancor prima che lui potesse finire il suo racconto.
Il folle rise nuovamente

"Sei davvero un'ingenuo Saemus, quando giungesti nella sua camera da letto, il vecchio cercò anche di donarti un'indizio su ciò che stava accadendo, lo vidi tendere la mano verso di me ed in quel momento temetti che la mia intera opera, anni ed anni di sacrifici, potessero andare in fumo in un singolo istante: fortunatamente, il dolore provocato dal mio signore fu talmente intenso da non permettergli di proferir parola.
Fu proprio in quel momento che venni colto da una nuova, brillante, idea: forse il nostro piano originale si sarebbe potuto volgere ulteriormente a nostro favore e si sarebbe potuto trasformare in una nuova occasione, forse esisteva un candicato ben più idoneo dell'ormai vecchio Duca Bharamel: ne discussi con il mio signore che, dapprima adirato dalla mia audacia, mi tenne per 8 lunghi giorni rinchiuso qui dentro dove, giustamente, mi sottopose ad una infinita serie di torture, finchè non riuscii a convincerlo ad attuare il nuovo piano.
Quando tornai da voi, vi raccontai la leggenda vampirica della Fiamma Oscura, sapendo così di donarvi un motivo più che valido per salpare alla sua ricerca e condurvi direttamente qui, in questa antica e dimenticata camera, in modo da poter eseguire il rituale di passaggio senza più attesa alcuna."


"Loriath...perchè..."

Sirenis aveva gli occhi lucidi dal dolore ma non osava avvicinarsi a quello che era stato un tempo una seconda figura paterna per tutti loro, e si teneva stretta ad Horiom, intento a stringere i denti per contenere tutta l'ira che ora permeava il suo corpo.

"Tu, vecchio folle! ora pagherai per il tuo tradimento."

Ingram si fece finalmente avanti indicando il vecchio amico con la punta della sua spada ma Saemus gli posò una mano sopra, e lentamente gliela abbassò

"La tua punizione giungerà, Loriath, puoi starne certo. Prima però, rilascia il marchio su nostro padre e rilascialo SUBITO!"

Loriath sollevò la mano portandosela sugli occhi in segno di esasperazione

"Il vostro vecchio padre non è più nei giochi, miei giovani, irritanti, amici. Io stesso ho terminato la sua futile esistenza due lune dopo la vostra dipartita dalle terre di Magincia.
Per poter mantenere il marchio su di lui, Lord Seraph ha dovuto rinunciare ad una parte consistente del suo immenso potere, potere infuso direttamente nel marchio stesso, potere del quale avrebbe avuto un disperato bisogno nel momento in cui il rituale di passaggio avrebbe avuto luogo, così l'ho ucciso in modo che il marchio potesse ritornare al suo creatore in vista del vostro arrivo qui.
Ovviamente è stata una mossa decisamente azzardata, non potevo permettere che qualcuno cercasse di mettersi in contatto con voi per comunicarvi la notizia e farvi dunque desistere dalla vostra impresa, così, in un momento di triste conforto, mi sono recato da vostra madre con la grave notizia che tutti voi avevate perso la vita nel corso del vostro viaggio: l'amicizia che, arduamente, avevo costruito
in questi anni, fece il resto: il peso della perdita del consorte e di tutti i suoi figli a così poca distanza fu troppo grave per la sua amorevole anima e, sconvolta e distrutta, vostra madre si è tolta la vita gettandosi dalle alte scogliere della vostra isola natia la notte seguente."


"BUGIARDO! Lungi da noi è il tempo in cui eravamo disposti a credere ciecamente alle tue velenose parole. RILASCIA-NOSTRO-PADRE!"

"Ti sbagli Saemus, in tutti questi anni, non sono mai stato così sincero."

Il vecchio mago sorrise mentre estraeva dalla sua lunga tunica due piccole collane di argento sul cui pendaglio era raffigurata l'effige nobiliare della casata Adonai.
Suo padre, il Duca, le fece creare da uno dei fabbri più abili del continente in segno di amore eterno verso la moglie, tra tutte le numerose ricchezze di cui disponevano, quelle sottili catene d'argento erano forse l'oggetto più caro a loro, e dal quale non si sarebbero mai e poi mai separati.
Sirenis cadde in ginocchio scoppiando il lacrime alla vista degli scintillanti gioielli mentre Horiom la abbracciò abbassando il capo sconfortato.
Ingram e Saemus avanzarono, quasi in modo sincronizzato, mentre la furia aveva ormai preso il sopravvento sulla loro ragione, annebbiando quasi completamente la loro mente.

"Tu...Tu hai vissuto per anni sotto il nostro tetto...Tu hai venduto la tua anima ad un demone soltanto per un effimera illusione di potere...tu hai tradito e distrutto la nostra nobile famiglia soltanto per trasformarmi nel suo nuovo ospite...Tu...MORIRAI PER MANO MIA, VILE BASTARDO!!"

I due fratelli si scagliarono contro lo stregone balzando in avanti e sollevando le armi ma vennero colti a mezz'aria da dei lembi di fuoco nero che gli imprigionarono le caviglie ed i polsi mentre Loriath
esplose in una risata sconslusionata:

"Il tuo ego non conosce davvero limiti, Saemus!"

Con un gesto della mano, i due ragazzi vennero scaraventati contro la parete opposta dove caddero con un tonfo assordante sfiorando di pochi centimetri la sorella e l'amico mago, ancora inginocchiati.

"Nonostante il tuo indubbio coraggio e la tua prestanza, non sei tu colui che è destinato al glorioso futuro del mio padrone! No, stolto, un'altro sarà l'Adonai al quale spetterà questo onore!"

I lembi che pochi istanti prima avevano trattenuto i due cavalieri, si mossero fulminei verso di loro e prima che potessero rendersene conto, Sirenis veniva trascinata inesorabilmente versoil centro della stanza e sollevata da terra proprio di fronte alla terribile Fiamma Oscura.
Horiom si alzò di scatto, con il libro ancora frusciante nelle sue mani, correndo verso lo stregone:

"SIRENIS!!! *Kal Vas....*"

"*Corp Por*"

Prima che il giovane mago potesse terminare l'incanto, una sorta di sfera di aria concentrata lo colpì violentemente al petto facendolo indietreggiare di parecchi metri, dolorante.

"Resta al tuo posto, insulso verme! *Ar Nor Flem Kul Yrel Vas Xum*"

Quelle parole tuonarono cupe nell'ampia sala, una lingua antica, da tempo immemore dimenticata e che tale avrebbe dovuto rimanere.
Dalle mani dello stregone si dipanarono fiamme impazzite che lo circondarono completamente per poi allargarsi lentamente in un susseguirsi di colpi mentre, quasi al pari di un cuore che batte, si facevano sempre più alte ed ampie fino a creare una sorta di barriera che divideva lo stregone e Sirenis dal resto del gruppo.

"Il tempo è finalmente giunto! Accetta questo dono, mio signore! Pervadi il suo corpo con il tuo immenso potere e torna finalmente alla vita...LORD SERAPH! *Noctis Dreade Invis Kor...*"

La Fiamma oscura si fece di colpo molto più intensa ed aumentò di dimensione al risuonare di quelle antiche parole

"*...Sum Videns Lucentia...OBSCURA FLAM!*"

Sirenis emise un urlo terribile mentre dai suoi occhi cominciò ad uscire una luce bianca come la neve; degli spettrali rami violacei cominciarono ad innalzarsi dall'essenza dell'antico demone, e iniziarono ad abbracciarla come un serpente intento ad avvolgere la sua preda.
Ingram si alzò di scatto e corse lasciando cadere un potente fendente contro la barriera: pochi istanti dopo si ritrovò per terra nuovamente con, accanto, la sua spada in frantumi.

*Corp Por*

Horiom scagliò la stessa sfera di aria precedentemente utilizzata da Loriath, che urtò la barriera per poi dissolversi nel nulla.
A quel punto, Saemus sollevò la pesante mazza deciso a sfondare quella mistica protezione, ma come per i due ragazzi prima di lui, il colpo rimbalzò inutilmente finendo per ferirlo;
in preda alla disperazione, si risollevò ed alzò il pesante scudo del fratello, proteggendosi dietro di esso a testa bassa, intento a scagliarsi con tutte le energie che aveva in corpo.
Quando il ragazzo fu a pochi centimetri dalla barriera, il mago traditore sorrise leggermente e con un gesto della mano dissolse un pezzo della barriera permettendo al giovane di passarci attraverso.

"LORIATH!"

Saemus lanciò la sua mazza in direzione dello stregone il quale fu costretto a scansarsi per evitare il pesante attacco, e si tuffò verso la Fiamma Oscura al centro della stanza prendendola nella sua mano.
Gli istanti che seguirono furono estremamente confusi: tutte le fiamme della stanza aumentarono incredibilmente di intensità mentre l'intera struttura cominciò a tremare violentemente, le urla di Saemus rieccheggiarono non solo nella stanza, ma anche tra gli abbandonati corridoi di quell'antica montagna mentre le rune disegnate sul pavimento si illuminarono una dopo l'altra di una strana luce blu.
Dopo qualche secondo, tutte le fiamme dei quattro pilastri iniziarono a vibrare e da loro fuoriuscirono lembi di fuoco nero che conversero tutti verso il giovane malcapitato, riportando i focolari dai quali si erano staccati, al loro naturale colore giallo e rosso.
Le stesse fiamme che prima trattenevano la sorella, la lasciarono per congiungersi con le loro simili e facendo cadere Sirenis per terra mentre Ingram ed Horiom riuscivano a malapena a tenersi in piedi, appoggiati contro il muro della stanza.
La scintillante armatura di Saemus cominciò a tramutarsi orribilmente: il suo colore divenne di un nero profondo come la notte e mentre tutte le rifiniture e le effigi decorate sopra si deformavano irrimediabilmente il ragazzo urlò a squarciagola quando il metallo cominciò a fondersi direttamente con la sua pelle; la stessa sorte toccò al massiccio scudo e alla mazza che si sollevò in aria e volò rapida nuovamente nella sua mano.
Le fiamme nella sua mano si staccarono, infine, circondando il suo volto a creare un pesante elmo chiuso, anch'esso fuso con la sua testa, fino a penetrare fisicamente la sua fronte a seguito del quale i suoi occhi balenarono di un rosso vivido.
Quando tornò a regnare la calma, Horiom si guardò intorno: tutta la stanza era stata bruciata, le colonne che prima mostravano la nuda pietra erano ora carbonizzate, le pareti mostravano evidenti segni di bruciature, la pesante porta di metallo dal quale erano entrati era incandescente ed il suo amico era in piedi al centro della stanza dove prima c'era la Fiamma Oscura, della quale non vi era più la minima traccia.
Saemus aveva smesso di urlare, tuttavia, sotto a quel tetro elmo, si potevano osservare in modo nitido le pesanti deformazioni dovute alla fusione del metallo con la sua pelle e, mentre i suoi occhi si illuminarono nuovamente di un bagliore rossastro, il mago notò come l'unica cosa rimasta apparentemente intoccata dall'antica Fiamma, fu il lungo mantello elfico che, ancora, sfoggiava il suo candido colore.
Sirenis si eresse sulle gambe doloranti, con il volto solcato dalle lacrime e, non senza timore, poggiò una mano sul grosso scudo del fratello:

"Mio adorato Saemus...devo a te ed al tuo coraggio la mia fragile vita"

L'oscura figura osservò la bellissima ragazza per qualche istante per poi sollevare la pesante mazza e colpirla violentemente sul volto scaraventandola contro la parete con una forza inaudita, rompendole il collo ed uccidendola sul colpo.
Ingram rimase come paralizzato alla vista della sua adorata sorella mentre Horiom corse a rotta di collo verso il fragile corpo che giaceva ora in una posizione innaturale per via delle numerose ossa rotte:

"NO! PERCHE' LO HAI FATTO SAEMUS?!?!"

L'oscuro cavaliere distese nuovamente il suo braccio e si voltò verso il mago:

"Saemus? Il giovane Saemus non esiste più, inutile creatura mortale!"

Il demone restò qualche istante ad ammirare il suo nuovo corpo

"Questo ospite è meglio di quanto mi aspettassi, ora vedo come le parole di quell'insulso stregone di Loriath non fossero poi così canzoniere. Si...tutta questa energia, questo potere...sento i suoi pensieri...posso provare la sua disperazione...mi dona la forza..."

Ingram si decise a parlare:

"Chi sei tu, maledetto."

"Io ero Seraph, primo comandante della Legione degli Abissi e flagello degli Alati. Seraph Adonai, tuttavia, credo sia un nome molto più appropriato ora, non trovate anche voi, patetici esseri?"

"Mio signore..."

Lo stregone sbucò da dietro una delle colonne in un profondo inchino

"Hai agito bene, mio piccolo e schifoso servo. Vai ora! Molto vè ancora da fare"

Loriath fece un cenno di assenso con il capo e si preparò a lanciare l'incanto

*Kal Ort Por*

Ingram ed Horiom si scagliarono contro lo stregone all'unisono, per niente al mondo gli avrebbero permesso di sfuggire alla loro sete di vendetta, ma con un gesto fulmineo, Seraph Adonai si frappose tra loro colpendoli con lo scudo e facendoli ricadere a terra mentre il vecchio mago svanì nel nulla nello stesso identico modo in cui era svanito giorni addietro a Magincia.

I due sopravvissuti si lanciarono lesti contro il demone che, ridendo sadicamente, parò i loro attacchi con estrema facilita, scaraventandoli ancora una volta contro il duro terreno e lasciando Ingram con un braccio brutalmente rotto.
Il cavaliere oscuro si chinò a raccogliere della terriccio dal pavimento e, sussurrando antiche parole, la lasciò ricadere mentre questa prese a tremare: la terrà cominciò a spaccarsi e dalle tenebre sottostanti ne fuoriuscì una creatura defome, era corposa e corazzata e mentre le sue pesanti quattro zampe scalpitavano, il cavaliere vi montò in sella.

"Gioite, mortali! Voi due avrete l'onore di essere le prime di una lunga serie di conquiste! Questa terra tremerà nuovamente al suono del mio nome!"

Così dicendo, si scagliò al galoppo contro i due i quali, impotenti ed ormai svuotati dalle terribili perdite, lasciarono cadere spada e tomo pronti ad accettare la terribile sorte a loro assegnata.
Con un leggero sibilo, una sagoma schizzò rapida in mezzo a loro e si frappose tra loro ed il demone, ormai pronto a lanciare il colpo fatale, creando una luminescente barriera azzurra contro la quale la pesante mazza nera rimase magicamente bloccata.
L'urto fece tremare l'intera stanza mentre Horiom, ancora sconcertato dall'evolversi della situazione, sollevò lo sguardo ad osservare il misterioso salvatore: la creatura veleggiava sull'aria grazie a quattro grosse ali azzurre che sbattevano lente al ritmo del suo respiro, la sua pelle era argentea e pervasa da tatuaggi che ora erano illuminati anch'essi di azzurro così come i suoi occhi, privi di pupille.
Le sue vesti erano di una fattura mai vista prima d'ora mentre le sue mani, distese in avanti a creare la mistica barriera, mostravano soltanto quattro dita.

"TU! TU E LA TUA MALEDETTA STIRPE!"

"Nonostante tutto, hai fatto infine ritorno Seraph! Ma non illuderti demone, non ti permetteremo di abbandonare questo infauso luogo: finchè anche solo uno di noi vivrà, sarai confinato in queste quattro mura!"

La creatura pronunciò parole incomprensibili all'orecchio umano, ed una potente onda d'urto colpì tutta la stanza facendo indietreggiare Seraph, abbattendo il possente portone di metallo alle loro spalle e scaraventando i due ragazzi sopravvissuti oltre ad esso facendoli ricadere nel corridoio precedente, l'ultima cosa che videro fu il demone lanciarsi nuovamente alla carica mentre l'entrata della stanza
crollò davanti ai loro occhi lasciandoli nella più completa oscurità.

*In Lor*

Horiom lanciò l'incanto ed i suoi occhi vennero nuovamente permeati di quella strana patina gialla mentre aiutava Ingram ad alzarsi, dietro alle loro spalle oltre le macerie crollate, si udivano suoni di una feroce battaglia e le voci di Seraph e della misteriosa creatura intenti a lanciarsi incanti in una lingua che nessuno dei due ragazzi poteva minimamente comprendere, fecero appena in tempo ad issarsi sulle gambe ed accendere una torcia presa da un muro lì accanto prima di rendersi conto che i problemi non erano ancora finiti.
Tutto intorno a loro, la struttura continuava a tremare per i colpi che i due antichi si stavano scambiando, e mentre il terreno si apriva di fronte ai loro occhi, creature infernali cominciarono ad ergersi dalle profondità della terra.
Ingram si tirò brutalmente il braccio rotto soffocando con un enorme sforzo l'urlo di dolore che bramava di lanciare, dopodichè si misero a correre intenti ad abbandonare quel luogo ameno: mentre ripercorrevano al contrario quelle ampie sale e quei lunghi corridoi, prima deserti, si fecero strada tra creature di ogni sorta: Succubi, enormi ragni, demoni di cui neanche conoscevano il nome. Di quando in quando, grosse pile di terra si sollevavano e si ammalgamavano a creare dei possenti elementali e golem mentre dai mucchietti di polvere andavano a riformarsi scheletri che pochi istanti dopo, prendevano maleficamente vita.
Tra incantesimi e fendenti, i giovani ritrovarono così la via di uscita e si ritrovarono ben presto sotto il sole cocente, ormai sorto molte ore addietro, ma prima di fermarsi a riprendere fiato, si accertarono di aver disposto una lunga distanza tra loro e quella maledetta montagna, qualche minuto più tardi, tra le ombre di grossi alberi fiorenti, si accasciarono a terra stremati.

Non passò molto tempo prima che un'ombra alata si adagiò delicatamente alle loro spalle:

"Stolte creature mortali! Avete giocato con poteri che avrebbero dovuto restare dimenticati nell'oblio!"

I due si misero rapidi in piedi e si prepararono ad un nuovo combattimento mentre riconobbero la creatura alata che poco prima era rimasta imprigionata assieme a Seraph nelle profondità di Hythloth: ora che potevano osservarla bene, si accorsero di come due lungi canini spuntavano dalle labbra cineree dell'essere; più lo osservavano e più non potevano fare a meno di pensare a quanto tristemente assomigliasse ad un vampiro; soltanto un po' più alto e con quattro splendide ali azzurre che si muovevano delicatamente accarezzando l'aria.
Nonostante la sua presenza autoritaria, tuttavia, non sembrava volerli attaccare in alcun modo.

"Cosa sei, creatura? Sei forse una forma evoluta della feccia vampirica? Ti consiglio di rispondere subito poichè il dolore e l'ira che ho in corpo non attenderanno oltre"

"Gli immortali vampiri hanno da tempo immemore dimenticato il nostro nome...e le altre creature viventi che ora popolano la terra sono troppo giovani per conoscerlo."

"Tu sei un membro dell'antica razza che combattè Seraph secoli or sono...Tu sei un Alato!"

disse Horiom con un'incredibile stupore mentre la creatura volgeva il suo labile sguardo verso il giovane mago annuendo con la testa.

"Come è possibile tutto ciò? La vostra razza si è estinta a seguito della battaglia"

L'alato veleggiò oltre ai due ragazzi e si sollevò fino ad accarezzare le fronde degli alberi circostanti:

"Ciò che dici contiene una buona dose di verità, piccolo mortale.
Gran parte della nostra, un tempo gloriosa, razza si sacrificò molti secoli fa in un antico rituale che ci permise di circoscrivere l'essenza del Demone Seraph all'interno della Fiamma Oscura.
Soltanto pochi di noi sopravvissero a quel massacro infernale e viviamo da allora in completo isolamento ed assoluta segretezza. Abbiamo trascorso innumerevoli ere come silenziosi guardiani il cui unico compito è quello di impedire il ritorno del terribile Lord Seraph e l'eterno riposo della Fiamma Oscura."


Ingram si fece avanti stringendo i denti:

"Avete fallito, dunque...Alato!"

il tono del ragazzo era carico di rabbia mista ad un atteggiamento di voluta provocazione.

"Ti sbagli, mortale: abbiamo ottenuto esattamente ciò che desideravamo!"

"Cosa vai dicendo, creatura?"

"Nel corso di questi lunghi secoli, abbiamo assistito ad innumerevoli tentativi di recupero dell'antica anima demoniaca.
Abbiamo trascorso la nostra immortale esistenza a prevenire questi pericoli, ma questi ultimi diventavano via via sempre più complessi ed elaborati.
Il nostro consiglio sapeva che era soltanto una questione di tempo prima che qualcuno riuscisse nell'intento: la vecchia filosofia del prevenire la catastrofe non era più adatta come un tempo, dunque decidemmo che forse era il momento di lasciarlo accadere.
Sottoforma di Fiamma Oscura, il demone Seraph avrebbe ininterrottamente continuato ad attirare poveri stolti per usarli come ricettacolo per il suo ritorno alla vita, mentre ora, permettendo all'umano che voi chiamate Loriath di portare a compimento il suo piano, abbiamo avuto modo di utilizzare una potente magia, perfezionata lungo il corso dei secoli, grazie alla quale egli sarà eternamente incatenato all'interno di quella stanza, finchè io e tutti i miei fratelli non saremmo stati eliminati."


Ingram ribolliva di furia mentre sollevò la sua spada e si scagliò contro la creatura alata:

"E' questo dunque il vostro saggio piano?"

Il possente cavaliere cominciò a menare fendenti che la creatura, con gli occhi chiusi ed un'espressione di pura serenità, si limità ad evadere dolcemente con l'ausilio delle sue ali.

"Avete sacrificato mia sorella Sirenis, mio padre, mia madre, la nostra intera famiglia! Condannando mio fratello Saemus a questo eterna sofferenza soltanto per mascherare il vostro triste fallimento? "

La mano dell'Alato si distese verso il cavaliere toccandogli il petto ed egli si ritrovò completamente paralizzato, non era tuttavia la stessa morsa nel quale si era ritrovato quando le fiamme oscure di Seraph lo avevano incatenato, il ragazzo sentì i suoi muscoli rilassarsi ed una lieve sensazione di calore gli pervase l'anima, calmandolo nel profondo.

"Poche vite umane in cambio della salvezza dell'intero creato che conosci. Chieditelo, cavaliere, non avresti forse fatto la stessa scelta di fronte ad un simile bivio?"

La creatura lasciò la dolce presa sul giovane mentre cominciò ad alzarsi in volo

"Non mi aspetto che voi fragili creature capiate il nostro operato; ciò che vi chiedo...ciò che vi COMANDO è di ritornare da dove siete giunti e di non poggiar mai più piede su queste terre. Se rivedrò uno di voi qui mi vedrò costretto ad uccidervi."

L'Alato spalancò del tutto le sue ali e pochi istanti dopo non era che una sagoma lontana nel cielo, diretta verso un luogo ignoto.
I due ragazzi rimasero ancora un po' seduti sotto le fronde, dopodichè ripresero la via verso la spiaggia dal quale la loro triste avventura aveva avuto origine, e dopo ore di silenziosa e sofferente camminata, giunsero in prossimità delle acque dove, pazienti, li attendevano i marinai con i quali ripresero il mare, diretti verso il continente.



EPILOGO

Il vecchio chiuse gli occhi per qualche secondo, dopodichè sospirò profondamente e riprese il suo racconto mentre il giovane sedeva affascinato al suo fianco.

"Nei giorni successivi, Horiom ed Ingram diedero incessantemente la caccia a Loriath, lo affrontarono infine tra le gelide nevi delle Isole di Ghiaccio dove, finalmente, trovò la sua meritata fine.
I due ragazzi decisero di comune accordo, come gli antichi Alati fecero secoli prima, di alterare la storia e mascherarla nel frivolo racconto ad oggi conosciuto dopodichè si separarono per l'ultima volta.
Ingram abbandono il nome degli Adonai, ora che la sua intera casata era stata spazzata via, per nulla al mondo avrebbe mantenuto il cognome della stessa creatura infernale nella quale si era trasformato Saemus,
si ritirò nelle remote campagne di Britannia e mise in piedi una famiglia propria; Molti anni dopo, divorato dal rimorso che mai lo abbandonò sulla terribile sorte del fratello, si
dice si avventurò, nuovamente, da solo nelle tenebre di Hythloth deciso a salvare l'adorato Saemus e qui, infine, trovò la sua morte.
Il mago Horiom, invece, tenne fede all'ultima richiesta dell'Alato: eresse questo stesso memorialee in cui ci troviamo oggi dopodichè, di lui non si seppe più nulla."


Il ragazzo era rimasto letteralmente a bocca aperta per l'intero racconto, catturato da quell'avventura così tragica e piena di dolore; dopo qualche istante, si alzò in piedi e appoggiò una mano sul piede della grossa statua di fronte a lui volgendo il suo sguardo verso l'alto, verso quella fiamma nera che brillava sulla sua mano alla luce del fuoco azzurro che li circondava, il vecchio non ne ebbe la certezza, ma gli sembrò di scorgere una piccola lacrima solcare il volto del giovane.
Dopo aver mormorato qualcosa alla statua, il ragazzo estrasse da sotto il mantello una copiosa sacchetta di tintinnanti monete e la lanciò al vecchio che, sorpreso, la prese al volo:

"Ti ringrazio, vecchio. E' tempo che riprenda la mia strada."

Il giovane si voltò e si diresse verso la scalinata d'uscita mentre il vecchio alle sue spalle si rimise in piedi

"Non so quali siano le tue intenzioni, giovane Adonai, ma ti consiglio di dimenticare tutta questa storia: il giovane e brillante Saemus cessò di esistere quella lontana notte, al suo posto ora si erge Lord Seraph Adonai, Signore delle tenebre di Hythloth."

Il ragazzo non si voltò neppure mentre nascondeva nuovamente la sua catenina d'argento sotto il mantello, pensando a quanto incauto era stato nel rivelare un dettaglio così importante, e si limitò a fare un gesto di saluto con la mano mentre spariva su per la lunga scalinata.

Con un suono lieve, una sagoma alata apparve alle spalle dell'anziano:

"Non avresti dovuto raccontargli la verità, stolto."

"...Lo so..."

La creatura incrociò le braccia in un atteggiamento serio ed impassibile:

"Il ragazzo si recerà sull'Isola, Horiom. Non possiamo permetterlo."

Il vecchio mago alzò gli occhi al cielo in segno di esasperazione e rispose con un tono estremamente infastidito:

"...LO-SO..."

L'Alato chiuse gli occhi dopodichè sparì con la stessa velocità con il quale era apparso mentre il vecchio si diresse lentamente verso l'uscita.
Prima di cominciare la risalita, si voltò un'ultima volta ad osservare la tetra fiamma nelle mani della statua dopodichè, sollevò la sua mano completamente carbonizzata e con un suo gesto delle dita, una dopo l'altra le fiamme azzurre cominciarono a spegnersi velocemente facendo ripiombare la cripta nella più silenziosa oscurità.

FINE
Vysion L'elfo Silvano

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