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- ATTO I -
Janine ed il primo amore
«Sei bellissima» disse l’elfo alla giovane donna, mentre i due passeggiavano braccio a braccio, nel folto della foresta.
Janine non si era mai spinta così lontana dalla dimora dei suoi genitori tra le possenti mura in arenaria della città di Trinsic, ma la presenza imponente di Thassel la rassicurava. L’enigmatico elfo era arrivato in città pochi giorni prima, protetto da una pesante armatura di fattura pregiatissima e coperto da un finissimo manto. Dal momento stesso in cui scese da cavallo dinnanzi alla sede del magazzino cittadino, lei e la sua amica Roselle lo amavano alla follia ed ora non poteva credere di essere da sola in mezzo alla foresta in sua compagnia!
«Tu trovi davvero?» chiese lei arrossendo. Mentre diceva quelle parole, si rese conto di quanto potesse apparire sciocca, eppure quella era la prima volta che restava sola con un uomo. Ad un tratto un pensiero la trafisse: "Se mio padre lo venisse a sapere! Mi ucciderebbe con le sue stesse mani!"
«Sei agitata?» le domandò Thassel, mentre lei si appoggiava alle rovine di una vecchia abitazione.
La giovane e inesperta Janine fece un respiro profondo per attingere a tutto il suo coraggio, si girò verso l’elfo e gli presentò quella che pensava essere la sua espressione più rassicurante. Lui rispose, forse aveva capito la situazione, con uno sfavillante sorriso.
«Vieni,» continuò Thassel, «voglio mostrarti una cosa!»
Janine divenne rossa come un peperone, aveva sentito parlare di certi argomenti da Roselle, ma mai avrebbe pensato che l’elfo si sarebbe dimostrato così sfacciato.
Ancora una volta, Thassel, parve comprendere e si affrettò a spiegarsi meglio: «Non pensare male. Sei bellissima, ma non mi permetterei mai!» prese la mano della ragazza e le indicò un passaggio tra le rovine, «Vedi? La mia famiglia un tempo viveva in queste terre, qui ancora custodiamo il nostro santuario di famiglia.»
La giovane Trinsichiana tirò un sospiro di sollievo, come aveva potuto pensar così male dell’elfo? Era davvero un cavaliere. Forse avrebbe dovuto presentarlo al padre, al loro ritorno in città.
«E’ una cripta?» chiese la ragazza. D’un tratto fu assalita dal terrore generato dalle sue stesse parole, il ricordo dei racconti di paura che si narrano nel periodo di Ognissanti la paralizzò.
Thassel sorrise di nuovo, lasciò la sua mano e si diresse verso l’ingresso: «No, noi elfi non seppelliamo i nostri morti come voi umani. Nelle nostre cerimonie funebri, i resti mortali vengono bruciati e resi alla madre terra, mentre gli spiriti intraprendono il loro cammino verso Elvenar. Però, dimostriamo il nostro amore e rispetto nei loro confronti costruendo piccoli santuari come questo.», una smorfia attraversò il viso dell’elfo come un temporale d’estate. Poi, il rumore dei suoi stivali che battevano sulla nuda roccia venne amplificato nel sotterraneo.
Un ricordo lontano, il tragico funerale della madre Elise, le balzò alla mente. L’espressione vuota del padre che abbracciava lei ed il piccolo George, la riportarono ad un passato remoto che aveva cercato di dimenticare. Janine si affrettò a scacciare quei pensieri e si sforzò per riuscire a seguire il suo amato: in fondo l’idea di vedere come queste strane creature affrontavano un tema terribile come la dipartita dei propri antenati, la incuriosiva.
«Thassel..?» chiamò timidamente la giovane, mentre percorreva gli ultimi gradini dell’antica scala di pietra.
La sala, di medie dimensioni, era fiocamente illuminata da una manciata di candele e Janine dovette sforzare gli occhi per riuscire a vedere con un minimo di chiarezza. Dinnanzi a lei, il possente elfo era prostrato, ma non dinnanzi ad una statua o qualche altra forma di altare. I capelli argentei del cavaliere toccavano il terreno mentre le sue labbra poggiavano sul piede di una donna misteriosa.
«Ma…» singhiozzò Janine, incredula.
La donna, probabilmente di una certa età e vestita con pesanti abiti corvini, proruppe in una risata agghiacciante. Protese una mano in direzione della ragazza e, fissandola, disse: «Vieni a me, piccola.»
Janine non riuscì a produrre alcun tipo di risposta, cercò invece di girarsi per risalire quegli scalini infernali, per fuggire da quell’incubo e tornare tra le sicure mura di Trinsic, tra le braccia del suo amato padre.
La misteriosa figura la guardò severamente e fece spallucce, forse si aspettava quella reazione da parte della giovane.
«Oh, beh! Non esistono più le buone maniere…» disse sconfortata la donna, «An Ex Por»
Un’ondata di energie arcane avvolse ed incatenò la giovane Janine, che rimase immobile a fissare la sua unica via di fuga, ormai irraggiungibile. Quel momento sciagurato fu seguito da un lunghissimo silenzio, un’eternità.
«Thassel, prendila!» gracchiò la donna dal fondo della stanza.
«Subito, mia signora Lilith!» rispose lui, la sua voce era totalmente diversa. Una nota di profondo timore, misto ad impazienza, emergevano dal tono dell’elfo.
Janine udì i passi dell’elfo che si avvicinavano e poi, un dolore acuto alla testa ed il buio più totale.
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