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Il Cammino di Arya 13 Oct 2017 20:33 #1

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Nacqui nella città di Ocllo a dire il vero, la parola città è un po' esagerata per descrivere l'agglomerato di case, abitato da non più di una ventina di famiglie, che fungeva da rifugio isolato per ricchi uomini e facoltosi mercanti. Mio padre dopo aver fatto una grande fortuna mettendo a disposizione le sue due grandi carovane per trasportare merci per le varie città di Sosaria, si innamorò di una donna ricca ed eccentrica , lei era così innocentemente sicura di sé, così at­traente e Il suo sorriso era dolce. Niente di più. Andava dritto al cuore di ogni cosa, il suo sorriso si armonizzava con il suo essere cinico e burbero da li a breve si unirono in matrimonio ...da cui nacqui io.

La mia nascita non fu accolta con gioia da mio padre il quale desiderava un maschio affinché potesse portare avanti il suo nome e la sua immensa fortuna e tanto fu il suo dispiacere che non ci furono festeggiamenti ne fasti...cosa contraria per mia madre, che ne ebbe sempre a dolerne.

Crebbi tra la non curanza di mio padre, e l’amore quasi ossessivo di mia madre che in un certo qual modo cercava di sopperire a quella mancanza, a causa di quel suo comportamento io sono diventata più triste e un po' più cinica, ma anche più coscienziosa.

L'educazione trasmessami da mio padre tendeva a trasformarmi una persona viziata, materialista e molto altezzosa, e vi confesso che di tanto in tanto guardando gli altri bambini giocare fra il fango con i bastoni dalla mia cameretta ho pensato “Se mai c'è stato qualcuno che ha tutte le ragioni di essere felice, sono io. Sono ricca. Ho un bell'aspetto. Ho un’intera vita davanti a me, e del resto ho diritto ad avere tutta la servitù e le dame che mi aggradano e quindi, per i prossimi cinquant'anni o giù di lì, non dovrò preoccuparmi del domani. “ Era strano. C'era una differenza enorme, tra le nostre posizioni sociali eppure ci separava solo una piccola e angusta finestra.

Ma la mia vera storia inizia solo adesso, in una di quelle che verrà ricordata fra le piu torridi estati di Sosaria Lord British lanciava una vera e propria sfida all’egemonia di Occlo, il Vecchio voleva abbracciare e accorpare fra i suoi territori l’isola con tutti con tutti i suoi sudditi. Questo proponimento ebbe come conclusione una dura e cruenta battaglia seguito la quale fummo costretti a pagare pesanti tributi. I mercanti protestarono, ma invano: loro non si fidavano di un capo i cui uomini vivono essenzialmente di brigantaggio e di delitti. Ci si può immaginare facilmente che molti dei beni dei ribelli furono confiscati e così la mia famiglia cadde in disgrazia.

Abituati a fasti e lussi ora non ci potevamo neanche piu permettere un misero tozzo di pane. Mia madre di li a poco morì, i medici sostenevano si trattasse di una rara malattia ma in cuor mio sapevo che perì di crepacuore.

Ormai divenuta un avvenente fanciulla di 20 anni, ero disperata dalla morte del mio unico punto di riferimento, restai quindi sola con quel padre che fino a poco tempo fa mi ignorava completamente e che ora invocava il mio aiuto ..ora dovevamo sopravvivere.. in preda alla mia rabbia e facendomi molto coraggio affrontai il mondo esterno e mi accorsi che era tanto diverso da quello che mia madre mi aveva illustrato. Patì la fame, durante l’inverno Il freddo mi faceva soffrire. Il ghiaccio si incrostava sul viso e sulle palpebre, pendendo dalle ciglia in minuscoli cristalli. E ogni passo nel vento furioso era difficile e doloroso.

Non mi persi però d’animo... mano a mano mi accorsi che nella vita esistevano ben altre cose, diverse da quelle a cui mio padre mi aveva abituato, e dalla povertà capii che gli insegnamenti ricevuti erano completamente futili, materialisti e privi di valore.
Compresi il senso dell’umiltà e dell’amore verso tutti coloro che vessavano nelle mie stesse condizioni, io almeno avevo conosciuto le finte gioie che il denaro dona ai pochi eletti, ricordo ancora oggi quando divisi un tozzo di pane con un piccolo cucciolo che arrancando per strada elemosinava un po della mia attenzione, quasi quasi non mi riconoscevo più. Una volta perso tutto CAPII CHE L’UNICA COSA CHE MI RESTAVA ERA L’AMORE, AMORE COME UNICO BARLUME DI LUCE, AMORE COME UNICA SPERANZA PER UNA VITA E UN MONDO MIGLIORE, AMORE PER CIO CHE RIMANEVA DELLA MIA VITA.

Durante le brevi false dinastie delegate dal Signore di Britain, attraverso gli oltrag­gi del tempo e dell'ambizione, il trono del regno era sempre rimasto in fondo alla lunga sala: una sedia di legno, dallo schienale alto, su una semplice predella. Una volta era rivestito d'oro. Il rivestimento era scom­parso da un pezzo; i piccoli chiodi d'oro avevano la­sciato delle fenditure nel legno nei punti in cui erano stati tolti. I cuscini e i drappi di seta erano stati rubati o distrutti dalle tarme e dai topi e dalla muffa. Nulla indicava che quel seggio fosse un trono, se non il luogo in cui si trovava e un intaglio sullo schienale, un airone in volo con un rametto di sorbo nel becco.
Passarono 2 lunghi inverni e finalmente in un giorno come tanti, i fiori tornarono a sbocciare e un timida primavera iniziava a palesarsi davanti ai miei occhi. Quel giorno
Vele lunghe e bianche come ali di cigno portarono una nave attraverso la baia, dalle scogliere di Occlo verso il porto. L'imbarcazione scivolò sull'acqua oltre il molo, una creatura del vento così sicura e aggraziata che un paio di cittadini intenti a pescare sul vecchio pontile la accolsero acclamando, agitando la mano per salutare i membri dell'equipaggio e l'unico passeggero in piedi a prua.
L'uomo era di corporatura sottile, con uno zaino smilzo e un vecchio mantello nero, probabilmente uno stregone o un modesto commerciante, non certo una persona ragguardevole. I due pescatori osservarono il trambusto sul molo e sul ponte della nave si preparavano a scaricare le stive, e si limitarono a lanciare un'occhiata al passeggero con scarsa curiosità quando questi lasciò la nave e uno dei marinai fece un gesto alle sue spalle, pollice e indice e mignolo della mano sinistra puntati tutti verso di lui, a significare: "Mi auguro di non vederti mai più!".

L'uomo esitò sul molo, mise in spalla lo zaino e s'in­camminò per le vie della città. Erano vie piene di attività, e subito giunse al mercato del pesce, tra schia­mazzi di venditori e clienti che contrattavano, avanzan­do sulle pietre del selciato che luccicavano di squame e di acqua salmastra. Se aveva una direzione da seguire, ben presto si smarrì in mezzo ai carretti e alle bancarel­le, alla folla e agli occhi spenti del pesce morto.
Una vecchia piuttosto alta si scostò da una bancarel­la dopo avere oltraggiato la freschezza delle aringhe e la veridicità della pescivendola. Vedendo che la donna lo fissava torva, lo straniero chiese male accorto:
<<Sa­resti così gentile da indicarmi che strada prendere per andare dal vostro reggente.>>
<< Diamine, vai ad affogarti in una pozza di broda per maiali, tanto per cominciare>> sbottò la vecchia, e si allontanò a grandi passi, lasciando l'uomo stupefatto e allibito.

Ma la pescivendola, approfittando della circostanza per dimostrare la propria virtù, vociò:

<< Il Reggente? Vuoi andare dal Reggente, eh? Basta chiedere! La casa del vecchio mago, ecco cosa cerchi a Re Albi, se­condo me. Sì, dev'essere così. Bene, vai là a quell'angolo e poi sali per via delle Anguille finché non arrivi alla torre...>>

Così il forestiero arrancò lungo la strada, la via era lunga ed era una giornata assai calda. Ben presto l'uomo si tolse il mantello nero e proseguì a ca­po scoperto in maniche di camicia; non aveva pensato di procurarsi dell'acqua o comprare del cibo, forse per un eccesso di diffidenza e ritrosia, essendo un uomo che non aveva dimestichezza con le città e che non si sentiva a proprio agio con gli sconosciuti.

Dopo parecchi chilometri incrociò il mio sguardo, io ero di ritorno dai campi e trainavo un carretto. Lo straniero mi salutò, ed in quel frangente provai un po di vergogna ero sporca e puzzavo di stalla. Quello non disse nulla, ma batté le palpebre.

<< Per caso, non c'è una sorgente lungo la strada?>>chiese il forestiero.

Scossi lentamente la testa. <<Non c'è nessuna sorgente.>>

Proseguimmo entrambi, arrancando. Scoraggiato, lo straniero stentava a procedere più veloce fino a quando Si rese conto che gli stavo por­gendo qualcosa: una grossa brocca di creta, fasciata di vimini. La prese e, constatato che era molto pesante, bevve a volontà; dissetatosi la restituì, ringraziando. Mi ringraziò e ristorato dall'acqua mi chiese
<< dove posso trovare il reggente di Occlo? >>

<< Andiamo >>lo esortai,

E Lui mi raggiunse lungo il sentiero.

<< È là >> indicai. Lo straniero vide una casa di legno vicino all'orlo della scogliera, ancora un po' distante.

<< Io non ho paura>> dissi. << Vado a portargli le uova spessissimo, Una volta mi ha dato delle pesche. >> E Rimasi immobile, indicando la casa.

Mi rispose con un tenero sorriso e Soggiunse, << dove si trova tuo padre?>>

<<Possiamo parlare con il fresco della sera. O con il fresco del mattino. Adesso ho da lavorare! >>


Detto questo lo salutai e mi allontanai! Non volevo sapere il suo nome mi sembrava che se avessi voluto sapere il vero no­me di quell'uomo, l'avrei conosciuto solo pensando, applicandomi con la mente, come avrebbe potuto fare un mago.


Al tramonto tornai presso la mia dimora li mi attendeva mio padre che con le lacrime agli occhi mi disse che un uomo voleva portami via con se, che era una persona nota, colta e affidabile e buon amico del reggente di Occlo e che quella per me era l’unica speranza di andare via e scappare dalla miseria. Di li a poco conobbi il nome del mio benefattore, Vourdalak e con immenso stupore scoprìi che era lo stesso uomo che aiutai lungo la strada del porto. Piu avanti negli anni scoprii che fu profumatamente pagato per fare ciò che fece ma la cosa ad oggi non mi importa, perché quell’uomo cambio la mia vita.
Ricordo ancora le sue parole quando impaurita osservai nuovamente il suo volto prima di salire sulla nave:
<<'Scegliete. Venite con me a navigare all'estremità del mondo, sull'altro vento. O rimanete e indossate il giogo della povertà e della disperazione. Ricorda, dopo di oggi, non ci sarà più scel­ta. Non ci sarà più una via che conduca a Ovest. ">>

Insomma, sapendo cosa vi attendeva restando li voi cosa avreste fatto?

Non me lo feci ripetere due volte raccolsi i miei pochi stracci e lo seguii senza obbiettare.
Mentre eravamo in mare si avvicino a me e sorridendo mi sussurrò all’orecchio
<< Quando tornerò sarò signore e padrone di quest’isola e tu, mia piccola Arya, riavrai tutto ciò che ti è stato sottratto.>>

Raggiunto il porto di britannia ci allontanammo attraverso i boschi, li mi diede un luogo in cui vivere, un podere ai piedi dei monti e non mancava di farmi avere ogni sorta di bene.
Raggiunti i ventisei anni, da alcuni mesi mi ero stabilita in una locanda sperduta al limitare di un boschetto, quando una notte d'estate mentre mi accingevo a bere un boccale di birra fresca entrò dalla porta una mia vecchia conoscenza, Glama, che si avvicinò a me e con voce affannata mi disse:

<< ho una missiva per te Arya>>

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allungai la mano, presi la missiva e dissi: << grazie caro Glama, spero verrai pagato bene per tutta la strada percorsa>>

con un cenno di assenso mi saluto e scompari nel bosco.

Era da parte di un mio lontano cugino che spiegava, in poche parole, l'agonia di mio padre colpito da una polmonite acuta e il suo lontano desiderio di rivedere il volto di sua figlia prima di esalare il suo ultimo respiro. In un primo momento strappai con rabbia la missiva consegnatami, ma poi era pur sempre mio padre, anche se mi aveva fatto del male era sempre sangue del mio sangue e quindi partii alla volta di Ocllo. Dopo un intero giorno di viaggio giunsi finalmente a destinazione e trovai la casa in cui dimorava, era una catapecchia sgangherata e decadente, lo trovai riverso nel letto..era pallidissimo e denutrito.

Alla mia vista sorrise e tese la mano verso il mio viso e con delicatezza mi fece una carezza e poi mori', rimasi da prima impassibile poi non potei trattenere il pianto, poiche' quella fu la prima manifestazione d'affetto fattami da quando ero al mondo. Piansi e gridai. Ora ero veramente sola non avevo nessuno più al mondo.., lasciai Ocllo per la seconda volta e girovagai per i boschi fino a quando non mi accorsi che Vourdalak si stava avvicinando verso di me dal fitto della foresta , gli passai accanto come se non esistesse e appena superato sentii la morsa della sua mano stringersi attorno al mio braccio, senza farmi male, mi girai e lo guardai dicendo:

<< cosa vuoi>>

<< ti vedo turbata ragazza, la quiete del bosco farebbe bene alla tua anima>>

<< come potrebbe farmi bene se nemmeno io so perchè sono in questo stato?>>

<< dolce ragazza il buon idior sà sempre come donare la pace ad un cuore puro>>

<< cuore puro? Sono cresciuta tra lussi e vizi e per molti anni quelli sono state le uniche cose che desideravo>>

l'uomo sorrise e riprese : << non conta ciò che sei stata, ma ciò che sei diventata. La tua vita e cambiata lo sento, devi solo trovare la giusta via da percorrere, lasciati aiutare>>

lo guardai e stranamente decisi di dargli ascolto, non so cosa precisamente ma in quell'uomo c'era qualcosa che mi aveva sempre dato sicurezza... allora mi girai egli dissi:

<< va bene farò come dici>>

<< seguimi ti condurrò li dove potrai trovare la pace che tanto brami>>.

Lo seguii e giunsi davanti ad un piccolo tempio in pietra, piuttosto grazioso per essere in un bosco, sovrastato dal gigantesco ramo di un albero. Ero con lui, ma non così vicina da poterlo toccare. Mi accorsi che sulla parete di fondo erano disegnate centinaia di figure che non aveva notato prima: uomini con ali im­mense e spade fiammeggianti che guidavano demoni e Gargoyle in bas­so e chierici con lo sguardo al cielo ma contratti dalla soffe­renza. Quelle forme che sembravano così pregne di vita era­no tracciate a carboncino; era come se la mano di di un dio le avesse tratte fuori dalla parete dove erano state tenute pri­gioniere. Vedevo le loro fronti aggrottate e, sopra alle loro teste, nuvole ribollenti nel cielo mentre in basso le fiamme si innalzavano impetuose a consumare i peccatori sconfitti.
Li il mio cuore si aprì, come illuminato da una luce divina, La pace che mi era stata rubata,, la pace che il mio cuore non avrebbe potuto più riavere indietro, la pace…che il mondo non avrebbe piu potuto ridarmi indietro io l’avrei donata al mondo, all’uomo che soffre, all’animale ferito, al cucciolo in difficolta. Poiché non condividiamo mai il dono della misericordia fino a quando il male non ci coglie in prima persona. Io sarei stata colei che avrebbe fatto cio che nessuno fa mai, avrei fatto la differenza e riportato la luce in un mondo marcio e corrotto.

Mi Voltai verso Vourdalak e dissi: <<E tu adesso cosa farai?>>

Lui mi rispose <<Ti avevo detto che un Giorno Sarei diventato Signore e Padrone di Occlo, è arrivato il tempo di spezzare La Tirannia di Lord Biristh, quando sarai pronta raggiungimi li!>>

Il mio animico si arricchi di nuova luce e speranza per il domani, mi voltai verso la donna che mi si poneva davanti e dissi:

<< salve Ezra, ho deciso di donare la mia vita ad Idior aiutatemi ad intraprendere questo percorso>>

Ezra si voltò verso di me e disse: << Salve Arya, benvenuta nella casa di Idior. Ti aiuterò volentieri nel tuo cammino>>.



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*fine*

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