INCIPIT
Lo scoppiettio della legna ardente risuonava come campane a festa dentro la piccola capanna, riscaldando e riempiendo di gioiosa attesa i cuori dell’intera famiglia, la quale aspettava con grande appetito che il brodo nero fosse pronto per essere gustato. Ai più poteva sembrare brodaglia di poco conto quella dentro il grosso pentolone che si trovava sul fuoco, ma in realtà si trattava di una prelibatezza unica e tipica del piccolo villaggio, sorto parecchi decenni addietro nei pressi del passo di Cove. Dal bollore del brodo nero, il profumo di legumi, patate ed erbette selvatiche di cui si componeva la pietanza, riempiva d’appetito tutti, ormai in procinto di sedersi attorno al focolare, ognuno con la propria scodella di legno fra le mani.
Non dovette passare molto affinché il giovane Lelt non venisse richiamato per l’ennesima volta dalla madre. Si trattava sempre della stessa storia. Ogni volta che la famiglia doveva riunirsi per mangiare, puntualmente il ragazzo finiva per tardare il rientro a casa, talvolta per salvare un regno da un oscuro Sire e talvolta perché impegnato a combattere draghi e goblin immaginari. La sua fervida immaginazione e la grande vitalità lo rendevano indomabile, tanto da dover ricorrere a decisi rimproveri e punizioni pur di non farlo cacciare nei guai, cosa che pareva riuscirgli benissimo. Proprio qualche giorno prima per via di una specie di caccia al tesoro, aveva costretto i propri genitori a risarcire i vicini, privati di ben due dozzine di uova, usate dal giovanotto come trofeo di una dura lotta avuta contro perfide creature del male alate. Peccato che la malvagità delle galline di quel pollaio non possa paragonarsi a quella delle bestialità immaginate dall’intrepido avventuriero, il quale aveva pensato bene di distruggere le uova gettandole nel fiume, poiché fantasioso metodo utile ad eliminare la progenie dei perfidi pennuti.
Ad aspettarlo attorno al festoso pasto, vi era oltre a sua madre e suo padre, il piccolo fratello, un fanciullo di quattro anni, dai capelli scuri e gli occhi bruni come il colore del legno di noce. L’amabile viso del pargolo, s’illuminò visibilmente alla vista del fratello maggiore, al quale era fortemente legato, nonostante i numerosi anni d’età di differenza. Alla vista del fratello, le paffute guance rosse del piccolo, fecero spazio ad un ampio sorriso, di fronte al quale i genitori non se la sentirono di rimproverare come al solito Lelt e fecero finta di nulla, godendo del calore del fuoco e del ristoro delle vivande.
Il resto della serata, proseguì serenamente, come del resto era solito presso quelle mura; la madre dopo aver ritirato e lavato quanto era stato usato per ristorare la famiglia, prese in braccio il pargoletto, al quale ora spettava addormentarsi. Lelt come era solito fare, pur contrariamente al suo temperamento, diede una mano alla madre nell’organizzare la stanza per passare la notte. In effetti si trattava di una piccola ed umile capanna in legno, composta di un unico ambiente soppalcato, nel quale la famiglia viveva e trascorreva gran parte della giornata. A quel tempo, il denaro non era molto ed il capofamiglia, minatore presso le cave di minerali poco lontane, non guadagnava abbastanza da poter concedere ai propri cari il superfluo. Tuttavia, il cibo e ciò che era strettamente necessario per vivere, come vestiti e legna da ardere non mancavano mai ed il tenore di vita era abbastanza elevato rispetto ad altre famiglie ben più disagiate e magari prive addirittura di un tetto sotto al quale trovare riparo e protezione.
Sopraggiunta la notte, un freddo silenzio scese lentamente su tutto il villaggio; quando l’ultima candela fu spenta, le tenebre poterono avvolgere il tranquillo sonno degli abitanti.
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