Chi sono?
Non ho notizie certe riguardo le mie natalità.
Il mio primo ricordo vivido è quello di una spada, consegnatami dall'uomo che mi insegnò ad usarla, un umano di nome Erasmus.
Costui raccontò di avermi trovata adagiata in una una cesta, che trovò in una calda ed assolata giornata estiva, sul bordo di un fiumiciattolo, a nord-est di Papua.
Erasmus mi raccontava di aver trovato quella spada li, adagiata su quella cesta.
Ciò nonostante, nessun'altra notizia circa le mie origini, riuscii a carpire. Forse il colore della mia pelle, che aveva ispirato Erasmus a darmi quel nome, poteva essere un indizio...
La mia giovinezza passò così, tra la necessità di imparare a difendermi dalle insidie di Papua ed il rammarico di non avere una famiglia.
Erasmus era un uomo solo e rude; non mi considerava certo una figlia, piuttosto un fardello. La sua e la nostra vita era continuamente messa alla prova,
tra frequenti apparizioni infuocate ed incursioni di uomini dall'opinabile onore che passavano di la al solo scopo di depredarci.
Erasmus mi insegnò la compassione, l'umiltà ed il sacrificio.
La mia fu una vita dura, succube di prepotenze e vittima di privazioni.
Una notte sognai un albero, avvolto da un rossore vivido, come se lo stesso stesse bruciando...
ai piedi di quest'albero vi erano delle ceste con dentro neonate creature di differenti razze;
queste erano calme, mentre sulle loro teste penzolavano dei corpi impiccati.
Sobbalzai ed in piena notte, sconvolta da quel così vivido ed inusuale sogno, svegliai Erasmus cercando consolazione.
Erasmus, estraneo a certi atteggiamenti, sembrò irritato. Mi ordinò di seguirlo con la mia spada e mi portò, nel cuore della notte, ad un varco che mai avevo notato;
li, fissandomi, mentre mi spingeva in quel varco luminoso, mi disse "Per te è arrivato il momento: accogli la chiamata".
Immediatamente mi ritrovai scaraventata ad di fuori di un varco luminoso, assai simile a quello in cui ero stata spinta ma, nonostante la notte, capii subito che ero "altrove": attorno a me era verde, non percepivo la sabbia sotto di me.
Caddi quasi immediatamente in un sogno, avvolta da una sensazione tra lo stremo e la pace.
Percepii una creatura di Luce che si presentò a me come servitore del Dio Idior.
Questa mi raccontò della Dea Hilianor, del suo culto, di come questo si fosse estinto e bandito.
Mi raccontò quindi di Elhoim e dei suoi servitori che, per ingraziarsi il loro Dio, depredavano anime per potergliele offrire.
Alla fine mi parlò del Dio Idior, della sua dottrina e dei suoi accoliti. In quei racconti e quei valori, ritrovai quelle necessità di giustizia che avevo sempre agognato;
la compassione, lo spirito di sacrificio e l'onore che Erasmus mi aveva trasmessi, ebbero finalmente un senso: il mondo non era quello che conoscevo ma ben più vasto;
avrei potuto portare le mie esperienze, aiutare gli altri a capire quei valori, a perseguirli, così da rendere quel mondo un posto migliore.
Era nata in me la spiritualità ed avevo più che mai bisogno di un luogo in cui poterla esercitare. Era sbocciata in me la luce di Idior. Ecco la chiamata di cui Erasmus accennò.
Mi svegliai, era giorno... riuscivo a vedere, stagliata non lontana da me, la basilica di Yew. Da li sarebbe ripartita la mia vita.
Salma